Da «Jack Frusciante è uscito dal gruppo» a «Viaggio sola», dieci pellicole con l'attore italiano da vedere almeno una volta nella vita
Stefano Accorsi, classe 1971 e bolognese doc, è uno degli attori italiani più conosciuti e di maggior successo degli ultimi vent'anni.
Dalle apparizioni nella prima metà degli Anni 90 (vi ricorderete la pubblicità del Maxibon, ma qualcuno di voi lo avrà anche riconosciuto tra gli invitati al matrimonio nel video degli 883 Una canzone d'amore), fino alla consacrazione del 2014 con la consegna da parte del Ministero della Cultura Francese del titolo di Cavaliere dell'Ordine delle arti e delle lettere.
Al cinema il suo primo vero boom fu Jack Frusciante è uscito dal gruppo, film ormai diventato un oggetto di culto, ma tra Radiofreccia, L'ultimo bacio e Romanzo Criminale, i successi di Stefano Accorsi sono davvero numerosi.
Questa settimana esce un nuovo film che lo vede protagonista: Veloce come il vento, in cui interpreta Loris, un ex pilota inaffidabile e con problemi di droga che si troverà a lavorare con sua sorella (anche lei pilota) riscoprendo il valore della famiglia e degli affetti; si preannuncia adrenalina pura.
Ripercorriamo così la carriera di Stefano Accorsi attraverso 10 film da vedere assolutamente, qui ordinati in ordine cronologico.
Jack Frusciante è uscito dal gruppo, Enza Negroni (1996)
Tratto dall'omonimo romanzo di Enrico Brizzi (il cui titolo allude all'allontanamento temporaneo di John Frusciante dai Red Hot Chii Peppers), Jack Frusciante è uscito dal gruppo è il film generazionale per eccellenza degli Anni 90, che in Italia diede poi vita a tutta una serie di pellicole basate sui giovani liceali, in primis con i fratelli Muccino, ma non solo. Questa pellicola racconta le vicende amorose, scolastiche e musicali del giovane Alex (Stefano Accorsi), un adolescente bolognese con il vizio del punk-rock (suona il basso), un gruppo di amici scapigliati e un amore forse corrisposto, ma non ancora consumato, per la giovane Aidi (Violante Placido). Il ragazzo si barcamena tra vita di città, le versioni di latino, la sua band e le lunghe pedalate che lo portano a casa di Aidi, ragazza borghese che alla fine dell'anno si trasferirà in America per proseguire gli studi e che abita sui colli bolognesi (gli stessi che Cesare Cremonini percorreva con la sua Vespa). Siparietti molto divertenti e sbronze mattutine, mix indispensabile per coloro che la mattina, invece di andare a scuola, vanno a suonare nelle sale-prove dei sobborghi della bella Bologna. Una bella fotografia della generazione nata negli Anni 80, sospesa tra la voglia di spiccare e le incertezze di un futuro ignoto. Molto azzeccata la colonna sonora, tra Pulp, Marlene Kuntz e Joy Division, a sottolineare i riferimenti culturali di quella Bologna in fermento.
Radiofreccia, Luciano Ligabue (1998)
Bellissimo film, di quelli da vedere e rivedere, fino a che non se ne sono imparate a memoria tutte le battute. Siamo negli Anni 70 in un paesino dell'Emilia Romagna, gli anni in cui arrivano in Italia le radio libere che finirono per spopolare tra i giovani con la voglia di parlare e di farsi sentire; ma sono anche gli anni dell'eroina e della spaccatura definitiva con le generazioni dei padri. Ivan Benassi, detto "Freccia", è un ragazzo con un umile posto di lavoro e una vita che gli va un po' stretta: ha un gruppo di amici con cui si trova al bar del paese (il barista è Francesco Guccini), gioca a calcio la domenica e va a ballare il sabato sera. Alcuni di loro seguiranno il percorso classico e si sposeranno, altri saranno vittime della droga, altri ancora resteranno ingabbiati nelle loro personali storie familiari. Un film vero, serio nei suoi intenti, ma anche molto divertente e divertito nei modi e nei toni, certamente parecchio sentito da un Luciano Ligabue che evidentemente quelle cose le ha vissute e sentiva il bisogno di raccontarle attraverso una buona regia. Colonna sonora importantissima, fondamentale per la riuscita del film (se non quasi protagonista dello stesso).
L'ultimo bacio, Gabriele Muccino (2001)
Altro film generazionale (sia per Muccino che per Accorsi), ma questa volta si parla di trentenni, di quelli che, parafrasando Salvatores e il suo Mediterraneo, "sono in quel momento della vita in cui non hai ancora deciso se mettere su famiglia o disperderti per il mondo". Ed è proprio questo il punto, perché il signor Muccino ci presenta una serie di amici e conoscenti con idee diverse sul tema: c'è Adriano (Giorgio Pasotti) che ha già un figlio dalla sua compagna, c'è Paolo (Claudio Santamaria) che non si rassegna al suo amore non corrisposto e vuole mollare tutto e scappare in barca, c'è Alberto (Marco Cocci) che passa da un letto all'altro senza troppi pensieri e c'è Marco (Pierfrancesco Favino), che invece crede ancora nell'amore ed è fresco di matrimonio. Tra loro i dubbi esistenziali del protagonista Carlo (Stefano Accorsi) che è ormai fidanzato da tempo con la bella Giulia (Giovanna Mezzogiorno), dalla quale aspetta un figlio, ma è ancora forse troppo immaturo per prendersi certe responsabilità. Buon film, in cui Muccino strizza l'occhio a Magnolia, richiamando i ritmi e la narrazione spezzettata del film di Paul Thomas Anderson uscito due anni prima, e che si regge su un cast gigantesco (oltre ai citati anche Stefania Sandrelli e Sergio Castellitto).
Le fate ignoranti, Ferzan Özpetek (2001)
Dopo Il bagno turco, il regista turco (ma naturalizzato italiano) sale alla ribalta con Le fate ignoranti, sicuramente uno dei suoi film più riusciti, che funziona da paradigma di tutto il suo cinema, sia per i temi presenti, che per le ambientazioni e il sottile senso del dramma e dell'umorismo (pur senza entrare mai nello spazio della vera commedia). Antonia (Margherita Buy) è un medico che perde il marito improvvisamente a causa di un incidente (in una scena che richiama quella di Vi presento Joe Black). Indagando sulla vita di lui scopre un amante segreto del defunto, un fruttivendolo (Stefano Accorsi), membro di una famiglia allargata di amici e coinquilini, una vera e propria micro-comunità gay che vive in un attico nel centro di Roma. Da qui parte una specie di amicizia, o comunque una vicinanza, attraverso la quale Antonia cercherà di superare il lutto a stretto contatto con un mondo che non le apparteneva, ma che forse la affascina per il punto di vista che ha sul mondo, per il suo essere borghesia sì, ma un po' bohemien, libera dagli schemi entro i quali lei stessa si era inserita nella sua vita coniugale. I toni di Ozpetek sono molto delicati e sfumati, mai ricattatori.
Santa Maradona, Marco Ponti (2001)
Che coppia quella composta da Stefano Accorsi e Libero De Rienzo: il primo interpreta Andrea, un neo-laureato in Lettere, forse non più così "neo", che passa da un colloquio di lavoro all'altro alla ricerca di una professione stimolante (senza mai trovarla); il secondo è il suo coinquilino Bart, nichilista di professione, anch'egli letterato, che passa le sue giornate sul divano a sparare sentenze sul mondo in attesa di non si capisce bene cosa. Avventura senza azione, la loro, di due giovani quasi-uomini in conflitto con un mondo che sembra non far per loro, pessimisti nel non aspettarsi nulla dalla vita, ma passivamente ottimisti nel non far poi molto per far succedere qualcosa. Ad un certo punto nella loro vita entra Dolores, per la quale Andrea perderà la testa e, grazie ai consigli di Bart e della comune amica Lucia, grazie alla quale cambierà la sua prospettiva, provando ad agire finalmente per dare una svolta alla propria vita. Ci si diverte molto, soprattutto grazie ai dialoghi serrati tra i due protagonisti e alle sequenze di vita quotidiana (ma è indimenticabile la scena della libreria); ottima la costruzione dei personaggi, che riescono ad essere contemporaneamente buoni e cattivi, cinici e sognatori. Titolo tratto dalla canzone dei Mano Negra (contenuta nel disco del 1994, l'ultimo prima che si sciogliessero).
Ovunque sei, Michele Placido (2004)
Storia di tradimenti multipli e reciproci tra Matteo (Stefano Accorsi) ed Emma (Barbora Bobulova), lui marito che lavora sulle ambulanze, lei moglie-chirurgo, entrambi insoddisfatti e stanchi del loro rapporto, entrambi a caccia di emozioni nuove. Emozioni che riusciranno a trovare nel rapporto con altre persone: Emma grazie al primario dell'ospedale, Matteo insieme a Elena (Violante Placido), sua collega-volontaria. Ma la relazione tra questi ultimi due non sarà semplice perché mentre Emma si ritorce nei sensi di colpa, Matteo sembra vivere una nuova giovinezza. Tutto questo fino a quando, un giorno, Elena e Matteo cadono con la loro ambulanza nel Tevere forse trapassando a miglior vita, o forse no. Rischiosissima la scelta di Michele Placido, ma nonostante qualche problemino riesce a raccontare benissimo una storia che sembra impossibile mettere in scena. In questo senso è determinante la bravura di Accorsi e della meravigliosa Violante Placido.
Romanzo criminale, Michele Placido (2005)
Per alcuni questo è il miglior film italiano della prima decade degli anni Duemila. E non c'è da stupirsi perché Romanzo Criminale ha sicuramente influenzato le successive produzioni cinematografiche e televisive del nostro Paese, non solo per il modo di raccontare, ma anche per il mondo che si è deciso di mostrare. Siamo nella Roma degli Anni 70, quelli della Banda della Magliana, un gruppo di delinquenti di strada che decide di 'prendersi tutta Roma' e ci riesce grazie alle alleanze pericolosissime con Cosa Nostra, con la P2 e con altri ambienti. I fatti sono solo ispirati a quelli reali, ma il racconto è così crudo e ben riuscito che è difficle pensare che si discostino molto da come davvero andarono le cose. Michele Placido gira benissimo, riaprendo un genere che sembrava ormai logoro (riprende i vari b-movie poliziotteschi all'italiana, ma aggiungendo qualità, competenza cinematografica e abilità narrativa) e anche gli attori sembrano tutti in stato di grazia, da Stefano Accorsi, qui nei panni del commissario Nicola Scialoja, all'eccezionale Santamaria, passando per Scamarcio, Favino e Kim Rossi Stuart. Imperdibile, se non obbligatorio.
Saturno contro, Ferzan Özpetek (2007)
Film corale che è anche il maggior successo commerciale del suo regista (insieme a Mine vaganti) e probabilmente anche il suo prodotto più triste e introspettivo. Solito gruppo di amici a cena, alcune coppie etero, altre omosessuali, un single e un'amante, ma ad un certo punto Lorenzo (Luca Argentero) ha un improvviso malore e finisce all'ospedale in fin di vita. Da questa premessa parte la narrazione, che è fatta più che altro di stati d'animo e momenti di felicità e tristezza, più che di veri e propri avvenimenti (a parte il primo, decisivo); mentre Lorenzo è in coma, gli amici si scoprono più vicini di quanto non credessero, ma la situazione fa anche emergere ansie prima inaspettate. Molto toccante e molto concentrato sulle interpretazioni dei protagonisti, che sono tanti e tutti bravi (e azzeccati per le rispettive parti): oltre a Stefano Accorsi, che interpreta Antonio (un bancario sposato e con terzo incomodo nella coppia), anche un ottimo Pierfrancesco Favino, Margherita Buy, Ennio Fantastichini e Filippo Timi. Da sottolineare la presenza di Ambra Angiolini, inventata attrice da Ozpetek e molto efficace nei panni di Roberta, un'amica del povero Lorenzo.
L'arbitro, Paolo Zucca (2013)
Film in bianco e nero e formalmente perfetto nell'immagine, che prova a unire la commedia di serie b degli Anni 70 alle opere di grandi autori (come La dolce vita di Fellini). Le storie che ci vengono raccontate sono due, una riguarda il calcio di provincia (siamo in Sardegna, ma quella lontana dai mari) e si nutre di bassistinti primordiali, passioni sfrenate e campanilismi accesi; la seconda, che è quella che riguarda proprio Stefano Accorsi e il suo personaggio (l'arbitro Cruciani), si svolge invece nel calcio che conta a livello globale. Nella piccola e modesta squadra dell'Atletico Pabarile arriva un calciatore sudamericano di grande talento (come non pensare all'Aristoteles de L'allenatore nel pallone?), il quale risolverà i problemi tecnici del gruppo e farà anche innamorare la figlia del presidente (Geppi Cucciari). Intanto l'arbitro Cruciani fa di tutto per arbitrare la finale del campionato continentale, ma nonostante abbia tutte le carte in regola, le cose si complicheranno a causa di una brutta faccenda di corruzione. Le due vicende arriveranno a toccarsi (non vi dico come). Film molto interessante e coraggioso, da tenere presente, vedere e ricordare.
Viaggio sola, Maria Sole Tognazzi (2013)
Irene (Margherita Buy) è una donna poco sopra i 40 anni che di mestiere si reca in incognito nei grandi alberghi di lusso di tutta Europa e, fingendosi cliente, giudica e valuta il servizio per conto della divisione controllo-qualità per cui lavora. Non ha mariti né figli e sembra proprio avere una vita del tutto soddisfacente, della quale rivendica l'indipendenza con orgoglio e soddisfazione. Gli unici rapporti fissi di questa donna che basta a se stessa sono quelli con la sorella e con Andrea (Stefano Accorsi), sua ex fiamma con cui ha mantenuto un rapporto di amicizia; sarà proprio Andrea a mettere in crisi la donna, quando le rivelerà che aspetta un figlio dalla sua attuale compagna. Da soli si viaggia meglio, insomma, ma si è davvero felici? Forse sì, o forse è più complicato di quanto sembri, ma la risposta potrebbe comunque rimanere positiva. Maria Sole Tognazzi gestisce il suo film con molta attenzione e una grande eleganza, mostrandosi donna di un cinema intelligente e sottile.