“Io non so quanto valgo nell’universo, ma so che ho reso alcune persone più felici di quanto avrebbero potuto essere state senza di me e, finché lo so, sono ricco quanto mi basta.” R.W.
È gia passato un anno da quella mattina in cui ci siamo svegliati con la terribile notizia della morte di Robin Williams e ancora non riusciamo a rassegnarci che sia davvero finita così. Ogni volta che lo rivedremo sullo schermo, magari non perderemo quel sorriso che era solito comparirci sulle labbra ma, probabilmente, ci faremo prendere da una certa tristezza.
Ecco, questo a Robin Williams sarebbe spiaciuto davvero: l’attore – che poche settimane fa avrebbe compiuto 64 anni – ha investito tutto il suo talento, a volte anche a scapito di una carriera che poteva essere più prestigiosa, rincorrendo personaggi positivi, che potessero donare spensieratezza o speranza agli spettatori. Abbiamo scelto di ricordarlo così, attraverso tutti quei personaggi dei film che Robin Williams ha scelto pensando al suo pubblico e attraverso le loro parole che, ne siamo sicuri, rispecchiavano anche il suo pensiero.
Good Morning Vietnam (Barry Levinson , 1987)
Il personaggio di Adrian Cronauer è quello che ha lanciato davvero Robin Williams nell’empireo di Hollywood: con la sua carica esplosiva il suo entusiasmo e il suo senso dell’umorismo il militare dee-jay sbarcato in Vietnam riesce a sollevare l’umore delle truppe. Quella che per molti rimane la sua interpretazione migliore è anche l’emblema della sue scelte e in definitiva della sua carriera: fare sempre buon viso a cattivo gioco, anche solo per regalare un sorriso.
L’attimo fuggente (Peter Weir, 1989)
Il professor Keating è diventato nel giro di pochissimo tempo il modello di riferimento per tantissimi insegnanti e l’idolo di tutti gli studenti del mondo. É un peccato non citare per intero uno dei suoi monologhi più famosi: “Ho un segreto da confessarvi, avvicinatevi. Avvicinatevi. Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.”
La leggenda del re pescatore (Terry Gilliam, 1991)
Il protagonista di questo film è in realtà Jack, ovvero Jeff Bridges, ma il personaggio che più resta nel cuore - nonché vero e proprio motore di tutta la storia – è il barbone Parry, interpretato proprio da Williams. Devastato dalla morte della moglie (di cui Jack è indirettamente responsabile) il senzatetto riesce comunque a infondere la gioia di vivere al protagonista e – pur oppresso da allucinazioni che sembrano non dargli scampo – è capace di cogliere la bellezza nascosta nelle piccole cose: sdraiarsi sull’erba, guardare le stelle... cos’altro?
Mrs. Doubtfire (Chris Columbus 1993)
E in effetti, riguardando questo film che ha superato i 20 anni, non abbiamo dubbi che attori dello stampo di Robin Williams non ce ne siano proprio. Mrs Doubtfire, l’anziana governante inglese - che altri non è che un padre di famiglia che ricorre al travestitismo pur di star vicino ai suoi figli - risulta ancora più credibile del personaggio senza trucco! Alle sue labbra è affidato il monologo finale che con tatto e dolcezza aiuta il pubblico più giovane ad accettare l’idea che dei genitori possano separarsi e mantenere comunque unita la famiglia con l’amore. E la parrucca, gli abiti femminili, il rossetto non tolgono nulla al messaggio, anzi, lo rendono ancora più commovente.
Will Hunting – Genio ribelle (Gus Van Sant, 1997)
Anche qui il personaggio di Robin Williams riaccende l’ottimismo del protagonista, interpretando lo psicologo che riesce a sbloccare Will (Matt Damon), un ragazzo problematico e geniale che ha delle enormi difficoltà a relazionarsi col prossimo. Sarà proprio questo ruolo a regalare a Robin Wiliams l’unico Oscar della sua carriera, come attore non protagonista.
Patch Adams (Tom Shadyac, 1998)
Ci fu una mezza polemica su questo film: sono stati spesi circa 20 milioni di dollari per realizzarlo e neanche un cent è stato devoluto al vero Patch Adams e al suo progetto di ospedale. È vero però che se oggi ci sono tante persone che, indossando un naso rosso, vanno a dedicare un po' del loro tempo a dei bambini in ospedale, lo si deve proprio a Robin Williams che ha saputo propagare il verbo del dottore-clown dandogli credibilità e spessore!
Al di là dei sogni (Vincent Ward, 1998)
Forse questo è il film la cui visione può più rattristarci, perché teorizza che ai suicidi sia destinata la dannazione eterna... In realtà questa è solo la premessa: il protagonista, Chris, muore in un incidente, la moglie Annie, che già aveva visto morire i loro figli anni prima, cade in depressione e si uccide. Tutto il film è ambientato nell’aldilà, dove Chris tenta di sottrarre Annie all’inferno, in una storia che sembra ripercorrere un po’ il mito di Orfeo ed Euridice. L’happy end, che non è scontato in questo frangente, c’è! Per cui, guardatelo pure sereni e non rattristatevi troppo!
Jakob il bugiardo (Peter Kassovitz, 1999)
Sulla scia di Train de vie e de La vita è bella, ecco un’altra storia che cerca di raccontare l’olocausto in toni più leggeri: la parte di Jacob, prigioniero di un campo di concentramento, che si accorge che basta raccontare qualche piccola bugia qua e là per ridare speranza ai suoi compagni di sventura, sembra cucita addosso a Robin Williams. Ovviamente non possiamo sperare in un lieto fine, ma anche nell’ora più cupa non è del tutto impossibile ritagliarsi un barlume di ottimismo!
L’uomo bicentenario (Chris Columbus, 1999)
Tratto da un racconto di Isaac Asimov, quasi una sorta di Pinocchio moderno, L’uomo bicentenario è la storia di un robot che, per amore, sceglie di diventare sempre più umano, finché, dopo circa due secoli, rinuncia alla sua condizione immortale per venire completamente accettato dalla società. Il fatto che, per vivere una vita normale, la mortalità sia un ingrediente fondamentale è un messaggio fortemente positivo, che sembra ricollegarsi al “Carpe Diem” che era il motto del Professor Keating in L’attimo fuggente: la vita va assaporata in ogni secondo, e ciò che è effimero ha un gusto ancora più dolce.
Insomnia (Christopher Nolan, 2001)
Negli anni 2000 Robin Williams tenta di esplorare nuovi personaggi, spesso depressi o ai margini della società, addirittura in alcuni casi sono – a sopresa – i villain del film. Non è un tentativo di riciclarsi in ruoli diversi da quelli che l’hanno reso famoso, è più un allargare gli orizzonti tenendo sempre per mano il suo pubblico: che siano psicopatici, assassini, vigliacchi e traditori, i nuovi ruoli che interpreta sono profondamente umani. Forse non apprezzatissimi in prima battuta, gli ultimi film di Robin Williams sono quelli che possiamo vedere con una certa partecipazione, perché sembrano svelarci quanto questa attore avesse ancora da dire sul grande schermo. Ci mancherai Robin!
Sabato 11 agosto su Sky Cinema Stars il documentario HBO diretto da Marina Zenovich. A raccontare l’uomo dietro la maschera Billy Crystal, Whoopi Goldberg, David Letterman e Steve Martin