Federica Camba, l’intervista: «Ascoltate, senza pregiudizi, queste mie nuove canzoni»

Nel brano che dà il titolo al nuovo album «Buonanotte sognatori», Federica Camba rivolge un pensiero «alle canzoni, e la vita che c’è dietro». E ce n’è davvero tanta dietro i pezzi di un disco molto autobiografico. La cantautrice ci racconta com'è nato e parla della sua canzone più amata, «Immobile»...

14 Maggio 2013 alle 23:30

Nel brano che chiude il suo nuovo album «Buonanotte sognatori» dandogli il titolo, Federica Camba rivolge un pensiero «alle canzoni, e la vita che c’è dietro». E ce n’è davvero tanta dietro i pezzi di un disco molto autobiografico, anticipato dalla canzone della svolta, «Baciami tu», e dal nuovo singolo «La mia mano»:

«“Baciami tu” rispecchia l’evoluzione del mio sound, degli arrangiamenti e delle stesse melodie, che in questo disco sono meno riconoscibili rispetto a quello che avevo scritto per gli altri artisti» spiega Federica, autrice con Daniele Coro di alcuni tra i più grandi successi di Alessandra Amoroso (uno su tutti, «Immobile»), di Emma e di altri numeri uno del pop italiano (è sua anche «Congiunzione astrale» di Nek). «In questi anni ho viaggiato moltissimo, sono stata nelle grandi e caotiche città come New York e ho dormito nelle case di fango in Africa. Ho fatto insomma un sacco di esperienze incredibili che inevitabilmente ti cambiano come persona e quindi si riflettono in quello che scrivi».

Che cosa le aveva impedito finora di raccontare la sua vita nelle canzoni?
«Il timore che quello che ho vissuto io, come la perdita di mia nonna (nel brano “Nina”, ndr) o il desiderio di maternità (“Libera”, ndr) , potesse non interessare a chi ascolta. E invece ho scoperto che è l’opposto».

In effetti, quando canta di sua nonna Nina è impossibile non immedesimarsi, anche se quel dolore è stato solo suo.
«Ricordo di aver fatto molta fatica a portare a termine la registrazione. Arrivata a un certo punto del testo mi fermavo per l’emozione. Quando l’ho incisa mi ero portato in studio una sua foto e indossavo una sua sottoveste. È stata un’esperienza devastante».

Il brano «L’amore» ha un titolo ambizioso.
«È vero, ma ho voluto lanciare una sfida a me stessa, volevo provare a parlare dell’amore senza cadere nelle quattro banalità e nelle quattro rime cui siamo abituati. Volevo entrare in quella parola e tirare fuori il senso vero e il contrasto che caratterizza il sentimento. Perché l’amore è sì una cosa che ci fa bene, che ci illumina le giornate e per cui viviamo, ma è anche qualcosa che ti spacca in due e che a volte ti fa andare via come dico nella canzone. Perché ci sono amori che non ti fanno bene e che hanno meccanismi un po’ autodistruttivi».

Se le avessero chiesto queste canzoni per altri artisti che cosa avrebbe risposto?
«Me le hanno chieste, in particolare “Nina”, ma ho resistito. Sono troppo mie, le considero piccole instantanee di me».

Quanto conta per lei essere riconosciuta come una cantautrice con una sua identità precisa?
«Conta molto anche perché trovo molto italiana la distinzione tra l’autore e il cantante. Il fatto che le mie canzoni diventino famose cantate da altri non cambia il fatto che quelle canzoni le abbia scritte per me. Vorrei avere una faccia e la possibilità di interpretare le mie canzoni come io le intendo. C’è questa immagine un po’ leopardiana dell’autore che deve essere uno sfigatello che non ha il carisma per stare sul palco, non ha la voce, e deve stare per forza dietro le quinte. Ma in realtà l’esperienza di questo disco è stata così profonda che la soddisfazione più grande l’ho avuta facendolo, parola per parola, pezzettino di sound per pezzettino di sound. È stata una grande battaglia positiva con me stessa».

In un suo recente tweet si è lamentata del pregiudizio. A chi si riferiva?
«A coloro che continuano a catalogare, a inscatolare chi scrive per i talent. Dicono che somiglio alle persone per le quali ho scritto come se io le copiassi, senza capire che quella musica, quelle parole le ho interpretate per prima io nei provini. Che le canzoni firmate Camba-Coro siano ormai riconoscibili deve essere considerata una cosa positiva».

Com’è possibile scrivere così tante canzoni in così poco tempo?
«È un fatto istintivo, io sono come un contenitore di sensazioni, continuo a raccogliere e anche per questo ho iniziato a viaggiare molto. E poi l’ispirazione spunta fuori quando meno me l’aspetto. Sto conoscendo tante storie, tante persone, ma lo spunto può arrivare anche da un film che vedo. E ogni volta sul divano rosso di casa c’è ad aspettarmi la chitarra. Quello è il tramite dal quale  tutte queste cose escono trasformate in canzoni».

Può raccontarci il metodo di lavoro della coppia Camba-Coro?
«Scriviamo entrambi la musica e il testo di ogni canzone, e questo si fa fatica a credere. Ci rincorriamo. L’uno magari aggiunge un pezzo di melodia e contemporaneamene una parte di testo a quello che ha già fatto l’altra. È un metodo atipico».

È possibile riconoscere  in una vostra canzone i tratti distintivi di uno da quelli dell’altra?
«Le nostre tendenze sono bene evidenti l’uno all’altra mentre per chi ascolta è più difficile. Io e lui ci prendiamo molto in giro per questa cosa. Spesso riascoltando una delle nostre vecchie canzoni riconosciamo dove uno è andato a parare secondo il proprio gusto».

Quindi è sbagliato attribuire le canzoni più vivaci e ritmate a uno e quelle più intense e d’atmosfera all’altra?
«Sì, è sbagliato. Sono tutte nostre e riflettono il nostro umore del giorno in cui l’abbiamo scritta. Quando abbiamo scritto “Dentro ad ogni brivido” per esempio eravamo in uno stato diverso da quello in cui è nata “Immobile”».

A proposito di «Immobile», forse la vostra canzone più famosa e amata, ci racconta com’è nata?
«Eravamo in un vecchio studio che ora non abbiamo più,  mi è dispiaciuto averlo dovuto lasciare perché lì dentro erano nate le nostre prime canzoni insieme. E io credo che il merito e la colpa di quello che facciamo sia in parte da attribuire al luogo in cui lo si fa. Era un pomeriggio in cui non ci usciva niente. Eravamo spaventati e sorpresi perché l’empatia tra noi era scoppiata così forte che sembrava impossibile potesse essere già finita. Allora abbiamo fatto un giro e quando siamo tornati su è uscita di botto, istantanea già con quei versi “Lasciami sognare lasciami dimenticare”. Il film di una persona che ha amato così tanto che dice: “Caspita, ci sarai per sempre ma io adesso devo vivere, devo andare avanti”. Abbiamo capito subito di aver creato qualcosa con una marcia diversa e mi ricordo che facevo fatica a cantarla».

E quale fu la reazione di Maria De Filippi quando la sentì la prima volta?
«Accadde una ventina di giorni dopo che l’avevamo scritta. Ci aveva chiesto un po’ di canzoni per “Amici” e quando ascoltò “Immobile” ci chiamo subito a Roma e disse: “Mai voi siete pazzi! Adesso fatemi sentire tutto quello che avete scritto finora!».

In concerto canta i suoi brani portati al successo da altri artisti?
«Di solito faccio un medley di 10 brani. La gente rimane stupita perché sente un’intensità assolutamente diversa, e questa cosa mi piace molto. In quel momento mi riapproprio delle mie canzoni».

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