“Dogman”: la straziante favola nera di Matteo Garrone

Ispirato alla storia vera del Canaro della Magliana, è un film esistenzialista che vi lascerà sopraffatti dall'inquietudine

11 Gennaio 2020 alle 15:37

Il primo piano di un pitbull che ringhia. È al guinzaglio. Pensiamo subito che gli stia accadendo qualcosa di brutto. E invece no. Perché nonostante le polemiche social di questi giorni, tutto si può dire sulla violenza in «Dogman», fuorché riguardi gli animali. Anzi, è proprio grazie agli amici a quattro zampe che ogni tanto si tira il fiato in questa storia sull’inesorabile malinconia del genere umano.

Dal micro al macro: Garrone allarga il campo e ci fa conoscere il suo protagonista. Marcello - un eccezionale e fisicamente perfetto Marcello Fonte - è un uomo buono, che adora lavorare al suo salone di toelettatura per cani e che ha il sogno di regalare alla figlia, con cui ha un rapporto speciale, una vacanza al mare.

Altro zoom out: il regista ci mostra il contesto in cui è calato questo uomo piccolo e mite. Siamo in una spettrale cittadina sul mare - fuori Roma, anche se Garrone non lo svela, come a dire che può accadere ovunque - dove di fianco al negozio Dogman di Marcello ci sono solo un Compro Oro, una trattoria e una sala giochi. Un luogo-non luogo che assomiglia volutamente a un villaggio western, in cui la violenza s’insinua attraverso il degrado, ma diventa insopportabile a causa della forza bruta e imprevedibile di Simoncino - Edoardo Pesce - un ex pugile tossico che terrorizza il quartiere e nei confronti del quale la sudditanza di Marcello è sia fisica che psichica.

Presentato in concorso al Festival di Cannes 2018 (Palma d'Oro a Marcello Fonte come miglior attore) e vincitore di ben otto Nastri d'Argento, «Dogman» è un ritratto cupo e straziante sull’esistenza umana, un film che parte da un fatto di cronaca per raccontare dilemmi universali sulle nostre scelte di vita.

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