Sergio Friscia: «Per i miei 50 anni mi regalo un film da protagonista»

L'attore e showman siciliano festeggia cinquant'anni. «Voglio dimagrire per ottenere ruoli diversi al cinema e in tv»

Sergio Friscia
27 Aprile 2021 alle 08:47

Sa improvvisare, scherza, è portatore sano di allegria. Per Sergio Friscia, attore, imitatore e showman, il 27 aprile è una giornata particolare: spegne le sue prime “cinquanta” candeline ed è più spiritoso che mai… «Ho deciso di dare un aspetto nuovo al mio fisico: il mio obiettivo è sgonfiarmi un po’…» dice.

Non dirmi che anche tu sei fissato con la prova costume?
«Ma nooo. Da anni sai come la supero io questa importante prova? Facendo il sub. Indosso la muta e vado sott’acqua (ride)».

Oggi compi cinquant’anni e, sei fortunato, perché più della metà li hai trascorsi da personaggio conosciuto e amato dal pubblico…
«Ho vissuto i miei anni lavorando e facendo quello che sognavo da bambino: divertirmi e far divertire la gente. In una espressione: mezzo secolo di buonumore».

Da bambino eri una peste. Figlio unico, coccolato. Te le facevano passare tutte..
«Ero un bambino vivace, tenevo banco, mi piaceva far ridere. Ogni tanto saltano fuori foto che mi ritraggono con le parrucche, con gli occhiali di mia nonna. I miei spettacoli li tenevo durante le cene organizzate dai miei genitori con i loro amici. La comicità è nel mio dna. Poi tanta gavetta. A piccoli passi ho cercato di realizzare il mio sogno. Devo ringraziare solo il pubblico se duro da trent’anni. E’ la gente che mi sopporta e supporta». 

Continuiamo sul filone biografia. Da piccolo eri terribile. Poi crescendo…
«In genere i genitori, quando il figlio esce di casa, la prima raccomandazione che fanno è: “Non fare tardi, ti aspettiamo”. Mamma e papa, invece, mi dicevano: “Qui ci sono le chiavi. Se vuoi, non tornare…”». 

Raccontaci qualche marachella memorabile della tua infanzia…
«Una volta ho fatto diventare bianchi i capelli di un’amica di mia madre. Eravamo in macchina. Io ero seduto dietro e non parlavo. L’amica di mamma continuava a farmi domande, a chiedermi cose. Io ero imbronciato, con le mani conserte e non avevo voglia di risponderle. Mia madre si gira e mi fa: “Sergio, dì qualcosa a Mariateresa”. Infastidito, comincio a usare tutte le parolacce che avevo imparato fino a quel momento, recitate come in una poesia. La signora accostò la macchina e iniziò a ridere perché non si sarebbe mai aspettata quell’atteggiamento folle da parte di un bambino che in quel momento sembrava indemoniato…».

Chi ti prestava il fianco in famiglia?
«Mia nonna materna. Nonna Vera, che ora è diventata il mio angioletto custode, era mia complice. D’estate mi trasferivo da lei. Avevamo un rapporto bellissimo. Le raccontavo tutto: dagli amici alle prime fidanzatine. Come me, era una buona forchetta solo che era diabetica. Quando tornavo dalla discoteca, anche alle due di notte, lei mi aspettava sveglia e se io le dicevo che desideravo spaghetti al tonno, me li preparava e se li mangiava con me».

La vena ironica l’hai ereditata allora da nonna Vera…
«In realtà la buonanima di mio padre aveva un carattere brioso, teneva banco. Ha iniziato come deejay, organizzava le feste a casa.  Era un compagnone. Anche mia madre. Lei, pur essendo stata una delle prime direttrici donne del Banco di Sicilia e nonostante la seriosità che impone quel ruolo, era bravissima nel raccontare barzellette. Il contenuto di quelle barzellette le ho trasformate e le ho fatte diventare sketch nei villaggi turistici dove ho cominciato come animatore. Nel Dna c’è sicuramente una buona dose di allegria e di “cazzeggio”, si puo’ dire? (sorride)».

Quando hai comunicato ai tuoi che intendevi trasformare i tuoi scherzi, le tue recite, le tue battute in un mestiere, come hanno reagito?
«All’inizio papà era molto preoccupato. Ci sono stati momenti di forte conflittualità soprattutto quando lui mi diceva di tenermi questo mettere come hobby ma di cercarmi, nella vita, un lavoro vero…».

Cosa avresti dovuto fare in alternativa?
«Ho rinunciato al posto fisso: il lavoro da bancario. Alcuni anni fa era possibile per i dipendenti andare prima in pensione e lasciare il posto al figlio. Io non mi sono proprio presentato. Forse avrei anche finito l’Isef interrotto al secondo anno perché è arrivata la chiamata da Raidue per “Macao”. Sarei potuto diventare un prof di educazione fisica». 

Quando sei approdato in tv, tuo padre ha poi cambiato idea?
«Papà è stato sempre il mio peggior critico. Anche quando facevo trasmissioni e sketch benissimo, lui doveva sempre trovare il difetto. Meglio di qualsiasi critico televisivo. Questo però mi ha aiutato perché non mi sono mai messo a dormire sugli allori. Ho continuato sempre a cercare di fare meglio. La verità è che io non sono mai contento delle cose che faccio. Mio padre da un lato non me ne faceva passare una, dall’altro era un mio grande sostenitore. Nel 2015 l’ho perso. Ai suoi funerali, mi si sono avvicinate persone di comitive diverse dicendomi che ogni volta che parlava di me, gli brillavano gli occhi. Negli ultimi anni di vita mi ha dimostrato in un modo inequivocabile che era fiero di me: mi accompagnava durante le mie serate e me lo sono goduto di più rispetto ai primi anni».

A parte quello di ritrovare una nuova forma fisica, qual è uno dei tuoi propositi per questi tuoi “cinquanta”?
«Recuperare quello a cui ho dovuto rinunciare per troppo tempo pur di inseguire un sogno. Il mio lavoro resta sempre al primo posto ma voglio cominciare a vivere godendomi di più la famiglia, gli amici, i miei luoghi d’origine dove andrò più spesso. Non sarò solo ed esclusivamente l’uomo con la valigia che corre a destra e a manca per fare il proprio mestiere. Il bagaglio lo utilizzerò anche per scendere in Sicilia e stare di più con mamma. Tornando al discorso dell’aspetto fisico, forse nessuno lo sa, ma io sono stato anche magro…». 

Sappiamo che pratichi diversi sport?
«Sono istruttore subacqueo e insegno karate».

Tu ironizzi molto sul tuo aspetto fisico. I chili in più non sono mai stati un problema per te…
«I sedici noni della televisione mi hanno fregato. Se avessero fatto i nove sedicesimi sarei apparso alto e magro (sorride). Comunque io sono così per un motivo importante: ha a che fare con l’amore».

Spiegati meglio…
«Quando mi sono fidanzato, poiché ero molto bello, ho promesso alla mia ragazza di mettere peso in modo da imbruttirmi e da non farla diventare gelosa (sorride). Ora però non so nemmeno io se sono ancora impegnato. Si naviga a vista…».

Tornando al compleanno, come festeggi oggi?
«Anche se il Governo ha voluto farmi questo regalo concedendo le aperture dal 26 aprile, tuttavia rimangono sempre in vigore distanziamento e mascherine. Farò un brindisi con i miei colleghi a Rds. Spero di scendere in Sicilia per festeggiarlo con mia madre che non vedo da molti mesi». 

Fai radio, tv, cinema. Un artista completo…
«E’ una lotta che porto avanti da anni quella contro le etichette e contro l’ingabbiamento degli artisti. La poliedricità è alla base di ogni arte. A me piace spaziare dal doppiaggio, al teatro, al cabaret, ai ruoli seri al cinema. Ho bisogno di trovare sempre stimoli nuovi. Il problema comunque non è tanto in chi fa questo mestiere ma negli addetti ai lavori che spesso hanno i paraocchi: se fai troppa tv, non ti fanno fare il cinema d’autore. Dico sempre che se Danny DeVito fosse stato in Italia, gli avrebbe fatto fare solo cinepanettoni…». 

Hai un volto e un temperamento allegro che quasi sembrano inconciliabili per un ruolo drammatico…
«Suscitare la risata e avere un viso che naturalmente ti porta in questa direzione, non significa non poter recitare un ruolo drammatico. Ho impiegato quindici anni per fare un provino per una parte da killer di Totò Riina nella serie “Il capo dei capi”. Poi, in due stagioni di “Squadra antimafia”, ho interpretato il fratello maggiore di Rosy Abate (Giulia Michelini)».

Quindi nelle fiction ti chiamano o per fare il comico o per interpretare la parte del malavitoso…
«Infatti, il mio proposito ora, è proprio quello di rimettermi in forma. Quando ti vedono con qualche chilo in più, ti associano alla figura del boss mafioso. Ricordo che quando ero più magro, ho interpretato il poliziotto nella serie “La narcotici”. Purtroppo l’occhio vuole la sua parte e noi cassonetti dell’immondizia dobbiamo fare più fatica (sorride)».

E’ un luogo comune pensare che i bravi comici siano persone malinconiche?
«Io sono di indole allegra e positiva. Il fatto che però i comici devono sempre far ridere le persone anche quando vivono, nel privato, situazioni difficili, questo puo’ portare loro ad essere intimisti, malinconici».

La comicità passa per…?
«La leggerezza, la semplicità ma anche la verità. Per le battute e gli sketch io prendo spunto solo da persone reali con le loro caricature e i loro tic».

Progetti?
«Ho depositato finalmente il mio primo film da sceneggiatore. Si tratta di una commedia divertente. A cinquant’anni mi regalerò il mio primo film da protagonista…».

Seguici