Com’è nato il personaggio che lei ha interpretato in “Sapore di mare” e ”Vacanze di Natale”?
«Ogni volta che dovevamo cominciare un film, Carlo Vanzina e suo fratello Enrico mi raccontavano di un loro amico cui si erano ispirati per il mio ruolo. Io cercavo di farmi raccontare, di capire, e poi chiaramente ci mettevo del mio. Rappresentavo il ragazzotto italiano degli Anni 80, quello che non era un adone però piaceva alle donne perché le faceva ridere, e che era anche un po’ uno stupidone. Il tipo che però nella sventura poi si rivelava positivo, alla fine era un buono, ecco».
Comicità ma anche un pizzico di malinconia.
«Carlo aveva una grande esperienza di commedia. Oltre a essere figlio del grande Steno, Carlo Vanzina aveva fatto da aiuto regista in molti film a Mario Monicelli, il maestro della commedia italiana. E questo suo essere anche un po’ figlio di Monicelli non precludeva ai suoi attori, anche in un film smaccatamente comico, di avere un momento di umanità che li riscattava da quel sembrare superficiale. Questa cosa accadde anche a me quando girammo la scena finale di ”Sapore di mare”, che poi è rimasta un po’, mi permetto di dire, nella storia. Prima di girare mi disse: “Adesso tu devi fare uno sguardo in cui ti penti, forse, di non aver riconosciuto la Suma e quindi del tuo essere così superficiale. Per un momento fai vedere che sei un uomo”. E girammo una scena che, devo dire, mi venne bene…».
Ha un aneddoto di set che descrive Carlo Vanzina?
«Durante ”Vacanze in America” eravamo a Las Vegas, dove grazie al nome di De Sica, che allora in America tutti osannavano per il padre Vittorio, ci avevano dato la suite che si vede nel film “Rain Man” con Dustin Hoffman, quella con la piscina in mezzo. Successe che un giovane attore, che aveva una piccola parte, si sentì male e dovette tornare in Italia, e ci trovammo un po’ spiazzati. Carlo mi disse: “Allora, qua stanotte dobbiamo scrivere una scena”. E mi ricordo che in questa meravigliosa suite, anche aiutati dall’atmosfera, abbiamo scritto insieme una delle ultime scene del film, quella in cui io incontro la escort. È stato emozionante, è stato divertente ed è stato anche un modo per diventare ancora più vicini, più amici in quel momento di difficoltà. Spesso gli rompevo le scatole, gli dicevo: ”Ma non me lo fai un primo piano, Carlo?”. Lui mi guardava e mi diceva: “Jerry, nooo”. Ogni tanto, però, mi accontentava perché lo stressavo. Anche se magari poi non lo metteva nel film...».