Massimo Boldi e «Natale da chef»: «Se non ridi, non è il film di Natale»

Arriva il 14 dicembre il nuovo cinepanettone dell'attore lombardo, questa volta firmato da Neri Parenti

12 Dicembre 2017 alle 11:48

Mancano pochi giorni a Natale e ancor meno all'uscita del film «Natale da Chef» (il prossimo 14 dicembre). A Milano si respira un appropriato gelido tempo natalizio. In una piazzetta a poca distanza dal centro ci sono gli uffici della Mari Film, la casa di produzione di Massimo Boldi. E c'è pure lui, attore, mattatore, produttore, e, perché no, papà (di tre figlie premurose). Arriva, si siede e risponde senza esitazione.

Natale non è Natale senza un cinepanettone con Massimo Boldi?
«Sì, anche perché in questi dieci anni che sono rimasto da solo (senza Christian De Sica, ndr) ho continuato a sfornare cinepanettoni».

Questo è il numero...
«Non lo so, non li conto. Però ricordo il primo che ho fatto. Era il 1 gennaio 1984, anzi quel giorno ne uscirono due, “Il ragazzo di campagna” con Renato Pozzetto e “I due carabinieri” con Carlo Verdone».

Nella sua carriera ha fatto più di 60 film.
«Di cui più della metà film di Natale».

In questo interpreta Gualtiero Saporito, uno chef molto particolare.
«In realtà lui non è uno chef, è il marito di Beata (Barbara Foria, ndr), una cuoca molto ambiziosa che vorrebbe aumentare i “cappelli” della sua trattoria. Ma io sono convinto di fare meglio di lei, pasticcio le sue minestre e le faccio togliere tutti i “cappelli“. Da lì comincia la storia».

Gualtiero in onore di Gualtiero Marchesi?
«Beh, diciamo che con questo nome è più facile da individuare».

Ci spiega cos'è una «gualtiemerata»?
«Un piatto particolarissimo, speciale, buonissimo, gustosissimo. Ah ah ah... Invece è un roba che fa schifo. Come fai a mettere il cioccolato e il miele nella minestra? Gualtiero cucina con i piedi, nel vero senso della parola».

Insomma un pasticcione.
«Il mio Gualtiero è convinto di fare dei piatti straordinari. Un po' come quando il grande Ugo Tognazzi, esperto di cucina, organizzava delle cene, invitava i suoi amici e poi voleva i voti, che erano sempre pessimi: “merdaccia”, “merdina”, “merdaccina”, “da vomito”. Si arrabbiava moltissimo».

Per prepararsi ha fatto un corso di cucina?
«No, ero diretto dal regista Neri Parenti e sul set avevamo chi ci insegnava come muoversi. Comunque già nel 2010 nel film “A Natale mi sposo” facevo un cuoco, avevo già un'infarinatura. E non dimentichiamoci che nel 1989 ho fatto lo sketch della “pentola a pressione”, lo vuole sentire?».

Senz'altro.
«“Son contrario alla pentola a pressione. Come dite a Milano pentola? A Firenze noi si dice pentola!”. E quello è diventato un classico».

Una volta ha detto: «Da 25 anni facciamo sempre lo stesso film».
«Era una provocazione. Sono storie semplici, sciocche, ma che fanno ridere. Se non ridi, non è il film di Natale».

Qui si ride smitizzando la figura dello chef?
«Sì, ma canzoniamo anche i politici. I potenti del mondo verranno abbattuti dalle minestre terribili di Gualtiero Saporito!».

Quanto si è divertito a fare questo film?
«Io mi diverto tantissimo quando giro dei film, ormai ho quasi dimenticato la televisione e mi sono dedicato al cinema, non solo come protagonista, ma anche come produttore».

E la tv si è dimenticata di lei?
«È un discorso complicato, il mio non è disprezzo verso la tv. Fare tv è un'arte speciale, non è che ti mettono davanti una telecamera e tu parli. Ora i canali sono aumentati, l'offerta si è moltiplicata e  chiunque abbia il coraggio e la voglia di farsi vedere e di parlare, va in tv. Soprattutto le donne giovani, carine e simpatiche, o anche uomini e ragazzi. Quelli della mia generazione sono spiazzati completamente».

Ezio Greggio continua a fare tv.
«Sì, ma fa quello da 30 anni, come me che faccio sempre il cinepanettone».

Il regista Neri Parenti ha detto di aver visto molti programmi di cucina. Lei li guarda?
«Guardo, con stupore, quelli delle tv moderne: le riprese, i colori, come vengono confezionati. Preferisco vedere uno che non sa fare niente in tv, ma presentato in una cornice bellissima. La cucina non mi interessa, mi piace la gara, la suspence».

Lei in cucina come se la cava?
«Bah... Certo non muoio di fame, fare la pastasciutta con il pomodoro non è complicato. E un risottino ogni tanto».

Il suo piatto forte?
«Diciamo che so far bene le uova al burro, un uovo fatto bene è gustoso. Ma non devono essere due uova, almeno dieci. Una spadellata di uova al burro».

È un goloso o si accontenta di quel che trova?
«Io mangio poco, per tenermi in forma. A 70 anni bisogna mangiare poco e neanche troppo spesso. Ogni tanto faccio la scorpacciata e poi mi pento. Però mi piace mangiar bene».

Nella vita qual è la «gualtiemerata» più orribile mai assaggiata?
«A Praga. Una scodella di trippa con dei fagioli mista a del pomodoro, un brodone marrone che faceva schifo. Avendo girato il mondo per fare cinema, credo di aver mangiato anche le lucertole fritte o le cavallette con il cioccolato».

Se Boldi fosse un piatto, sarebbe...
«Un pinzimonio!».

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