Alessandro Siani e il successo di «Mister Felicità»

L’attore e regista rivela a Sorrisi cosa lo fa stare bene: «Quando vi faccio ridere mi sento in paradiso»

Alessandro Siani in «Mister Felicità»
12 Gennaio 2017 alle 15:01

Ha tutte le ragioni per sentirsi Mister Felicità, per citare il titolo della sua ultima commedia. Alessandro Siani sta ottenendo infatti ottimi risultati al botteghino con il terzo film da regista che, uscito il 1° gennaio, ha incassato  quattro milioni nei primi quattro giorni. Un exploit, proprio mentre si registra una certa sofferenza di quasi tutte le altre commedie delle Feste, i cosiddetti cinepanettoni. «Diciamo che il mio film è il cinelimoncello» scherza lui. «Sono arrivato dopo la scorpacciata natalizia... Sono felice, ma resto sempre con i piedi per terra».

Il protagonista del film è un fannullone che si trova nei panni di «mental coach», uno psicologo che cerca di rigenerare campioni dello sport in crisi.
«Mah, io mi sento più che altro un... demental coach! Invece della cosa giusta, spesso dico una stupidaggine per sdrammatizzare. In fondo, credo che tra un ottimista e un pessimista non ci possa essere dialogo né complicità. Nel film, invece, l'incontro tra due pessimisti fa scoccare la scintilla della felicità».
Sul set lei è un motivatore?
«Sì. Mi concentro molto sull'umanità dei miei attori, sulla loro psicologia. Con Diego Abatantuono, per esempio, è accaduto proprio questo: lo volevo in versione tenera, non cinica. Così come speravo che Carla Signoris non apparisse troppo ?professoressa?, ma tirasse fuori la sua dolcezza. E Cristiana Dell'Anna, che veniva dall'esperienza forte di ?Gomorra?, la volevo in chiave brillante».
Cos'è per lei la felicità?
«Lo spiego in una scena del film: se sei felice da solo non succede niente, ma con gli altri la felicità si triplica. Questo per me è un po' il senso di tutto: quando vado in sala a vedere il film in mezzo al pubblico e vedo che la gente si diverte e magari si emoziona, sono contentissimo».
Qual è stato il suo momento di maggior felicità?
«Ce ne sono stati tanti, per fortuna, ma spero che il più bello debba ancora arrivare».
Quali sono le cose che la fanno più ridere?
«Le cose semplici della vita quotidiana: quando fai l'albero di Natale e non si accendono le luci, oppure esci di casa e rischi di scivolare perché piove. Per intenderci, mi piace Mister Bean».
Nei suoi film non c'è mai volgarità.
«Credo che si usino le parolacce quando non si trovano le parole giuste. È vero che alcuni attori hanno il dono della classe e possono dire qualsiasi cosa, ma io non ho questo grande charme e preferisco non esagerare. E poi, se ci sono le famiglie che ti vengono a vedere senti l'esigenza di fare attenzione».
Come sceglie gli attori?
«In base al copione faccio delle proposte, cercando di condividere il mio percorso con grandi artisti. Abatantuono, per esempio, fu il primo a telefonarmi dopo ?Benvenuti al Sud? anche se non lo conoscevo personalmente. Da allora è nato un bel rapporto. Sono molto contento di avere lavorato con lui: è uno dei pochi attori efficaci sia nei ruoli comici sia in quelli drammatici».
Il film parla anche della capacità di rialzarsi dopo le cadute. Come ha vissuto i suoi rari momenti negativi?
«Il rischio di sbagliare, nel lavoro e nella vita, è sempre dietro l'angolo, ci devi convivere. Le cose riuscite non le decidi tu, ma il pubblico: l'importante è avere sempre la coscienza pulita e ammettere gli sbagli, senza far finta di niente».
Pochi sanno che il suo vero cognome è Esposito, e che ha scelto il nome d'arte in onore di Giancarlo Siani, il giornalista napoletano assassinato dalla camorra nel 1985.
«Certe cose non vanno mai dimenticate. Ricordare Giancarlo per me è importante: i giovani hanno bisogno di esempi come lui».

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