In sala dal 20 ottobre, ecco le cose da sapere sul film di Ewan McGregor tratto dal capolavoro di Philip Roth
Pastorale americana è uno dei film più attesi del momento: in primo luogo perché è tratto dal romanzo omonimo che è considerato il capolavoro di Philip Roth, grazie al quale lo scrittore ha vinto il Premio Pulitzer, e poi perché segna il debutto alla regia di un attore molto amato, ovvero Ewan McGregor. Se anche voi siete tra le fila di coloro che non vedono l’ora di vedere come l’attore abbia affrontato questa sfida impegnativa dietro alla macchina da presa, ecco qui 10 cose da sapere su Pastorale americana, ma non temete: niente spoiler, promesso!
Il trailer
Di sottofondo sentiamo la cover di “Mad World” cantata dalla stella di YouTube Jasmine Thompson e subito diffidiamo delle immagini solari che ci vengono proposte: il primo film che ci torna in mente è Donnie Darko, che proprio su quelle note si chiudeva in un finale molto duro. A metà trailer la musica si interrompe per farci ascoltare una notizia, alla radio, che cambierà la vita dei protagonisti, poi la musica riprende, ancora più straziante di prima. La bandiera americana che garrisce al vento apre e chiude il trailer del film, quasi come a racchiuderlo in una parentesi a stelle e strisce, per sottolineare che quella che ci viene raccontata è una storia americana, ma una fra le tante, in una famiglia qualsiasi.
La trama
Il film si impernia sulla figura di Seymour Levov, detto “lo svedese”, un uomo che dalla vita ha avuto tutto quello che poteva desiderare: il successo economico e lavorativo, una splendida moglie - addirittura una reginetta di bellezza -, una figlia sognata e puntualmente arrivata. Eppure tutto va in pezzi, in un attimo, quando la figlia si macchia di un atto terroristico che costerà la vita di un uomo. Dove ha sbagliato lo svedese? Perché una simile tragedia ha colpito proprio lui, l’uomo che sembrava incarnare perfettamente quel “self-made-man” tanto decantato dal sogno americano?
La regia
Il progetto del film risale al 2003 e Ewan McGregor all’epoca non c’entrava per niente: alla regia era previsto Phillip Noyce (Il collezionista di ossa, The Giver) e nel ruolo dello svedese l’attore Paul Bettany (Il codice da Vinci, A Beautiful Mind). Passano gli anni e cambiano i filmaker... Il nuovo pool produttivo non ha dubbi: è Ewan McGregor l’uomo giusto, anche per dirigere il film! Lui ne è stato subito entusiasta: “Ho sempre desiderato curare la regia di un film, ma non volevo farlo tanto per farlo”, spiega McGregor. “Volevo avere una storia che fossi motivato a raccontare”. E Pastorale americana è proprio la storia che aspettava: “La sceneggiatura mi ha toccato profondamente e sono stato catturato dallo Svedese e dall’analisi della relazione padre-figlia”, racconta lui. “È un uomo che crede fermamente nel vivere la sua vita in modo giusto. È un prodotto del dopoguerra e incarna in modo totale l’idea che un tempo ci fosse un Sogno Americano apparentemente raggiungibile. In un certo senso, lo Svedese è il Sogno Americano e sua figlia Merry è gli anni ‘60”.
Mai senza Jennifer
Nel ruolo di Dawn, la moglie di Seymour, ex Miss New Jersey, troviamo Jennifer Connelly, che è stata scritturata per la parte già nel 2003, ed è rimasta un punto di riferimento fisso per i produttori, che non hanno mai pensato di sostituirla, anche se il film ci ha messo tredici anni a vedere la luce e di carte in tavola ne sono cambiate parecchie: non solo l’attore principale ha cambiato volto, anche per la parte della figlia Merry, ad esempio, era stata contattata Evan Rachel Wood (che ora ha quasi 30 anni!) ma poi le è stata preferita Dakota Fanning, classe 1994; era stata anche offerta una parte a Mandy Patinkin (La storia fantastica, Homeland), non ci è dato sapere quale, forse quella di Nathan Zuckerman (ovvero il narratore, interpretato poi da David Strathairn), ma poi non se ne è fatto più nulla. Jennifer invece è insostituibile: la classe non è acqua.
Dove li avete già visti?
A parte il cast principale, nel film ci sono tantissimi attori che sono dei veri e propri astri nascenti, dei quali sentiremo sicuramenente ancora parlare! Nel caso non riusciate a focalizzare dove potreste averli già visti, tranquilli: ve lo diciamo noi!
Rupert Evans interpreta Jerry, il fratello minore di Seymour: lo potreste aver visto in Hellboy oppure nella miniserie TV Mondo senza fine tratta dal romanzo di Ken Follett. Attualmente è tra i protagonisti della serie TV The Man in the High Castle, tratto dal libro La svastica sul sole di Philip K. Dick.
Uzo Aduba interpreta Vicky, il capo stabilimento della fabbrica di guanti fondata dallo Svedese: al cinema per ora ha fatto pochino, ma se seguite le serie TV allora saprete benissimo che è una delle attrici più premiate di Orange is the New Black.
Valorie Curry interpreta Rita Cohen, personaggio chiave di cui non vogliamo svelarvi nulla: se amate gli horror potreste averla vista da poco in Blair Witch, più probabilmente la conoscete per le sue performance televisive. Ha recitato in Veronica Mars, The Following e House of Lies.
Philip Roth
Ogni volta che viene assegnato un nuovo premio Nobel per la letteratura si riapre il dibattito: “Perché quest’anno non l’hanno dato a Philip Roth?”. Lo scrittore statunitense è infatti molto apprezzato da pubblico e critica di tutto il mondo e, se di lui non avete ancora mai letto nulla, vi consigliamo di partire proprio da Pastorale americana, unanimamente considerato il suo capolavoro. Se amate le trasposizioni cinematografiche, potreste esservi imbattutti in altri film tratti dai suoi libri (ben sei!), ad esempio La macchia umana con Nicole Kidman e Anthony Hopkins, oppure Lezioni d’amore – tratto dal romanzo L’animale morente – con Penelope Cruz e Ben Kingsley.
L’adattamento
Era difficilissimo trasportare sullo schermo un libro che racconta così profondamente cinquant’anni di storia americana, è chiaro che molti passaggi sono stati per forza tagliati e la storia raccontata dal film si concentra sulla ricerca della figlia da parte dello Svedese e si focalizza sulle tematiche legate al destino e ai cambiamenti che il passare del tempo determina impietosamente. In particolare poi, lo sceneggiatore John Romano ha messo in luce i personaggi e le loro relazioni. “Questo è un film padre/figlia. È un film che parla di umanità, di paternità e di difficoltà famigliari. Non sono temi confinati a certi periodi storici. Sono senza tempo”.
Come in un quadro
Se, guardando i set, vi sembrerà di vedere un quadro di Edward Hopper, non stupitevi: è un effetto voluto e fermamente ricercato dallo scenografo e designer Daniel B. Clancy, proprio perchè Hopper era profondamente realista e Clancy cercava un approccio di quel tipo, “non una versione ripulita degli anni ’40”. Anche il fatto di girare a Pittsburgh conferisce al film la giusta atmosfera: “Pittsburgh è estremamente cinematografica e ci puoi trovare quel tipo di decadenza e di fabbriche urbane che stavamo cercando”, afferma Clancy. “Siamo riusciti a usare molte location reali e non credo che per dare al film quel tipo di look ci sia qualcosa di meglio di location reali”.
La luce giusta...
Il film è idealmente diviso in tre parti e anche la fotografia lo sottolinea, creando una sorta di eco visiva ai radicali cambiamenti nella vita dello Svedese, dalla promessa, alla catastrofe e poi all’ossessione. Per cui, ecco che la prima parte del film è dominata da colori brillanti che rimandano agli ottimisti anni del dopoguerra, in cui tutto sembrava possibile, poi con l’arrivo degli anni ’60 e con il verificarsi dell’evento che sconvolge la vita dei protagonisti, cambiano tutti i colori. “C’è una netta divisione nel film”, spiega Martin Ruhe, direttore della fotografia. “Quando la bomba esplode, tutto diventa più netto e affilato e i contrasti aumentano, perché la vita per lo Svedese cambia. Volevamo che la telecamera facesse il suo stesso percorso.”
...e l’abito adatto a ogni situazione
Come per la fotografia la tavolozza dei colori del guardaroba cambia quando il sogno americano dello Svedese viene scosso sin dalle fondamenta. “Con Ewan abbiamo cominciato con un vestito di lana blu, bello, caldo e poi, quando si arriva verso la fine del film, lui indossa grigi chiari e colori che lo fanno apparire slavato. È slavato, ma sempre adeguato, per rimanere nel ruolo dello Svedese anche quando sta crollando”, spiega la costumista Lindsay McKay. E anche i vestiti dei personaggi interpretati da Dakota Fanning e Jennifer Connelly cambiano in base ai mutamenti da loro attraversati, ma preferiamo non raccontarveli nei particolari, per non svelarvi troppo...