Dall'ultimo «Manchester by the Sea», al bellissimo noir-gotico «In Bruges» e passando per Kevin Costner, Wim Wenders e Lars von Trier fino ad arrivare a Gotham City
Ci sono dei film che potrebbero essere girati indifferentemente a Milano, New York, Roma o Parigi. Altri, invece, in cui il luogo in cui è ambiantato il tutto risulta decisivo e imprescindibile.
In occasione dell'uscita di «Manchester by the Sea» - di cui, siamo certi, sentiremo riparlare per almeno una delle sei categorie dell'Oscar a cui è candidato - abbiamo deciso di proporvi un elenco di film girati in luoghi strani.
Dall'immaginaria Gotham City del «Batman» di Tim Burton, fino alle post-apocalittiche location dell'oltremodo discusso «Waterworld», passando per città o cittadine realmente esistenti, come nel caso di «In Bruges».
Ne abbiamo scelti dieci e ce n'è per tutti i gusti:
In Bruges - la coscienza dell'assassino, di Martin McDonagh (2008)
Chi conosce Bruges sa che, ancora prima di essere una città strana, è un luogo meraviglioso. Non la pensa allo stesso modo Colin Farrell, per lo meno nei panni di Ray, uno dei due killer di professione inviati nella città fiamminga dal misterioso e irascibile capo Harry (che poi scopriremo essere Ralph Fiennes) ad attendere istruzioni sul prossimo "lavoretto", di cui ancora né lui né il collega Ken (Brendan Gleeson) conoscono i dettagli. Il giovane e inquieto Ray si comporta come un bambino di cinque anni che è stato portato al Louvre invece che a Eurodisney, mentre il compare - più vecchio, più saggio e più colto - è affascinato dalla città e dalla sua architettura (e da questa differenza scaturiranno spassosi siparietti, soprattutto nella prima mezz'ora di film). Ma «In Bruges» non è solo questo, è un bellissimo thriller gotico con punte grottesche, meravigliosamente scritto e girato da Martin McDonagh, in cui la città belga è protagonista della vicenda tanto quanto i personaggi principali. Da non perdere, non solo per la solidità dell'intreccio e l'ambientazione, ma anche per la ottima prova dello stesso Colin Farrell.
Manchester by the Sea, di Kenneth Lonergan (2016)
Film di cui si parlerà certamente nella prossima settimana, quando si avvicinerà la notte degli Oscar, poiché Manchester by the sea è candidato a sei statuette, tutte tra le maggiori (e Casey Affleck, nel frattempo, ha già vinto il Golden Globe come miglior attore). Attenzione: nel titolo non si fa riferimento alla città inglese di Manchester, bensì alla meno nota Manchester-by-the-sea, un comune di cinquemila anime nell'estremo nord-est del Massachussetts, negli Stati Uniti. In quel luogo singolare, sua città Natale, è costretto a tornare Lee (Casey Affleck), un idraulico-tuttofare di Boston che ha appena perso il fratello e che si dovrà trattenere per qualche giorno - per un motivo che non vi diremo - prendendosi cura del nipote Patrick, divenuto orfano. Lee rivirà il suo passato e svilupperà un rapporto con il nipote, apparentemente molto diverso di lui, ma in realtà similissimo. Entrambi hanno difficoltà nel comunicare e vivere le proprie emozioni (in pratica, sebbene uno si dia all'austerità e l'altro al libertinismo, lo fanno per le medesime ragioni di fondo). Ottima regia, molto educata e molto vicina ai suoi personaggi, capace di seguirli nei loro dubbi esistenziali senza giudicarli.
Cop Land, di James Mangold (1997)
La 'città degli sbirri' citata nel titolo (fortunatamente non tradotto nella versione italiana) è Garrison, nel New Jersey, un piccolo comune in cui abitano praticamente solo poliziotti, di quelli che lavorano al NYPD. Sylvester Stallone, ingrassato di almeno venti chili per l'occasione, è lo sceriffo Heflin, mezzo sordo, appesantito e, per evidenti motivi social-demografici, convinto che in quel posto avrà vita facile. Un giorno un giovane poliziotto rimane incastrato in una brutta storia di omicidio, avrebbe ucciso due persone di colore nel corso di uno scontro a fuoco tra automobili. Poco importa come è andata quella notte, scatta subito la solidarietà tra poliziotti e viene messo in scena un suicidio tramite salto-dal-ponte, per salvare il ragazzo e la sua promettente carriera. Ma gli Affari Interni non sono convinti della ricostruzione ed ecco che iniziano l'indagine indipendente che farà emergere tutto il losco della città, in cui i tutori della legge sono ora dall'altra parte della barricata. Bel noir, onesto e inquietante, in cui è d'obbligo segnalare il cast, perché oltre allo sceriffo sopracitato fra i protagonisti compaiono Robert De Niro, Harvey Keitel, Ray Liotta e Robert Patrick. Se non vi basta, chiamate un'ambulanza.
Dogville, di Lars von Trier (2003)
Capolavoro di Lars Von Trier con probabilmente la miglior Nicole Kidman di sempre. La particolarità (e contemporaneamente l'audace follia) di questo film è il fatto di essere completamente privo di scenografia. Solo un palco e righe tracciate sul pavimento a segnalare gli ambienti di Dogville, il villaggio di un'America di campagna degli Anni '30 in cui giunge Grace (Nicole Kidman), in fuga da non si sa quale banda di gangster che le vuole fare la pelle. L'accoglienza ci sarà, ma sarà dura, perché Grace per essere accolta dovrà lavorare per la comunità. La sua presenza, però, farà fiorire i più subdoli istinti umani, quali la riluttanza per il diverso, la volontà di sopraffazione, il desiderio di sfruttamento. Come agirà (o dovrà agire) Grace di fronte a tutto questo? Bellissima lezione di di Cinema da parte di Von Trier.
Equals, di Drake Doremus (2015)
Presentato al Festival di venezia del 2015, non ha suscitato un grande amore tra i critici di professione, ma è un film che piacerebbe molto ai giovani. Una sorta di punto d'incontro tra «Hunger Games» e «The Island», solo con un'estetica migliore e un'azione più psicologica che pratica. Siamo a Collective, una città distopica di un tempo imprecisato, in cui gli abitanti, grazie a una selezione eugenetica, sono totalmente privi di sentimenti e vivono in una società senza violenze. Ma una nuova malattia si sta diffondendo, una malattia che porta i contagiati a provare sentimenti e che affligge i protagonisti: Silas (Nicholas Hoult) e Nia (Kristen Stewart). I due dovranno nascondere il loro amore e fare i conti con le sue conseguenze. Uscito in sordina in Italia nell'estate del 2016, da recuperare assolutamente per gli amanti del genere.
Waterworld, di Kevin Reynolds (1995)
All'apice della sua carriera, dopo il doppio Oscar per «Balla coi lupi» e la tripletta di film di successo composta da «JFK», «Guardia del Corpo» e «Un mondo perfetto», Kevin Costner fece quello che da molti è considerato uno dei più grossi errori della sua carriera, ovvero co-produrre e prestare il volto al protagonista per questo film che con i suoi 175 milioni di dollari fu a suo tempo il film più costoso di sempre. Un flop di critica e di pubblico negli USA, si riprese soltanto grazie alla grande diffusione che ebbe in tutto il mondo. «Waterworld» è ambientato in un futuro post-apocalittico in cui lo scioglimento dei ghiacci ha quasi completamente sommerso la Terra I suoi abitanti ora sono dei mutanti con piedi palmati e branchie, ma si dice che ci sia un'isola felice, non intaccata dalle acque, da qualche parte. E allora ecco il nostro protagonista Mariner (Kevin Costner) alla ricerca di quel villaggio sperduto tra le acque, con tanto di cartina, tallonato dall'immancabile nemico-pirata di turno, il mefistofelico Diacon (interpretato dal solito cattivissimo Dennis Hopper). Forse un po' lungo (137 minuti), ma divertente per amanti del cinema anni '90.
Hollywood Vermont, di David Mamet (2000)
Dallo sceneggiatore de «Il postino suona sempre due volte», «Gli intoccabili» e «Sesso e potere» (solo per citarne alcuni), nasce questa commedia piccola (nel senso buono), pulita e piuttosto divertente, di cui lo stesso Mamet, peraltro, è anche regista. La linea comica deriva direttamente dall'espediente narrativo, secondo il quale un troupe hollywoodiana si reca nella sperduta e tradizionalista cittadina di Waterford, nel Vermont. I capricci delle sue star e le complicazioni inevitabili di produzione del film si scontreranno con le abitudini dei locali, divisi tra chi odia il mondo del cinema e cerca di boicottarne i lavori e chi, al contrario, si fa affascinare e corrompere da quel mondo, facendo davvero di tutto pur di giungere alla notorietà. Chi avrà la meglio? Quali disastri si sovrapporranno? Cast corale e ben assortito, con Sarah Jessica Parker, un non ancora mitizzato Philip Seymour Hoffman, Alec Baldwin e William H. Macy.
Paris Texas, di Wim Wenders (1984)
Palma d'Oro al Festival di Cannes nel 1984, dal maestro Wim Wenders, questo film tratta dell'immagine che assegnamo alle persone e come questa condizioni i nostri rapporti con gli altri. Ma tutto ciò lo si capirà solo alla fine del film, perché all'inizio, quel che vediamo è solo un uomo, smarrito nel deserto tra Texas e Messico. Ha un malore e, recuperato dal fratello, torna a Paris (quella in Texas, non la capitale francese) ritrovando la vita che aveva abbandonato per errare solitario quattro anni prima. Succedono tantissime cose, ma ciò che conta è l'impossibilità di tornare sui propri passi, la compromissione che alcune scelte impongono alla vita, una volta per tutte. Le immagini sono meravigliose (andrebbe visto al cinema) e grandiose, mostrando un'immagine dell'America simile a quella dei western di John Ford, ma è solo una fatto visivo. Del resto anche la narrazione, tremendamente europea nei contenuti, nel suo aspetto estetico si avvale dell'americano Sam Sheapard alla sceneggiatura. Probabilmente anche per questi motivi, «Paris, Texas» è il film più riuscito (e apprezzato) del regista tedesco.
'71, di Yann Demange (2014)
Da un punto di vista storico e culturale, Belfast è una città affascinante e irripetibile. E lo era in particolar modo nel 1971 (anno in cui è ambientato il film), quand'era il centro nevralgico della guerra nell'Irlanda del Nord. Una città divisa e vittima del terrorismo irlandese, delle violente manifestazioni popolari e delle altrettanto sanguinose spedizioni punitive degli inglesi. È in questo contesto che Gary (Jack O'Connell), inesperto soldato inglese alle prime armi, in seguito ad un'imboscata viene lasciato indietro dai suoi commilitoni, da solo, nella parte sbagliata della città. Dovrà cavarsela come può, tra cittadini comuni che proveranno ad aiutarlo, esponenti e simpatizzanti dell'IRA che non lo vedono di buon occhio e alcuni infiltrati britannici nel sottobosco della guerriglia urbana. Bel film, soprattutto nella prima parte, molto verosimile e girato negli angoli più nascosti e pericolosi della città. Presentato a Berlino in prima mondiale nel febbraio 2015, qualche mese più tardi venne saggiamente ripescato dal sempre attento Festival del Cinema di Torino, dove divenne un piacevole caso.
Batman, di Tim Burton (1989)
Se non è una città strana Gotham City, io sono Morando Morandini. Impossibile non citare la lunga saga cinematografica di «Batman» in questo elenco. perché la città in cui vive il nostro eroe, soprattutto nella resa gotica di Tim Burton, è un luogo oscuro, buio, in cui la criminalità si nasconde dietro il fumo che esce dai tombini, dove i poliziotti comuni sono corrotti e spesso più pericolosi dei criminali e nella quale è possibile che un pazzo travestito da pagliaccio metta a repentaglio la vita di tutti i cittadini. Per risolvere la situazione ci vuole lui, Batman, uomo la cui infanzia fu rovinata proprio da quell'ostile Gotham e dai suoi bassifondi assassini: straordinariamente approdato dai fumetti al Cinema nel 1989 con le sembianze di Michael Keaton (ai tempi il Joker era un certo Jack Nicholson). Il successo fu immediato e planetario, basti pensare al numero di sequel, reeboot, remake e nuove reinterpretazioni che ne sono derivate. A voi le discussioni su quale sia, fino ad oggi, il miglior film, il miglior Batman (inteso come personaggio), il miglior Bruce Wayne e il miglior cattivo.