Edoardo Bennato: «Quant’è attuale il mio burattino senza fili…»

Per festeggiare i quarant’anni del suo album più bello ha realizzato una nuova versione: la trovate in edicola con Sorrisi

Edoardo Bennato con i suoi due inseparabili strumenti: il cantautore e chitarrista fu il primo a portare l’armonica a bocca nel rock italiano
7 Dicembre 2017 alle 09:30

«Ahò, c’hai l’armonica a tracolla come Bobbe Dylan!». Lucio Battisti accolse così quel ragazzino napoletano che dopo tanta gavetta faceva timidamente il suo ingresso alla Numero Uno, filiale «giovane» della Ricordi. Era il 1973 e Battisti non poteva immaginare che quello stesso ragazzo pochi anni dopo, nel 1977, gli avrebbe portato via il record di vendite di Lp in Italia con un disco intitolato «Burattino senza fili». Quel ragazzo era Edoardo Bennato.

Sono passati 40 anni da quell’album per molti aspetti rivoluzionario che portò il rock italiano al primo posto della hit parade e consacrò Bennato come un divo, lontano anni luce dagli altri cantautori e capace di riempire lo stadio di San Siro, nel luglio 1980, con più di 60 mila spettatori.

Oggi Bennato ha pensato di rimettere mano a «Burattino senza fili». Ma se pensate che si tratti della solita operazione «completamente rimasterizzato» non avete capito chi è Edoardo Bennato.

«Eh no, me lo avevano proposto, ma non mi piacciono le “riedizioni”. Io volevo proprio rifare il disco, completarlo. Ed è quello che ho fatto. Inoltre ho aggiunto un dvd di un’ora e mezzo pieno di materiale inedito» ci racconta Edoardo, che abbiamo incontrato nel suo studio milanese.

Allora, Bennato, ci spieghi bene l’operazione.
«Collodi è un autore ancora attualissimo. Il Gatto e la Volpe sono quelli che organizzano i festival di voci nuove, quelli che fanno “X Factor”. Mangiafuoco ha sotto controllo i capi di partito, e guai a chi non ha una connotazione politica. Non è cambiato nulla. Ma questa non è un riesumazione del vecchio disco. Oltre a rifare le otto canzoni originali ho aggiunto tre pezzi nuovi perché mi sono accorto che nel 1977 avevo lasciato fuori dei personaggi importanti: mancava Mastro Geppetto, l’artefice di tutto, che oggi mi sono immaginato come un pensionato. E anche Lucignolo, che oggi fa il “pr” e porta i giovani ai “rave party”. Il Grillo parlante c’era, ma ho sostituito la vecchia canzone con una nuova. Oggi s’intitola “Che comico il grillo parlante”... e non è difficile comprendere a chi mi riferisco. Nella canzone originale, che si chiamava “Tu grillo parlante”, il grillo ero io, il cantautore che arrivava ai concerti e doveva essere fatto a pezzi».

Suvvia, non esageri, con quel disco è diventato famoso.
«Appunto. Appena uscì “Burattino senza fili” e disintegrai il record di vendita di Battisti la “intellighenzia” che mi aveva sostenuto ai festival cominciò a guardarmi con sospetto. Non avevo fatto come gli altri cantautori “impegnati”, come Claudio Lolli o Claudio Rocchi, non ero rimasto al mio posto. Ero diventato “commerciale”, mi ero venduto».

Anche lei nel club dei «venduti» come Francesco De Gregori, che era stato processato dagli «autonomi» durante un concerto?
«Sì, solo che Francesco accettava il dialogo, subiva, io no. Venivo da un cortile proletario, con me erano scintille. Nel 1977 a una festa dell’Unità a Pesaro arrivò un gruppetto che sfondò i cancelli e cominciò a gridare: “Bennato, Bennato, il sistema ti ha comprato!”. A me, capisce? A me, che facevo pagare mille lire quando i concerti costavano diecimila! Erano figli di papà che giocavano a fare i rivoluzionari. Si ritrovarono contro sei pazzi: io e la mia band. Cominciò una scazzottata che non ha idea. Loro erano di Lotta Continua? Noi di super lotta continua. Capito qual era il clima? Per i giornali tradizionali ero troppo rivoluzionario, per i rivoluzionari ero un venduto. A Napoli diciamo “cornuto e mazziato”».

E dire che prima di arrivare al primo album ne aveva fatta di gavetta.
«Eccome. Cantavo già da bambino con il Trio Bennato, insieme ai miei fratelli Eugenio e Giorgio. Poi, crescendo, ero venuto a fare architettura a Milano per poter frequentare le case discografiche, ma il mio momento non arrivava mai. Feci una lunga gavetta e nel 1973 la Ricordi mi fece incidere l’album “Non farti cadere le braccia”. Confesso che pensavo di avercela fatta. Dentro c’erano “Una settimana... un giorno...”, “Un giorno credi”, “Campi Flegrei”, “Detto tra noi”...».

E invece?
«Vendetti due copie. Il direttore della Ricordi mi riferì che alla Rai dicevano che non avevo una voce radiofonica. E mi diede il benservito: “Fai l’università, laureati in architettura”».

E lei?
«A Londra mi ero costruito un tamburello a pedale che avevo visto usare ai suonatori di strada. Mi piazzai davanti alla sede Rai di Roma, dove gravitava sempre un sacco di gente dello spettacolo, e cominciai a suonare. Arbore mi vide e mi segnalò ai giornalisti di “Ciao 2001”, un settimanale musicale che oggi non esiste più, ma che all’epoca era importante. Il direttore mi mandò a un festival a Civitanova Marche dove c’erano Battiato e tanti altri cantautori. Feci tre pezzi, ma sceso dal palco ebbi la sensazione di essere diventato Edoardo Bennato».

Da allora non si è più fermato. Dischi tradizionali, un album di blues sotto lo pseudonimo di Jo Sarnataro, opere teatrali, una sua etichetta discografica, la Cheyenne, e da qualche anno è anche un apprezzato pittore...  
«Eh già, e pensare che ogni tanto qualcuno mi dice: “Edoardo, non suoni più?”. Perché i media condizionano la percezione della gente. Faccio decine di concerti, il mio ultimo album d’inediti “Pronti a salpare” è del 2015, ma se la radio non trasmette la tua musica molti pensano che tu sia andato in pensione. Eh no, ragazzi, io ci sono! E oggi come ieri continuo a pensare che le canzoni devono dare emozioni. E che i testi devono essere poesia».

Un capolavoro in edicola con Sorrisi

È già in edicola la versione 2017 di «Burattino senza fili», completa di dvd e di libretto inedito: costa 14,90 euro (rivista esclusa). La foto di copertina è ispirata a quella dell’edizione classica.

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