Claudio Baglioni, 30 anni fa il record di «La vita è adesso»

L'album restò al primo posto della classifica degli album più venduti per 27 settimane, più di sei mesi

Claudio Baglioni sulla copertina del numero 23 del 1985
8 Agosto 2015 alle 13:56

Quello stabilito 30 anni fa da Claudio Baglioni con «La vita è adesso» è un record imbattibile: 27 settimane consecutive al primo posto della Superclassifica. L'album uscì all'inizio dell'estate del 1985, conquistò subito la vetta e vi restò fino al 29 dicembre, quando fu spodestato da «So Red The Rose» degli Arcadia, lo spin-off dei Duran Duran fondato da Simon Le Bon, Nick Rhodes e Roger Taylor.

Sei mesi al numero uno: non è mai più successo e probabilmente mai più succederà. Per ricordare l'estate dei record di «La vita è adesso», abbiamo deciso di fare un salto nei nostri archivi alla ricerca dell'intervista in cui Baglioni presentò il disco a Sorrisi. L'abbiamo trovata e ve la proponiamo. Buona lettura!

Intervista a Claudio Baglioni pubblicata sul numero 23 del 1985

di FABIO SANTINI

Pomeriggio romano. C'è afa lungo la Tiburtina. Il quartiere che prende il nome da questa strada è un ghetto della speculazione edilizia, di sera diventa teatro di un sottoproletariato urbano «pronto a tutto». Di giorno il traffico intenso stringe l'arteria che porta alla periferia di Roma in una morsa di auto e gas di scappamento. Uscendo dalla città, sulla destra c'è un cinema che ora hanno ristrutturato ed è diventato una grande sala prove da concerto. C'è il palco rettangolare con le tastiere, la batteria, gli angoli per le chitarre e i punti di ascolto delle spie degli amplificatori. E per tetto una miriade di riflettori: sono quasi 700, affittati da un'organizzazione che accompagna i Genesis in tournée. Dal fondo della grande sala entra una figura snella: pantaloni e maglia bianchi, occhiali neri di quelli che andavano di moda una ventina di anni fa, capelli corti. È Claudio Baglioni. È tornato in scena con un album nuovo, «La vita è adesso», un concerto e una band inediti per lui. Sorride: è rilassato e tranquillo.

Sono passati quattro anni dal suo ultimo lavoro discografico, «Strada facendo», cui seguì una tournée con la registrazione di un album, «Alè-oò», con la scaletta del concerto.

«Quando fai un album che ha avuto il successo di "Strada facendo" - afferma Claudio - ti viene subito la voglia di ripetere quella formula vincente. È inevitabile, non si corrono rischi. Ho scelto invece un'altra strada, forse la più difficile. Ho aspettato tanto: in un certo senso ho smitizzato il disco precedente. Così ho preferito ripartire da capo».

Nel frattempo la vita di Claudio è andata avanti ricca di novità. È diventato papà di Giovanni, un bimbo vispo e attento. «Con la faccia arrabbiata da chitarrista rock - dice papà -. Devi vedere le smorfie che fa quando ascolta i miei pezzi o come si incanta davanti alla batteria...». C'è stato un viaggio in Inghilterra, che una volta era la meta ideale del personaggio di una sua storia e che oggi rappresenta il massimo per chi fa musica. «Me ne sono andato a registrare l'album per stare lontano dai problemi che si hanno qui, per trovare la concentrazione necessaria quando si affronta un lavoro nuovo». C'è stato l'incontro con Celso Valli, l'arrangiatore di «La vita è adesso». Celso è giovane e agguerrito: un "music-maker" con i fiocchi. «Un incontro spontaneo e felice. Per lui lavorare con me era come ricominciare da capo e anch'io mi trovavo con lui al punto di partenza. Ci siamo accorti che le nostre strade potevano correre insieme. Come uomini abbiamo gusti simili, un umorismo che ha tanti punti in comune. In tre mesi di sala di registrazione, senza mai staccarci un attimo, siamo andati sempre d'accordo». Il risultato è che ne è nato un album molto rigoroso.

Ci sono dieci pezzi nel 33 giri. Si sente che è un lavoro ragionato, ma velato da una semplicità che talvolta disarma. La poesia in certi punti è poderosa. Claudio sorride.

«Paola, mia moglie, mi ha dato una mano per i testi. Abbiamo aggiustato degli spigoli, messo a punto suoni di parole. È stato un lavoro a incastro lungo ma preciso». C'è un motivo che potrebbe diventare un classico, si intitola «Uomini persi» ed è una stupenda ballata che parla di chi vende la morte tra i giovani, di chi vive passando da una stazione all'altra dimenticandosi una valigia carica di tritolo sul marciapiede. C'è l'amore, c'è la disgregazione dei miti giovanili in un'enfasi poetica che è molto curata.

«In un mondo in cui nulla più ti sconcerta, forse questo disco vuole dire qualcosa ai giovani. Nessun messaggio precostituito, ma solo la voglia di comunicare con quei ragazzi che secondo i mass-media vivono preoccupandosi soltanto di consumare mode e miti come scatole di noccioline. Il linguaggio è rivolto a un presente senza un passato o un futuro troppo lontani».

I titoli sono spesso giocati su uno sdoppiamento come «Notte di note, note di notte», «Un nuovo giorno o un giorno nuovo».

«Sono giochi di parole, non di contenuti. Un disco è un fatto importante anche se la musica forse non ha più bisogno di essere riprodotta su vinile. Ha bisogno dell'immagine, del cinema. C'è crisi, ma del disco, non della musica. Così ho pensato di realizzare un lavoro di spessore con testi che credo tu possa leggere anche senza ascoltare l'accompagnamento sonoro. Ma non mi chiedere di spiegare i testi, è maledettamente difficile farlo e poi credo di aver scritto canzoni, non saggi letterari».

La musica e la voce di Claudio suonano con intensità corale, con un trasporto emotivo che ti trascina. Celso ha scritto le partiture degli archi per i solisti della prestigiosa London Symphony Orchestra. «Ci hanno fatto i complimenti per la scrittura degli spartiti, per la stesura delle linee melodiche. È stata una grande soddisfazione. Ho fatto ascoltare dei provini a Carl Palmer degli Asia. Gli è piaciuta tantissimo la mia voce che per me è un lamento, un suono, non solo un'esibizione di doti vocali».

Claudio ci lascia, richiamato dai suoi musicisti sul palco. Provano «Strada facendo»: viaggiano come un treno. Il 22 giugno partono per la tournée: 60 date fino al 15 settembre. Leggo alcuni articoli firmati da Baglioni apparsi sul «Messaggero». È un'analisi talvolta ironica, talvolta spietata dell'ambiente della musica, i miti, gli ingranaggi, l'organizzazione, il carattere passeggero ed effimero delle mode. Rileggo i testi del disco. «C'è una religiosità nuova, più profonda in "La vita è adesso"» mi aveva detto per telefono Claudio qualche giorno prima dell'incontro. «Un modello espressivo senza tempo. Al centro del quale vive e si esalta la figura dell'uomo».

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