Diego Abatantuono è al cinema con “L’ultima settimana di settembre”

L'attore interpreta un cinico scrittore alle prese con il nipote

19 Settembre 2024 alle 08:09

Diego Abatantuono e “L’ultima settimana di settembre”, come recita il titolo del suo film. Ci siamo.
«Da piccolo era uno dei miei periodi preferiti, nonostante fosse l’antefatto dell’inizio delle scuole che allora cominciavano a ottobre. Tornavo a Milano dalle vacanze in Puglia, il clima era perfetto, si stava fuori la sera. Mi è sempre piaciuta l’ultima settimana di settembre».

E invece il 20 settembre il suo personaggio, lo scrittore Pietro Rinaldi, decide di suicidarsi.
«Per lui l’età che imperversa diventa non un’amica, ma una nemica, ha avuto il lutto della moglie, il distacco con il resto della famiglia, c’è questo vuoto. Ed è anche molto cinico e molto burbero».

Il suo opposto, a prima vista.
«Come affinità ho l’età, che per forza di cose è quella. E poi lui è cinico ma felice di fare il suo lavoro, e io pure sono felice di fare il mio».

Un film che parte dalla morte e arriva altrove.
«Un film sulla scoperta che i rapporti con i più giovani sono determinanti. Ognuno ha dei figli, dei nipoti o anche degli amici. L’importante è avere un po’ di entusiasmo che arriva da qualcuno che ti sta vicino. Qui il giovane è il nipote rimasto orfano».

C’è il rapporto fra generazioni distanti.
«Il vecchio scrittore si è indurito, odia chiunque. Ha un taccuino che aggiorna continuamente con l’elenco delle persone e delle cose che non sopporta. Nasce dal suo cinismo, dal pessimismo, dall’essere arrabbiato con il mondo e con sé stesso».

Nell’elenco ci sono quelli che fanno le foto nei musei, quelli che mimano le virgolette con le dita, quelli pelati con la barba lunga…
«Alcune cose erano già nella sceneggiatura, altre le ho aggiunte io. Come il fatto che non sopporto l’andare a fotografare qualunque cosa, e non vale solo per i musei. Tu vai a vedere una partita di calcio e filmi la partita? Allora te la vedi a casa in televisione! La stessa cosa vale per i concerti. È l’omologazione che non mi piace».

Cos’altro non le piace e non è nell’elenco?
«Quegli arbitri che sopra la testa sono pelati, ma pettinati come se avessero i capelli. Quelli che entrano all’autogrill in mutande senza maglietta, quelli che vanno al ristorante della spiaggia in costume da bagno, quelli che non hanno il Telepass o qualche carta per saltare la fila al casello e vedi code di 30 km accanto a una corsia vuota».

Nella vita lei ha tre nipoti.
«Hanno 7, 6 e 3 anni, sono fantastici, ci gioco in piscina dove sono alleggerito dall’acqua, come dice la famosa legge: un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso verso l’alto... Fuori dall’acqua, quando c’è da corrergli dietro cerco di defilarmi e ventilo l’ipotesi di un gioco da tavolo».

Recentemente ha detto: «Con l’età sei pieno di ricordi e di malinconie».
«La malinconia ti viene soprattutto se hai fatto una vita come la mia, fantastica, piena di allegria, divertimento, bontà, amici, sentimenti. Io sono anziano, ormai basta pensare a tutto quello che è stato e un po’ di malinconia viene. È come portare via i bambini dalla giostra e dire: “Ora andiamo a casa a fare i compiti”».

Cosa la lascia più malinconico?
«Oltre al Milan?».

Non le piace il nuovo allenatore Paulo Fonseca?
«È la società che non mi piace, non posso accettare che mandino via Stefano Pioli per prendere Fonseca, alla fine il Milan era una squadra che andava bene, la scorsa stagione siamo arrivati secondi».

E a parte il Milan?
«Io sono sempre ottimista, se non guardo la realtà. Nel mio mestiere ho sempre preferito la commedia, la parte brillante, scrivere e dire una battuta. Poi se vedi il telegiornale, entri in contatto con l’esterno e tutto diventa drammatico».

E cosa invece le fa tornare il buonumore?
«Sicuramente i miei amici, i miei figli e “I Simpson”!».

Come vede l’Italia del 2024: da ridere o da piangere?
«Dire che mi viene da piangere sarebbe banale, e lo stesso se dicessi da ridere. Io non sono immalinconito da quel che succede in Italia, ma dal motivo per cui succede».

E il motivo qual è?
«Un forte egoismo generale, una mancanza di lungimiranza. Non si possono non vedere i problemi. Non puoi aspettare che un fiume esondi per ripulirlo o che l’acqua finisca e solo dopo aggiustare le tubazioni, non puoi fare un ponte prima che ci siano strade e ospedali dall’altra parte!».

La sua reazione?
«Se fossi uno senza figli, se fossi come il protagonista del film, direi: “Ma chi se ne frega!”. Ma ho figli, famiglia e amici e, per fortuna, ancora voglia e gioia di vivere, e mi interessa».

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