“Come un gatto in tangenziale 2”, a Coccia di morto l’amore è democratico

Nella sale dal 26 agosto tornano Paola Cortellesi e Antonio Albanese, e nel cast c’è Luca Argentero che fa il prete

Antonio Albanese e Paola Cortellesi in "Come un gatto in tangenziale - Ritorno a Coccia di Morto"  Credit: © Vision Distribution
24 Agosto 2021 alle 09:00

La loro storia doveva durare quanto “un gatto in tangenziale”. O almeno così sembrava alla fine del primo film. Ora però scopriamo che i destini della coattissima Monica (Paola Cortellesi) e del sensibile e colto Giovanni (Antonio Albanese), appartenenti a quartieri e classi sociali lontanissimi, torneranno a incrociarsi in “Come un gatto in tangenziale 2 - Ritorno a Coccia di morto” (per capirci: Coccia di morto è la spiaggia economica, affollata e caotica prediletta da Monica, mentre Giovanni preferisce l’esclusiva e costosa Capalbio).

Il merito è di don Davide, un prete «tanto bello quanto pio» che ha il volto di Luca Argentero. Anzi no: «Il merito è soprattutto della galera» chiarisce senza mezzi termini Paola. È lì, infatti, che finisce il suo personaggio, che poi viene liberato e messo in prova ai lavori sociali, ma solo a patto che qualcuno garantisca per lei. E chi sarà mai questo qualcuno se non il candido Giovanni? Gli eroi della commedia-rivelazione del 2017 (tre Nastri d’Argento e oltre 10 milioni di euro di incasso) tornano in questo seguito, “rafforzati” da Luca Argentero. E allora è il momento di capire qualcosa di più della loro strana relazione...

Albanese, ci spieghi: ma che cosa ci trova il suo Giovanni in quella “truzza” di Monica?

Antonio Albanese: «Ingenuità. Semplicità. Onestà. Insomma, lei è vera. Non è imprigionata come lui in una serie infinita di regole e convenzioni. Poi certo, su alcuni dettagli della filosofia di Monica, come quello che “bisogna mena’ per primi”, ha ancora qualche perplessità».

Paola Cortellesi: «Di sicuro Giovanni frequenta un mondo più profondo dal punto di vista culturale. Ma anche molto dipendente dalle apparenze. Vogliamo dirlo? Un po’ falso. Lei invece è pura. Anche se gira con la mazza da baseball».

E che cosa ci trova Monica in Giovanni?

Paola: «Trova stimoli che nessuno le ha mai dato. Giovanni la fa crescere; lei non se ne rende conto, e non saprebbe fare un’analisi precisa, ma lo sente. Perché, per usare le parole di Monica, Giovanni “c’ha na capoccia che je fuma!”».

E poi a rimescolare le carte arriva un prete «tanto bello quanto pio» che sfoggia persino un tatuaggio mistico sul petto...

Luca Argentero: «Sì, il mio don Davide. Il regista Riccardo Milani me lo ha presen tato così: “È bello ed è una specie di Che Guevara della Chiesa”. Si occupa davvero degli ultimi, tanto che Giovanni diventa pure un po’ geloso. Perché se lui fa progetti a lungo termine per portare la cultura tra le persone della periferia, l’altro le aiuta tutti i giorni ed è pronto anche a rischiare di suo. Si fa pure denunciare!».

La comicità del film si basa sullo scontro, che poi diventa abbraccio, tra élite e periferia. Ma nella realtà può accadere?

Paola: «Succede poco, ma dovrebbe succedere di più. Il nostro è un invito, il film in pratica dice: “Aò, e parlateve”!».

Antonio: «Io ci credo. Dopo l’uscita del primo film ho visto borse con su scritto: “Capalbio gemellata con Coccia di morto!”. Perché sotto la patina dei costumi o dei privilegi, ci assomigliamo tutti. E i problemi si possono risolvere solo insieme. Lo abbiamo visto con la pandemia, no? Non è che a Coccia di morto c’è il virus e a Capalbio no...».

Ma voi vi sentite più Capalbio o più Coccia di morto?

Paola: «Ah io sono 90% borgata. Sono cresciuta a Massimina, zona Roma ovest. Un posto tranquillo, per carità, ma certo non è il centro. Niente teatro, niente cinema di quartiere...».

Antonio: «Io sono sempre stato un po’ in mezzo. Vengo da una famiglia di estrazione operaia ma la mia fortuna è che sono curioso. E a Bastogi ho trovato tanta umanità».

Bastogi è il quartiere di Roma dove vive Monica, e diversi suoi abitanti appaiono davvero nel film come comparse. Come è stato tornarci?

Paola: «Divertente, perché si vedeva il cambiamento. Durante le riprese del primo episodio ci guardavano con curiosità ma anche con sospetto, del tipo: “Che vogliono questi?”. Adesso abbiamo trovato entusiasmo: sembrano attori consumati».

E preti come don Davide si trovano davvero in queste periferie?

Luca: «Eccome. Io stesso li ho incontrati grazie a “1 caffè” (la onlus di cui Argentero è vicepresidente, ndr), che si occupa di sostenere e dare visibilità alle piccole associazioni che operano nel sociale».

Antonio: «Io giorni fa ero a Lecco con don Antonio che con il suo impegno ha inaugurato un cinema-teatro gestito dall’oratorio...».

La scena più divertente da girare?

Paola: «Mi fa morire quella in cui Giovanni riaccompagna Monica a Bastogi dopo averla fatta uscire di prigione, e trova il quartiere che festeggia, con gli striscioni con scritto: “Scarcerata!”. Alla faccia della privacy... E lui invece di essere contento è terrorizzato».

E questa estate? Anche voi a Coccia di morto?

Antonio: «Grazie, ma io il mare l’ho già fatto. Adesso me ne starò un po’ in montagna, tra la Valtellina e il Cadore, a raccogliere funghi. È una cosa che mi rilassa ed emoziona insieme. Ultimamente è piovuto, spero in tanti bei porcini».

Luca: «Io sono impegnato sul set della nuova serie di “Doc”, ma riuscirò a ritagliarmi un paio di settimane in Sicilia. E poi, visto che vivo in campagna, mi godo casa mia».

Paola: «Io faccio un po’ di mare in Sardegna e un po’ di montagna in Abruzzo, quindi niente set. Mia figlia ha 8 anni ed è giusto che si diverta con la sua mamma».

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