Va in onda questa sera su Rai 3 Anime Nere, film diretto da Francesco Munzi, autore anche della sceneggiatura curata in stretta collaborazione con Fabrizio Ruggirello e Maurizio Braucci.
Storia di sangue e vendetta, Anime Nere racconta di una famiglia criminale calabrese. In particolar modo è la vicenda di tre fratelli, figli di pastori, che si sono avvicinati quasi tutti alla ‘ndrangheta. Da una parte c’è Luigi, che da Milano gestisce il traffico internazionale di droga, Rocco che, sempre da Milano, è imprenditore nel mercato delle costruzioni, prestigiosa carriera costruita grazie ai soldi sporchi del fratello e poi c’è Luciano, l’unico ad aver deciso di restare in Calabria per continuare a vivere tra i pascoli, provando a tenersi ben lontano da quel mondo che lo ha privato anche del padre, ucciso proprio davanti ai suoi occhi.
Il problema inizia quando Leo, figlio di Luciano, dà vita a una nuova pericolosa faìda dopo aver distrutto la vetrina di un bar per fare uno sgarbo al proprietario. Inizia così una vicenda complicata, che si sviluppa tra la Lombardia e l’Aspromonte calabrese, dove quella che sembra la bravata di un ragazzo innescha un meccanismo che sfocia irrimendiabilmente nella tragedia.
Presentato alla 71esima Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il film di Munzi è stato accolto con applausi da critica e pubblico e se ancora non avete visto questa pellicola, vi sveliamo 5 curiosità che sono anche 5 buoni motivi per recuperarlo.
Pur non avendo ricevuto riconoscimenti durante il Festival di Venezia, il film di Munzi non è passato inosservato alla critica italiana che lo ha candidato a ben 16 David di Donatello. Nove i premi conquistati dal film che ha portato a casa i seguenti riconoscimenti: Miglior film, Regista, Sceneggiatura, Produttore, Fotografia (Vladan Radovic), Musicista (Giuliano Taviani), Canzone originale ("Anime nere"), Montatore (Cristiano Travaglioli ) e Fonico di presa diretta (Stefano Campus). Una gran bella soddisfazione che sottolinea anche il valore di un film che va assolutamente visto.
È buona abitudine di Francesco Munzi lavorare con attori professionisti, come Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane e Barbora Bobulova, a cui si aggiungono ragazzi ancora poco conosciuti, come Giuseppe Fumo e Pasquale Romeo che qui sono entrambi al loro debutto cinematografico. Una decisione voluta dal regista che per scegliere i volti per questi due personaggi ha fatto numerosi provini a un centinaio di giovani aspiranti attori calabresi. A parte gli attori sono stati davvero tantissimi gli africesi che hanno recitato e lavorato con la troupe: “Senza di loro questo film sarebbe stato più povero”, ha detto il regista.
Il film è stato girato ad Africo, luogo inesplorato e descritto come uno tra i più “pericolosi d’Italia”. Nelle Note di Regia, Munzi racconta con positività l’esperienza vissuta ad Africo: “Ho chiesto allo scrittore di Anime Nere, da cui il film è liberamente tratto, Gioacchino Criaco, di aiutarmi. Sono arrivato in Calabria carico di pregiudizi e paure. Ho scoperto una realtà molto complessa e variegata. Ho visto la diffidenza trasformarsi in curiosità e le case aprirsi a noi”. Quello che sembrava un film impossibile si è trasformato in un piccolo gioiello che resterà nella storia del cinema italiano.
Se a una descrizione superficiale Anime Nere può apparire come il solito film sulla ‘ndrangheta, quello di Munzi è in realtà un film pregevole soprattutto per la caratterizzazione rigorosa di tre personaggi curati e ben sfaccettati. Rocco, Luigi, Luciano, l’imprenditore, il trafficante e il pastore sono tre fratelli che cercano di fare i conti con il passato e affrontano al tempo stesso il presente e il futuro che si reggono su un’eredità complicata, in un cui non si fanno sconti e dove ognuno deve trovare il modo di sopravvivere. Tre personaggi di cui scopriamo punti di forza, debolezze, rimpianti, ricordi e aspirazioni e intorno a cui gravita il mondo di una famiglia intera. A questo si aggiunge la scelta di luoghi che diventano un tutt’uno con questi personaggi e che si fanno specchio e metafora di quanto vissuto e provato da queste tre “anime nere”.
Una scelta dovuta anche questa con il regista che non può che far recitare i suoi personaggi anche in quel dialetto stretto e a tratti incomprensibile. Una scelta, però, che non fa che confermare il senso di realtà, documento prezioso e scoperta di un luogo governato da sue leggi, sue regole, drammi e allo stesso tempo arricchito dalle sue particolari tradizioni.