Il Padrino, Scarface, Heat - La sfida, le citazioni migliori di uno tra i più grandi attori americani

75 anni fa a East Harlem, un quartiere malfamato di Manhattan, nasceva Alfredo James Pacino. Una famiglia problematica, un’infanzia nel Bronx, un’adolescenza già segnata dall’alcool, nessuno probabilmente avrebbe puntato un penny su questo ragazzo eppure, in capo a pochi anni, è diventato uno degli attori più importanti del mondo. Alla fine degli anni ’60 il grande Lee Strasberg lo ammette nel suo Actors' Studio e nel 1972 ottiene la parte principale nel film che segnerà l’inizio del suo successo, ovvero Il padrino. Ma un ruolo che avrebbe condannato tanti altri a una carriera a senso unico, tutta concentrata su quell’unica grande interpretazione, non è stato affatto di ostacolo alla sua professione: scopriamo insieme i mille volti di questo grandissimo attore...

Il Padrino - parte II, Francis Ford Coppola, 1974
È grazie alla trilogia diretta da Francis Ford Coppola che Al Pacino esplode a livello mondiale, interpretando Michael Corleone, il bravo ragazzo figlio del boss mafioso Don Vito (uno splendido Marlon Brando) che, nonostante i buoni propositi, non può fare a meno di farsi carico dei problemi della “famiglia” finendo coll’occupare la poltrona che era stata di suo padre. Nel secondo capitolo i toni si fanno ancora più cupi: il boss mafioso è quasi un eroe tragico, dilaniato dai dilemmi quando affetti personali e affari arrivano a incrociarsi pericolosamente. Il personaggio ne esce distrutto – o quasi – l’attore raggiunge la consacrazione internazionale: d’ora in avanti Pacino mieterà un successo dopo l’altro.

Scarface, Brian De Palma, 1983
Ok, anche qui Al Pacino interpreta un gangster, d’altra parte ci vuole un certo physique du role che a lui non manca, davvero: ma Tony Montana è di tutt’altra pasta rispetto a Michael Corleone! Nella scena finale, in cui, crivellato dai colpi di mitragliatrice dei nemici, Tony continua a urlare e a inveire, rivendicando la posizione raggiunta nel mondo della malavita, Pacino sa trasformarsi in un becero antieroe fallito ben distante dal rampollo Corleone.

Dick Tracy, Warren Beatty, 1990
Tra un gangster e l’altro, Al si concede anche un piccolo divertissment, interpretando il cattivissimo Big Boy, nemesi del poliziotto Dick Tracy (Warren Beatty, qui anche dietro la macchina da presa), quasi una caricatura dei personaggi interpretati in passato. Parrucchino, naso e denti finti, baffi posticci... ma non lasciatevi ingannare, anche così conciato riesce ad essere credibilissimo!

Il Padrino - parte III, Francis Ford Coppola, 1990
Nel 1990 Al Pacino torna a interpretare il ruolo che più gli ha dato successo, nel capitolo che chiude la trilogia de Il padrino. Al suo fianco un giovane Andy Garcia, nel ruolo del nipote destinato a succedergli e la futura regista Sofia Coppola (che già aveva partecipato al primo padrino ancora in fasce) nella parte della adorata figlia Mary. Carico di una eccessiva drammaticità e appesantito da una trama troppo complicata, Il padrino – parte III, non raggiunge il livello dei primi due film, ma l’interpretazione da vecchio leone di Pacino dà la zampata che lascia il segno!

Scent of a Woman – Profumo di Donna, Martin Brest, 1992
Dopo sette candidature agli Academy Awards, finalmente il nostro festeggiato riesce a conquistare l’agognata statuetta. Il merito è tutto del tenente colonello Frank Slade, militare in pensione ridotto alla cecità, ma mai domo, personaggio a cui Al Pacino dona freschezza, dosando ironia e malinconia! E riesce pure a non far rimpiangere affatto l’interpretazione di Vittorio Gassman, protagonista del film di Dino Risi di cui questo film è il remake: chapeau!

Carlito’s way, Brian De Palma, 1993
Dopo Scarface, Al Pacino torna a lavorare con il regista italoamericano in quello che resterà uno dei suoi film migliori. Di nuovo si tratta di un delinquente, Carlito Brigante, ma stavolta non abbiamo a che fare con l’ennesimo guappo assettato di sangue e di potere: Carlito è uscito di prigione, vuole solo uscire dal giro, andare a vivere su un’isola con Gale (Penelope Ann Miller), crescere insieme il figlio che lei aspetta. Ma la strada della redenzione sembra irraggiungibile per uno come lui… Non vi vogliamo svelare di più, perché – se ancora non l’avete visto – non vogliamo rovinarvi il finale, in cui Al Pacino dà prova di tutta la sua bravura.

Heat - La sfida, Michael Mann, 1995
Nel 1974 hanno recitato entrambi ne Il padrino - parte II, ma in realtà non hanno girato insieme nessuna scena: Al Pacino e Robert De Niro, i due mostri sacri di Hollywood ci metteranno più di 20 anni per mettere da parte la loro rivalità professionale e comparire non solo nello stesso film ma anche sullo stesso set. Una volta tanto Pacino si riserva la parte del buono, il poliziotto Vincent Hanna impegnato nella cattura del criminale De Niro, in una sfida che terrà lo spettatore col fiato sospeso fino all’ultimo minuto! Una curiosità: l’incontro tra i due, girato in un ristorante di Beverly Hills, è entrato talmente tanto nel mito che tuttora quel ristorante riporta una targa commemorativa dell’evento!

Donnie Brasco, Mike Newell, 1997
Qui il protagonista “ufficiale” è Johnny Depp, ovvero Joe Pistone, agente dell’FBI che, sotto le mentite spoglie di Donnie Brasco, scandaglia le gerarchia di Cosa Nostra. A fargli da mentore è l’ignaro Lefty (ovvero Al Pacino... che ve lo dico a fare?) che lo guida nei meandri della criminalità organizzata, affezionandosi a lui come un padre... inutile dire che Pacino, pur relegato a un ruolo secondario, non può far a meno di rubare la scena al bel Johnny e, a fine visione, è proprio Lefty il personaggio che, più di tutti, resta nel cuore.

L'avvocato del diavolo, Taylor Hackford, 1997
Un altro giovane protagonista, Keanu Reeves, un altro ruolo da padre putativo per Al Pacino. Stavolta in versione mefistofelica, come il titolo suggerisce, e qui non aggiungiamo altro, perché davvero la piega che prende questo dramma moderno in salsa legale è inaspettata ed è giusto che resti tale. La frase che leggete in sovraimpressione è quella che chiude il film: ad Al Pacino si può togliere il ruolo principale, ma non l’ultima parola!

Ogni maledetta domenica, Oliver Stone, 1999
E qui ci facciamo da parte e riportiamo il memorabile monologo che l'allenatore di football Tony D'Amato (sì, sempre Al Pacino) pronuncia davanti ai suoi giocatori:
"In entrambi questi giochi, la vita e il football, il margine di errore è ridottissimo. Capitelo. Mezzo passo fatto un po' in anticipo o in ritardo e voi non ce la fate, mezzo secondo troppo veloci o troppo lenti e mancate la presa. Ma i centimetri che ci servono, sono dappertutto, sono intorno a noi, ce ne sono in ogni break della partita, ad ogni minuto, ad ogni secondo. In questa squadra si combatte per un centimetro, in questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi per un centimetro, ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro, perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta, la differenza fra vivere e morire. E voglio dirvi una cosa: in ogni scontro è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro, e io so che se potrò avere una esistenza appagante sarà perché sono disposto ancora a battermi e a morire per quel centimetro. La nostra vita è tutta lì, in questo consiste. In quei 10 centimetri davanti alla faccia, ma io non posso obbligarvi a lottare. Dovete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi, io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi, che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra signori miei. Perciò o noi risorgiamo adesso come collettivo, o saremo annientati individualmente."