Federico Buffa a teatro con «A Night in Kinshasa – Muhammad Ali vs George Foreman»

«Vi racconto un Himalaya chiamato Ali» così lo storyteller sportivo per eccellenza presenta lo spettacolo dedicato all'incontro di boxe del 30 ottobre 1974 in Zaire, la "rumble in the jungle"

13 Ottobre 2017 alle 15:47

Ritmo, tanto ritmo ipnotico. Luci al magnesio accecanti. Due jazzisti sul palco (Alessandro Nidi al piano e Sebastiano Nidi alle percussioni), corde del ring srotolate a creare una barriera fisica tra il pubblico e la grande Storia che parla. E poi lui: Federico Buffa, sempre più attore/showman all'americana ("Only in America, Only in America...", il suo mantra) e sempre meno Avvocato del basket NBA, quello che ha esercitato per anni su Sky raccogliendo migliaia di devoti.

Stiamo parlando di «A Night in Kinshasa», spettacolo teatrale dedicato al "Rumble in The Jungle", la rissa nella giungla, l'incontro di boxe tra i pesi massimi George Foreman (il campione del mondo in carica) e Muhammad Ali (lo sfidante) andato in scena nell'allora Zaire del dittatore Mbutu - oggi Repubblica Democratica del Congo - in uno stadio funestato dai monsoni e da atrocità ben peggiori commesse nei suoi sotterranei.

Per molti l'evento sportivo di tutto il Novecento. Difficile trovare un esempio più calzante anche perché gli statunitensi non seguono il calcio e noi europei non ci appassioneremo mai collettivamente per un Super Bowl o una World Series.

Il pugilato, invece, è quella cosa lì: una lotta. Due uomini pronti ad ammazzarsi o comunque a farsi molto male. Come andò a finire in Africa quella notte lo sappiamo tutti. Non è spolier affermare che l'astuto Ali la ebbe vinta sul molto più potente Foreman sfruttando un gioco di corde, un costato allenato a sopportare siluri, il tifo degli 80mila presenti ("Alì, uccidilo!") e la stanchezza dell'avversario (c'era il 90% di umidità...) infilato con un sinistro-destro d'antologia. Ecco, questa è la cronaca recuperata da YouTube. La magia sul personaggio (e sui sottintesi di Kinshasa) la trovate di seguito. Nelle parole, anch'esse ipnotiche, di Buffa. 

Avvocato, dov’eri la notte del 30 ottobre 1974?
Avendo all'epoca quindici anni, immagino stessi dormendo nel mio letto (l'incontro Ali-Foreman fu trasmesso per radio alle quattro del mattino, ora dello Zaire. Ndr). Però ricordo che, appena sveglio, chiesi subito a mio padre chi avesse vinto...

Hai parlato di Ali come di "una dipendenza che ti fa diventare matto": vuoi spiegarci meglio?
È così: Muhammad Ali non è stato un uomo, ma un ottomila himalaiano. Più leggi su di lui e, paradossalmente, meno sai. È da una lacuna del genere che nasce la dipendenza. Io sull'argomento mi sono sprecato (un libro per Rizzoli, uno speciale televisivo su Sky, ora questo spettacolo teatrale) eppure continuo a collezionare informazioni su Ali per puro piacere personale.

Ti sono rimaste delle domande inevase su 'The Greatest'?
In realtà non ho bisogno di pormi troppe domande. A parte la più malinconica: "Se Ali fosse ancora tra di noi, preferiresti parlare con lui o con qualche altra grande icona del passato?". No, spiacente, la prima scelta resterebbe sempre il caro, vecchio Cassius Clay. Scelta assoluta e non negoziabile, sia ben chiaro.

È stato complicato riassumerlo in un’ora e mezza (scarsa) di monologo?
Beh, fai conto che qui stiamo parlando di una sinfonia di contraddizioni: un pugile così lo si può leggere traquillamente da tre angolazioni diverse. E poi per ogni singolo episodio della sua vita esistono almeno quattro/cinque punti di vista diffenti a seconda di chi narra. Il dubbio sta solo lì: filtrare tutta questa mole di informazioni per trarne sempre la versione più verosimile.

Per un grande uomo di sport come Rino Tommasi, Ali fu "schiavo del suo personaggio. Uno che si trasformava a contatto coi giornalisti". Tu inveci parteggi per la tesi dell'ingenuità spinta ai massimi livelli. Chi ha ragione?
Entrambi: per il discorso di prima della "sinfonia". Il personaggio inventato in Muhammad è dominante, ma nel suo DNA ci sta pure l'enorme ingenuità. Per me, nella prima parte della sua carriera, alcune cose le ha dette senza neppure pensarci (tipo quella sul Vietnam che per poco non lo mandò in galera). Consegnandole direttamente alla Storia.

Oggi si fa questo parallelismo (forzato quanto si vuole) tra Muhammad Ali e LeBron James, il campionissimo di basket dei Cleveland Cavaliers. Che ne pensi?
King James è importante perché il 3 giugno 2016, il giorno della scomparsa di Ali, ha detto che fu Muhammad a unire l'atto al gesto sportivo. Prima di lui nessun atleta afroamericano aveva mai festeggiato in maniera così enfatica un'impresa e oggi invece abbiamo Usain Bolt che fa l'arco, i touchdown spettacolari della NFL o i più grandi giocatori dell'NBA che, dopo un canestro, vanno su di giri. Ecco, quelli sono tutti nipoti suoi.

Prima invece...
Prima eravamo al paradosso che Joe Louis, the Brown Bomber, il campione di boxe degli anni '30 e '40, non festeggiava quando mandava al tappeto un bianco! Non era giusto. Era una regola non scritta dello sport e che riguardava solo gli afroamericani. Cassius Clay ha scardinato tutto ciò.

Alì è stato brillantemente narrato nel più grande libro sportivo del ‘900 («La Sfida» di Norman Mailer) e successivamente nel documentario premio Oscar ‘97 «Quando eravamo re» di Leon Gast. Precedenti ingombranti per «A Night in Kinshasa»?
Il punto di riferimento è stato senz'altro Mailer. Anzi, fammelo dichiarare qui per la prima volta: abbiamo anche provato ad acquistare i diritti teatrali de «La Sfida», ma la cifra che ci hanno chiesto gli americani era davvero improponibile per gli standard italiani… Quindi mi sono limitato a citarlo all'interno di un copione originale.

Un tuo giudizio su Mailer?
Il problema di quel libro, in relazione a questo spettacolo, è che è stato scritto in una lingua tipicamente anni '70, piena di florilegi stilistici. Spiace dirlo visto che stiamo parlando di un capolavoro, ma nel 2017 non risulta così accattivante e diretto per le nuove generazioni. Quelle che comunicano sui social network.

Ci si commuove partecipando a «A Night in Kinshasa»?
Può darsi, dipende da quanto uno ci si voglia immedesimare... Ne «Le Olimpiadi del ‘36» (la precedente piece di Buffa che ha sfondato le 120 repliche, Ndr) era più facile emozionarsi perché lì raccontavo storie che, al tirar delle somme, finivano male: Jesse Owens su tutte, costretto dopo l'oro di Berlino a fare le gare contro i cavalli per racimolare qualche centesimo. La vicenda Ali-Foreman, invece, termina con una conversazione telefonica pazzesca tra due atleti che, già di loro, erano pazzeschi. C'è del futuro nelle loro parole.

E tu, quel 3 giugno dell'anno scorso, hai pianto per la morte del tuo eroe?
(Lunga pausa) Ho sospirato, ma ora dovrei fare mente locale… Sai, quando scompare un Himalaya del genere, pensi a cinquant'anni tutti assieme. Tanti, troppi.

Le date dello spettacolo a teatro

«A Night In Kinshasa - Muhammad Ali vs George Foreman. Molto più di un incontro di boxe»: di Federico Buffa e Maria Elisabetta Marelli andrà in scena al Teatro Carcano di Milano fino a domenica 15 ottobre.

Le altre date al momento previste sono:

23/02/2018 Legnano

03/03/2018 Bergamo

06/03/2018 Bologna

07/03/2018 Varese

09/03/2018 Genova

10/03/2018 Genova

23/03/2018 Ferrara

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