Antonio Banderas a Cannes per il film “Dolor Y Gloria”. L’intervista

L'attore arriva al cinema italiani con uno splendido film in cui veste i panni di Pedro Almodóvar. E lo fa letteralmente: «Pedro mi ha passato i suoi vestiti di un tempo, e per quelli che non mi andavano bene ha fatto fare copie della mia misura!»


17 Maggio 2019 alle 08:05

«Un bacio molto forte per tutti gli italiani dall'amico Antonio Banderas». Così l'attore spagnolo, tramite Sorrisi, saluta i suoi fan della penisola. A cui però dà anche un dolore: infatti alla domanda «Antonio, in Italia ci mancano i suoi spot in tv. Farà ancora delle pubblicità?», risponde sorridendo «O no, non penso proprio. È finita!». E così stronca le speranze di chi vorrebbe ancora vederlo in tv alle prese con farina, frollini e... la gallina Rosita.

Ma poco male: perché oggi l'attore arriva a Cannes (e nei cinema italiani) con uno splendido film, “Dolor y gloria”, in cui veste i panni di Pedro Almodóvar. E lo fa letteralmente: «Pedro mi ha passato i suoi vestiti di un tempo, e per quelli che non mi andavano bene ha fatto fare copie della mia misura!».

Il protagonista del film, infatti, è un regista che somiglia tantissimo ad Almodóvar, ma Antonio chiarisce: «Certi fatti sono inventati, ed è per questo che il personaggio ha un nome fittizio. Ma i pensieri, le emozioni, i dolori e le gioie che prova sono tutti di Pedro. E sono più reali dei fatti».

Quando ha capito che il film sarebbe stato un autoritratto del grande regista?
«Non subito, perché all'inizio Pedro è stato abbastanza elusivo. “Vorrei che leggessi questo copione...” Poi leggendo ho capito e mi sono detto: ma questo è Pedro! E questo sono io! Infatti la cosa buffa è che mi sono riconosciuto nel personaggio dell'attore: io interpretavo Pedro e una altro attore interpretava me... da perderci la testa, Sul set, poi, non ne parliamo: era una copia identica della casa di Pedro, quella che ho conosciuto più di 30 anni fa».

Come eravate allora?
«Allora eravamo ingenui, folli e puri. La Spagna era appena uscita dalla dittatura di Franco e la gente era scandalizzata da film come “Donne sull'orlo di una crisi di nervi”. Sfidavamo la morale corrente, eravamo scandalosi. Per questo ci sentivamo delle rockstar».

E come siete oggi?
«Esperti e più consapevoli. Pedro ha raffinato il suo stile, tolto alcuni eccessi; io ho migliorato il mestiere, imparato la tecnica».

E conquistato Hollywood...
«La cosa buffa è che quando sono tornato a lavorare con Pedro, dopo che non ci eravamo visti per 20 anni, gli ho raccontato con orgoglio tutto quello che avevo fatto e imparato a Hollywood, e quanta fiducia in me stesso avevo acquistato. E lui: “Non mi serve quella mer... Non mi serve la tua fiducia. Io ti voglio spaventato, dubbioso, nudo”. Pensate come ci sono rimasto! Abbiamo litigato, ci siamo scontrati, eccome. Ma poi mi sono messo a sua disposizione. Ho detto: “sono qui per fare il soldato, non il generale”».

Ma lei cosa pensa ora di Hollywood?
«È stata la mia grande avventura. E non è che sia migliore o peggiore del cinema europeo: è un sistema diverso. Hollywood è una fabbrica costruita per creare prodotti perfetti. Il cinema d'autore è più complicato, imprevedibile, a volte anche contorto e fallibile, ma eccitante. Mettiamola così: Hollywood è la Coca Cola, che piace a tutti e a suo modo è perfetta, e il cinema d'autore è il vino, che magari è più complesso, più difficile da apprezzare, ma può dare emozioni incomparabili. La cosa bella è che io oggi so fare sia la Coca Cola che il vino!».

Il film ha il sapore di un bilancio. È cambiato anche il cinema, insieme a voi?
«Quello che più mi colpisce è che oggi è un momento fantastico per chi comincia a recitare: oltre al cinema ci sono centinaia di canali tv e poi lo streaming, a tutti vogliono fare produzioni originali. Quando ho cominciato io, in Spagna c'era un solo canale tv: o eri dentro o eri fuori. E Hollywood oggi produce grandi film in lingua spagnola come “Roma”! Quando sono arrivato a Los Angeles mi dissero “Preparati a fare tanti cattivi: qui è il ruolo standard per gli attori neri o ispanici". Poi un giorno, girando “Zorro”, mi sono accorto che io ero il buono e il cattivo aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi e ho pensato: vuoi vedere che sta cambiando qualcosa? Permettetemi di dire che è stato anche un po' merito mio...».

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