I Modà in copertina, intervista completa e gallery

La band di Kekko Silvestre è la protagonista della cover story del numero di Sorrisi di questa settimana

I Modà a New York  Credit: © Topside Multimedia
8 Novembre 2015 alle 11:11

Francesco «Kekko» Silvestre, appena tornato da New York, ha deciso di rivelare a Sorrisi i primi dettagli di «Passione maledetta», il nuovo disco di inediti dei Modà che uscirà il 27 novembre, quasi tre anni dopo il successo di «Gioia». Ci accoglie a casa sua, nell’hinterland milanese, e subito partono le note del primo singolo «E non c’è mai una fine», intenso come «Sono già solo» e trascinante come «La notte», le due canzoni che nel 2010 hanno fatto decollare la carriera del gruppo. Un ritorno, dunque, nel segno della continuità: «Questo è il nostro modo di fare musica» dice Kekko. «Restiamo melodici e nazionalpopolari, con le nostre sfumature rock».  

Altre band, a questo punto della carriera, iniziano a sperimentare aprendosi a nuove sonorità…  
«È vero, forse anch’io potrei provare ad aggiungere, per esempio, l’elettronica qua e là per fare qualcosa di più innovativo, ma non ne ho voglia e forse non ne sarei neanche capace perché non sono un musicista, sono un “orecchista”, uno cioè che ha un buon orecchio per la musica e cerca di sfruttarlo al meglio. Ma in questo disco c’è comunque un’evoluzione».

Dove?
«Soprattutto nei testi. Ho quasi 38 anni e non parlo più d’amore come ne parlavo in “Favola” o in “Scusami”. La mia crescita come uomo e come padre si riflette nelle canzoni. Nel brano “Francesco”, che ho scritto per mia figlia Gioia, le racconto quanto è difficile essere genitori; “Stella cadente” potrebbe diventare la nuova “Tappeto di fragole”,  mentre “California” è nata dopo una vacanza, la prima che ho fatto dopo cinque anni in cui non ci eravamo mai fermati».  

Che cosa hai scoperto mentre eri in California?  
«Ho capito di essere ancora vivo, di avere altre cose da dire. Pensavo di di aver esaurito il carburante e invece ho scoperto quanta vita avevo ancora dentro e quante cose volevo scrivere».  

Tra le cose che poi hai scritto c’è anche la sceneggiatura del video di «E non c’è mai una fine».  
«Non solo, anche quelle dei video dei prossimi tre singoli. Sono i capitoli di una storia, di un minifilm che abbiamo girato interamente a New York con attori americani professionisti. Alla fine di ogni video c’è una breve anteprima di quello successivo».  

Com’è andata nella Grande Mela?  
«È stata un’esperienza unica, ne vado molto fiero. Ho recitato, cantato e in qualche occasione ho provato a fare anche il regista, con la supervisione dei miei amici Fabrizio e Matteo di Topside Multimedia»

Chi è la protagonista?
«Si chiama Elena Rusconi, è nata in Italia ma vive in America da molti anni. Nel secondo video c’è anche mio padre».

Che parte fa?
«All’inizio si presenta come un senzatetto. Anche lui, come gli altri personaggi,  riceverà da me una busta, ma forse ho già detto troppo...».  

Quale momento di questa trasferta newyorchese porterai nel cuore?  
«La scena finale dell’ultimo video. L’abbiamo girata di notte sulla terrazza dell’Atelier Bellucci. I grattacieli intorno  hanno creato una scenografia magica». (L'intervista continua sotto la gallery)

Il 18 giugno 2016 tornerete, dopo due anni,  a San Siro. Come vi state preparando?  
«So già con quale brano di “Passione maledetta” aprirò il concerto e con quale lo chiuderò. Mentre scrivevo le nuove canzoni me le immaginavo sul palco, a volte le ho adattate proprio in funzione di questo».

Aver riempito San Siro è stato l’ultimo, per ora, di una lunga serie di traguardi raggiunti dai Modà.
 Ci riuscirete anche questa volta? 
«I dati della prevendita ci dicono che il tutto esaurito è vicino, e ci stiamo arrivando sulla fiducia, senza aver pubblicato niente di nuovo».

E di tutti i record conquistati negli ultimi cinque anni, di quale vai più fiero?  
«I risultati dell’album “Viva i romantici”, il nostro disco più venduto. Non posso credere che solo “The dark side of the moon” dei Pink Floyd sia rimasto più a lungo in classifica. Quando l’ho saputo ero troppo contento».  

Ce n’è abbastanza per montarsi la testa. Dai Modà, invece, non arriva mai neanche un comunicato stampa trionfalistico.
«Per mantenere i piedi per terra è necessario capire che non è tutto merito tuo, e io lo so bene. Senza il nostro manager, Lorenzo Suraci, non saremmo andati da nessuna parte. E comunque io non mi sento un uomo migliore perché i Modà riempiono San Siro e vendono un milione di copie. La mia vita non è cambiata. Resto vicino alla mia famiglia, ho gli stessi amici di prima e per me il mondo dello spettacolo non esiste. Mi invitano dappertutto, eppure non sono mai andato a una festa di Vip. Non so neanche come diavolo ci si veste in quelle occasioni».  

C’è ancora chi pensa che il vostro successo sia dovuto solo al fatto che incidete per un’etichetta fondata da tre grandi network radiofonici. Forse è il momento di dare una risposta definitiva...  
«Arrendetevi. Se uno compra i dischi di Modà non è perché qualcuno li costringe, ed è anche vero che se tre grandi radio mandano in onda le nostre canzoni, molte altre non lo fanno, chissà per quale motivo. I Modà non sono mai stati al primo posto della classifica dei brani più trasmessi».  

Una volta hai definito i Modà con questa formula: passione, sogno, rabbia, dolcezza e artigianalità. Nel frattempo si è aggiunto qualche nuovo ingrediente?
«È diminuita la rabbia, ora c’è più serenità. E aggiungerei la fede. Io credo molto negli angeli custodi, sono le persone che mi porto sempre addosso anche se non ci sono più. Fanno parte dello staff anche loro».                   

Il video del backstage di «E non c'è mai una fine»

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