Patty Pravo: «Il mio segreto? Ridere mezzora ogni giorno»

La cantante è la star di "Minaccia bionda", uno show che racconta la sua mirabolante vita

Patty Pravo
18 Febbraio 2021 alle 08:52

Di Patty Pravo si dice che ride mezzora al giorno. È vero. Forse di più. Lo confermiamo anche noi perché durante l’intervista ride spesso, mentre racconta parte della sua mirabolante vita. L’occasione è il programma “Minaccia bionda”, una prima serata su Raiuno sabato 20 febbraio. Patty Pravo è anche giudice di “Il cantante mascherato”, in onda sullo stesso canale il venerdì.

Partiamo da “Minaccia bionda”. Ce lo racconta?
«L’idea è nata durante il 2020. Prima è venuto il libro fotografico con lo stesso nome (edito da Rizzoli, ndr), che contiene tutta la mia vita per immagini. Non le dico: cercare le foto è stato difficile perché io non tengo nulla e abbiamo dovuto faticare tra archivi sparsi per il mondo. E poi ci è venuto in mente di farne una versione televisiva. È una serata divertente con tanti amici…».

È stato bello da realizzare?
«Parlo della mia vita artistica, tra gli altri, con Francesco De Gregori, Nina Zilli, che io adoro, Morgan, Elio e Giovanni Allevi: una persona meravigliosa, oltretutto siamo nati lo stesso giorno, il 9 aprile!».

E c’è Flavio Insinna.
«Sì, lui “blatera” su di me (ride, ndr). Flavio fa un racconto, interrotto dalle mie interazioni con gli ospiti musicali.

Sono molto curiosa di vedere il risultato finale».
Come va invece come giudice di “Il cantante mascherato” insieme con Caterina Balivo, Francesco Facchinetti,

Costantino della Gherardesca e, anche in questo caso, Insinna?
«È difficilissimo, quest’anno. Ci danno degli indizi molto complicati da interpretare ma è divertente».

Come si trova con i colleghi?
«Milly Carlucci come conduttrice è bravissima. È il secondo anno di fila e sono felice sempre di più!».

Prima, nel 2018, è stata insegnante a “Ora o mai più”.
«Spiegare agli altri significa creare un rapporto diretto con i cantanti, che devono imparare tecniche nuove. Anche questa è stata una bella esperienza. E Amadeus come conduttore era gentile».

Quanto è stato importante, per lei, studiare danza e direzione d’orchestra, da bambina?
«È stato fondamentale. Combinare generi diversi mi ha permesso di cantare e di ballare in vari stili. E conoscere bene la musica, nello specifico direzione d’orchestra, certo non fa male a chi canta! Questo mi ha consentito di scrivere cose particolari. Tutta la mia parte creativa, da “Biafra” nel 1976 in poi, è stata sperimentale a livello musicale e compositivo».

E tutto si trasforma sul palco.
«Io non studio prima le pose o le parti, mi viene naturale. Sono un’interprete quindi uso la voce, i gesti e il look».

Come nascono i suoi famosi abiti?
«Mi faccio ispirare dalla canzone. A Sanremo 1984, con “Per una bambola”, volevo una maglia metallica e uno chignon in stile giapponese. Ero a San Francisco quando mi è arrivato il testo che il compositore Maurizio Monti mi aveva proposto già nel 1970, ma che io avevo scartato. Non mi convinceva, poi è rispuntato. Ero a cena con il coreografo Maurice Béjart che stava lavorando con Gianni Versace ai costumi di un balletto. Presi un aereo e andai a Milano. Gianni smontò tre abiti che aveva pronti per altre signore e creò i miei due. Il ventaglio, invece, me lo sono fatta io».

Davvero?
«Bisogna aver manualità e creare».

Come sono stati gli anni che ha trascorso negli Stati Uniti?
«Si stava benissimo, eravamo tutti allegri. C’era vitalità, voglia di divertirsi e discoteche pazzesche. Sono stata nel deserto del Nevada, a San Francisco e a Los Angeles, per lo più. Qui vivevo allo Chateau Marmont, il famoso castello-albergo da cui sono passate molte star. L’attrice Mae West stava all’ultimo piano e adorava Sunshine, un piccolo cagnolino bianco che ho tanto amato e che mi seguiva ovunque. Lui impazziva per l’acqua e non riusciva a non buttarsi in piscina. Lì però non si poteva, si può immaginare... Mae West permise che ci andasse. Il mio cane era felice e pure io!».

Lei non ha mai smesso di viaggiare.
«Lavoravo dal Sud America all’Australia, ho fatto un concerto privato per la famiglia dello Scià di Persia nel 1973, prima avevo cantato per l’Armata Rossa. Sono stata felice di tutto questo ma ho dovuto rinunciare a una carriera da attrice: non ho fatto dei film importanti perché non potevo spostare gli impegni già confermati. Ho detto di no a Vittorio De Sica per “Il giardino dei Finzi Contini” dove avrei dovuto essere la protagonista. Poi a Michelangelo Antonioni per “Professione: reporter” che sarebbe stata una passeggiata per me...».

Perché una passeggiata?
«Ero io il personaggio che poi è andato a Maria Schneider, avevo pure i vestiti pronti! Ma non potevo sospendere tutto per seguire i tempi lunghi del cinema. Quindi ho continuato a fare la mia vita di cantante».

Tornava spesso in Italia?
«Sì, facevo avanti e indietro. A Roma frequentavo l’artista Mario Schifano, i pittori Franco Angeli e Tano Festa, amici meravigliosi che mi mancano molto. Era normale incontrarsi a Piazza del Popolo, o a casa o negli studi. Era un altro mondo. Ci si scambiava pareri e ispirazioni».

Lei prima mi ha detto che non conserva nulla. Come mai?
«Non mi piace vivere in un museo. Non ho foto, non ho archivi, non ho Dischi d’oro o d’argento perché, con 120 milioni di copie vendute, dove li dovrei mettere? Non ho vecchi abiti di scena. I miei vestiti li ho donati a Palazzo Pitti, a Firenze, nello spazio dedicato alla moda delle donne più importanti del Novecento, dove sono accanto a quelli di Eleonora Duse. A casa ho solo una foto. Quella con Luciano Pavarotti».

Come mai ha conservato quella?
«Ogni volta che la vedo mi dà una grande forza. Mi ricorda lui».

Vive nel presente, quindi?
«Sono abituata a stare nel momento. Non penso mai alla fortuna di aver incontrato David Bowie o di aver cenato con i Rolling Stones, con cui poi siamo rimasti amici, a casa di Mario Schifano nel 1985».

E che mi dice dei dieci Sanremo?
«Per un po’ lasciamolo perdere (ride di nuovo, ndr). Pensare che la prima volta sono andata per curiosità, nel 1970 con “La spada nel cuore”, e poi è come se mi avessero attaccato una calamita. Continuavano a richiamarmi e io faccio fatica a dire di no».

Che emozioni si provano su quel palco?
«Lì c’è una tensione particolare che tutti vivono e che si aggiunge alla tua, che già hai per ogni rappresentazione. È un’esperienza unica».

Come trascorre le giornate?
«Lavoro, ho il progetto di un album e vorrei tornare quanto prima a fare concerti, desiderio condiviso con tutti i tecnici. È un momento molto difficile, tra poco non ci ricordiamo più come si stia, su un palco».

Davvero ride mezzora al giorno?
«Io ci provo, credo sinceramente che faccia bene a corpo e anima. Soprattutto in questo periodo».

Seguici