Ormai da Woody Allen non sappiamo più cosa aspettarci, dal momento che negli ultimi anni continua a variare registro, passando con disinvoltura dalla commedia con reminiscenze slapstick (Scoop, Criminali da strapazzo) al noir (Match Point, Sogni e delitti) al melodramma sentimentale (Blue Jasmine) alla favola assurda e trasognata (Midnight in Paris, To Rome with Love), magari con risultati alterni, ma sempre attirando un pubblico enorme, che non riesce a trattenere la curiosità di vedere la sua ultima fatica.
Questa volta le premesse sono tra le più favorevoli: Café Society vede la collaborazione di maestranze prestigiose, gode di una sceneggiatura che Woody Allen ha curato con particolare attenzione e, soprattutto, è ambientato in buona parte a New York negli anni Trenta, un'epoca che il regista ha già raccontato con successo in alcuni fra i suoi migliori film, come Accordi e disaccordi, Ombre e nebbia, Zelig e Radio Days. Esiste poi qualcuno al mondo in grado di raccontarci la Grande Mela meglio di Woody Allen? Ma se questo non vi basta, eccovi 10 curiosità su Café Society che probabilmente vi spingeranno a correre al cinema...
La trama
Il film segue l'avventura di Bobby (Jesse Eisenberg), che rinuncia a lavorare nella modesta gioielleria nel Bronx di suo padre per andare a cercare fortuna a Hollywood, dove suo zio Phil (Steve Carrell) ha sfondato come agente dei divi. Ma non sono tutte stelle quelle che luccicano, e Bobby sceglierà presto di tornare a New York, non prima di essersi scottato innamorandosi di Vonnie (Kristen Stewart) che invece resterà a Los Angeles rifiutando di seguirlo. In realtà New York si rivelerà una città molto più stimolante della rivale californiana e Bobby saprà investire quanto imparato dallo zio in un settore ?" quello dei club notturni ?" in piena espansione... Pronti a tuffarvi con lui nei ruggenti anni Trenta?
Blake o Kristen?
Già dai tempi di Manhattan (1979) troviamo le figure maschili dei film di Woody Allen in crisi sentimentale, tesi nell'imbarazzo della scelta tra due donne molto diverse tra loro. Anche qui Bobby è decisamente in crisi, chi sceglierà? Vonnie, così fresca e lontana dall'ambiente frivolo che pure frequenta, o la bella e mondana Veronica? La storia pare costruita in modo da far sì che il pubblico tifi per la prima, ma il personaggio interpretato da Blake Lively è sviluppato in modo da mettere in crisi non solo Bobby, ma il pubblico intero! Preparatevi a sperimentare un dilemma davvero irrisolvibile!
Il ripiego che non ti aspetti
La carriera di Steve Carrell sembra inarrestabile e in continua ascesa: lo troviamo protagonista in film campioni di incassi (Un'impresa da Dio, 40 anni vergine) in preziosi gioiellini indipendenti (Litte Miss Sunshine e prossimamente in Battle of the Sexes) e anche in numerose opere più impegnate ma di grande richiamo (Foxcatcher, La grande scommessa). Non possono dunque mancare, nella sua collezione, anche delle partecipazioni in film d'autore! Per Woody Allen aveva già recitato in Melinda e Melinda (2004), qui è subentrato a niente di meno che Bruce Willis, che pare sia stato licenziato in tronco perché non riusciva a imparare a memoria le battute.
Il titolo
?Café Society? non è una espressione coniata da Woody Allen, ma un termine che è stato utilizzato la prima volta nel 1915 e che poi è diventato di uso popolare negli anni '30, alla fine del proibizionismo. Si riferisce ai mondani, agli aristocratici, agli artisti e ai personaggi famosi che si riunivano nei caffè e nei ristoranti alla moda di New York, Parigi e Londra a cavallo tra il XIX ed il XX secolo. All'epoca c'erano decine di club a New York, alcuni addirittura con grandi orchestre, che la notte erano popolati da celebrità in smoking e abiti da sera. ?Quel periodo mi ha sempre affascinato? - dice Allen ?" ?è stato uno dei momenti più emozionanti della storia della città, con uno straordinario afflusso ai teatri, ai caffè e ai ristoranti. Da uptown a downtown Manhattan, ovunque ci si trovasse, la vita notturna newyorchese era sempre in piena attività?.
Come un romanzo
Woody Allen si è sempre occupato personalmente della sceneggiatura dei suoi film, e Café Society non fa eccezione, ma stavolta è diverso l'approccio che il regista ha adottato nello scrivere la storia: stando alle sue parole si tratta infatti di un film corale scritto come un romanzo, in cui anche i personaggi secondari sono sviluppati profondamente, una sorta di saga familiare in cui si può scegliere per chi parteggiare.?La storia d'amore di Bobby è lo scheletro del film?, dice Allen, ?ma tutti questi altri personaggi compongono l'atmosfera e la trama della storia stessa?.
Senti chi parla
... E, come in un romanzo, c'è anche la figura del narratore onnisciente: tutto il film è infatti accompagnato dalla voce fuori campo di Woody Allen. Era successo solo in occasione di Radio Days (1975), che Allen narrasse il film senza comparire sullo schermo - e non a caso anche in quel film si rivivevano gli anni '30, ovvero quelli della primissima infanzia del regista - il che regala alla storia quasi un tono da favola. Nella versione italiana è doppiato da Leo Gullotta che, dopo la morte di Oreste Lionello (storico doppiatore di Woody), ha già dimostrato di saper affrontare brillantemente questa difficile eredità in To Rome with Love.
Tre colori
Della serie non è mai troppo tardi: Woody Allen con questo film segna la sua prima collaborazione con Vittorio Storaro, uno dei più grandi direttori della fotografia della storia del cinema (premiato con l'Oscar per Apocalypse Now, Reds e L'ultimo imperatore), fiore all'occhiello del nostro paese, il cui contributo al film non passa certo inosservato. Storaro ha infatti fatto in modo che i tre mondi rappresentati nel film presentassero estetiche diverse, tutto grazie a un differente impiego della luce: ?per il Bronx la luce era desaturata, simile a quella delle serate invernali? ?" ha dichiarato il cineasta ?" ?Los Angeles invece era il contrario, a Hollywood, poi, spicca un forte colore dominante, di una tonalità calda e soleggiata. Quando Bobby torna a New York, l'aspetto è molto più luminoso, molto più colorato, in particolare le scene dei locali notturni. Col progredire del film, emerge più equilibrio tra gli elementi visivi delle due città opposte?
Una steadycam anacronistica
Anche lo stile di ripresa del film cerca di essere coerente con il periodo che racconta, prediligendo immagini statiche riprese da un'ampia angolazione, come potevano essere girati i film dell'epoca, tranne per le scene in cui compare la voce fuori campo di Woody. Lì irrompe la steadycam, con la sue inquadrature fluide e ininterrotte. Si tratta di una scelta precisa, per sottolineare l'estraneità del narratore all'epoca descritta, quasi a conferirgli un tocco magico. ?Il narratore non appartiene a un periodo, a un determinato momento, o luogo geografico? - afferma Storaro ?" ?il narratore è completamente astratto. Così, quando racconta la storia, esprime un suo obiettivo punto di vista. Abbiamo intuito che questo fosse il momento perfetto per utilizzare la Steadycam, per essere molto più intorno al personaggio, e avere molta più libertà di esprimere l'emotività racchiusa nella storia?.
Lo scenografo di fiducia
Per le scenografie Woody Allen si è avvalso ancora una volta della collaborazione di Santo Loquasto, sulla quale può contare ormai da più di 30 anni. L'artista italoamericano si è trovato a dover affrontare una sfida davvero stimolante, ovvero costruire da zero i due club principali in cui si ambienta il film, ovvero ?Les Tropiques? e il ?Club Hangover?. ?Ho modellato i club facendo riferimento ai film di quel periodo, così come alle immagini dei luoghi reali? - sostiene lo scenografo - ?nel corso degli anni abbiamo accumulato un catalogo di immagini di riferimento di quel mondo, dunque ho usato degli elementi che sapevano fossero già piaciuti in passato a Woody Allen come la scala a chiocciola e la disposizione del bar. Durante il mio lavoro, ho sempre tenuto a mente l'idea che Allen aveva di questo mondo, più che farne una ricostruzione. Dico sempre che si tratta di una reminiscenza, non di una ricreazione: ed è la verità.?
New York e Los Angeles, due stili a confronto
La costumista Suzy Benzinger si è concentrata fondamentalmente a evidenziare le differenze tra New York e Hollywood. ?Hollywood è stata costruita su un mondo tendenzialmente fittizio, creato appositamente per attirare milioni di persone al cinema? ?" racconta la Benzinger ?" ?abbiamo visto tutti le immagini delle première di Hollywood degli anni ?30, dove le donne indossano dei cappotti di pelliccia con delle orchidee. E guardando attentamente le foto di queste anteprime, si evince che venivano scattate nel mese di agosto, quando in California fa caldissimo. New York, è più realistica: il clima è freddo, e le donne giustamente indossano dei cappelli. A New York le donne erano più europee, direi più eleganti e raffinate rispetto alle californiane?. D'altra parte era il momento dell'entrata in scena dei grandi stilisti francesi a New York, aspettatevi dunque un'esplosione di grande glamour...
Su Rai3 il pluripremiato regista, quattro volte Premio Oscar. Tra gli ospiti di Fabio Fazio anche il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli e Mara Venier