Alessandro Gassmann presenta «Il premio», la divertente commedia di cui è anche regista

«Voi lo sapete chi era Milone di Crotone?». «Era uno dei tormentoni di mio padre Vittorio» dice l’attore. «Vulcanico e stravagante come il protagonista del mio film»

Alessandro Gassmann
7 Dicembre 2017 alle 09:10

Un tipo originale che ha seminato amori e bambini nel mondo. Gli chiedono: «Quello è figlio suo?» e lui: «Ci sono delle probabilità». Ed è capace di comprarsi una mucca solo per bere un bicchiere di latte. Questo è Giovanni Passamonte, il protagonista di «Il premio» di Alessandro Gassmann. A dargli volto è un sulfureo Gigi Proietti, «il miglior attore che abbiamo oggi in Italia» assicura Gassmann. «Tanto che per me il vero premio è stato poter recitare con lui».

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Alessandro, come è nato questo film?
«È la storia di un grande scrittore che, partito con i figli per ritirare il Nobel, riscopre il rapporto con la sua famiglia. Il film gioca molto sul contrasto tra il personaggio di Proietti, un genio vulcanico e anticonformista, e il figlio Oreste, un “bravo ragazzo” che fatica a capirlo, interpretato da me. Inutile negarlo, mi sono ispirato alla mia famiglia e al rapporto con papà Vittorio. Al tempo stesso, ho voluto che il protagonista fosse uno scrittore e non un attore, per sottolineare che si tratta di una storia inventata».

Ha preso qualche spunto preciso dalla vostra vita quotidiana?
«Piccole cose qua e là. Per esempio il fatto che papà non avesse mai carte di credito: le considerava volgari. Così nei lunghi viaggi si portava dietro una valigetta di contanti, e più di una volta abbiamo rischiato l’arresto... Anche il terrore dei bagni pubblici è una cosa sua: li considerava “ricettacoli di germi”. E poi quel gusto di fare citazioni colte e usare paroloni per prendere in giro chi colto non è. Io ero sempre lì a chiedergli: “Papà, ma chi era Milone di Crotone? E che significa psicopompo?” .

Non dev’essere facile crescere con un padre così celebre...
«I vantaggi superano gli svantaggi. Però ci sono anche questi ultimi. Come il non sentirsi mai soddisfatti di sé, perché l’esempio paterno è insuperabile. O l’insicurezza di non sapere se ti amano perché sei tu, o perché sei il figlio di...  Cose che ho messo nel personaggio di Oreste. E poi non dimentichiamoci che papà era pure molto competitivo! Quando ho cominciato a batterlo a tennis, ci sono dovuto andare piano, gli lasciavo sempre qualche gioco in più. Vedevo che soffriva troppo».

Oggi le parti si sono invertite. È lei il papà famoso. Come si regola con suo figlio?
«Lo porto poco sul set, cerco di proteggerlo dal caotico mondo del cinema. Anche se poi, a dire il vero, io sui set di papà mi divertivo moltissimo. A 5 anni ero assolutamente convinto che lui fosse davvero Brancaleone».

A sua volta anche Oreste, il suo personaggio nel film, ha un figlio...
«Sì. Di lui dice che “suona la chitarra e lavora al computer, insomma un modo come un altro per non fare un...” Il viaggio sarà l’occasione per riscoprirlo».

Il sottotitolo de «Il premio» è: «Non basta vincerlo, devi anche ritirarlo». Una frecciatina a Bob Dylan?
«No, perché quando è arrivato il tira e molla del “Ma Bob lo ritira o no il Nobel?”, noi avevamo già scritto la sceneggiatura».

E ora che farà?
«Fino a marzo sarò a Napoli per girare i sei episodi della seconda serie di “I bastardi di Pizzofalcone”».

Un’ultima cosa: ma lei, nella vita reale, l’ha mai fatto un viaggio come quello del film con suo padre Vittorio?
«Purtroppo no, mi sarebbe piaciuto tanto, ma negli ultimi anni della sua vita papà aveva problemi di salute e lottava contro la depressione. In qualche modo, però, lo abbiamo fatto attraverso il film. Anche questa è la magia del cinema».

P.S. Ci siamo informati. Milone di Crotone uno dei più grandi atleti dell’antichità, sette volte vincitore alle Olimpiadi. E lo psicopompo, nel mito greco, era colui che accompagnava le anime nell’aldilà.

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