L’esperienza di Vanessa Villa con «Donnavventura» inizia in Kenya

Safari, colori e sapori africani. Ecco il racconto dal continente nero dell'inviata speciale di Sorrisi

17 Novembre 2017 alle 18:34

Partii come un contenitore trasparente, completamente vuota e priva di pretese, libera di riempirmi e colorarmi d’insegnamenti, d’incontri, di condivisione e di emozioni.

• 3 settimane di safari con «Donnavventura»

Un mese esatto di istanti emozionanti e unici di fronte all’immensità di questo Paese. Trenta giorni di viaggio in una terra incredibile. Un Kenya di safari, villaggi, tribù, orfanotrofi, trasferimenti in van, su un’altalena di momenti di tensione e di riposo.

Sentii fin da subito una forte connessione con quel territorio. Quei colori, così forti e protagonisti, mi avrebbero insegnato un principio imprescindibile dell’Africa: l’amore per la semplicità.

I grandiosi safari sono stati il punto centrale della spedizione. Chi avrebbe mai pensato che avrei potuto accedere a tutti i parchi nazionali più importanti del Paese. Tutti. Ed io, munita d’impegno, passione e spirito di squadra, ho imparato ad amare la purezza africana, gli animali selvatici, i colori della terra e del cielo, gli infiniti viaggi con i fuoristrada, la polvere prima nemica e poi compagna inseparabile.

Il mio ego ricevette una grande lezione dalla vastità di quei luoghi incontaminati. In fondo ero solo un puntino in mezzo alla grandezza del silenzio e della natura. Ero così piccola da scomparire.

Poi c’erano i sorrisi e la dolcezza dei bambini che, accarezzando il mio cuore, mi hanno insegnato la semplicità di vivere felici anche nella miseria.

Nei villaggi e nei mercati spesso incontravamo donne bellissime, che si imbarazzavano quando chiedevo loro uno scatto. Avevano uno stupore nel volto che mi fece riflettere. Non eravamo poi così diverse, ognuna con la propria storia da raccontare, ognuna con il proprio sogno da realizzare.

Più volte pranzammo in ristoranti locali, onorando gli usi kenioti. Mangiai con le mani e mi abbandonai a quel piacere quasi animalesco.

Quando raggiungemmo i villaggi dei Masai, fu un’esplosione di emozioni. Gli incontri con i tre clan furono diversi. I primi che incontrammo nella regione del Masai Mara, facevano dei salti così alti e potenti da far tremare la terra. Gli uomini cantavano forte e le donne, più quiete, restavano dietro con un movimento del collo avanti e indietro. Ci invitarono a entrare nelle loro case fatte di sterco, fango e rami e sorprendentemente, quando fui dentro quelle capanne di neanche cinque metri quadrati, mi sentii in una reggia. Nella regione dell’Amboseli incontrammo il secondo clan e con Julian, il maestro della scuola Masai e anche insegnante di yoga, entrammo nella classe in cui insegnava. Ci fece parlare con i bambini e mentre mi godevo a pieno ogni istante, mi scappò un sorriso, poiché mi accorsi degli occhi di quell’uomo che riflettevano passione e fiducia nel presente. Ed io ero lì e mi sentivo davvero fortunata di farne esperienza. Il terzo clan lo incontrammo nello Tsavo West e fu incredibile conoscere la stessa tribù che 12 anni fa ospitò proprio le Donnavventura. La cerimonia di benvenuto prevedeva l’offerta di un agnello e il pranzo insieme nel bosco del villaggio. Fu difficile accettare quel sacrificio e inizialmente mi trovai spiazzata, senza parole di fronte a quell’atto così forte e lontano da me. Poi però capii. Era il loro modo migliore per darci il benvenuto, era una vera e propria celebrazione ed io dovevo prima accettarla e poi amarla. La cosa che mi colpii di più fu il loro senso di appartenenza alle proprie origini. Restai muta per quasi tutta la giornata, permettendo ai nuovi insegnamenti di sedimentare bene nella mia anima.

Visitammo le scuole dei piccoli villaggi kenioti. La maggior parte erano fatte di lamiere e all’interno vi erano solo piccoli banchi di legno, qualche cartellone con l’alfabeto e una lavagna. Cantammo insieme ai bambini e fu così divertente e toccante che feci il viaggio di ritorno con lacrime “dolci-amare” agli occhi.

Quando arrivammo sulle spiagge bianche della costa, mi tuffai finalmente nell’Oceano Indiano e fu un vero bagno rigenerante. Dimenticai polvere e stanchezza e fui subito pronta a conoscere anche quei luoghi. A Malindi incontrammo gli amici italiani dell’hotel Tropical e di Intrasafaris, i quali ci accolsero calorosamente, facendomi sentire, anche solo per qualche istante, più vicina a casa.

Poi arrivò il momento più singolare: sorvolare la costa a bordo del piccolo aeroplano biposto con il console italiano Ivan. Ero un’aquila che volava libera nel cielo africano e non avevo paura del vuoto come al solito. Dall’alto vidi ancor meglio tutti i colori del mare e mentre guadavo in basso come una bambina felice, vidi uno squalo.
E nel bel mezzo del cielo africano mi sentii come non mi sentivo da tanto tempo: libera.

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