Da Martin Scorsese a James Franco, passando per gli alieni di Denis Villeneuve e la commedia con Sergio Castellitto e Margherita Buy

Gennaio è il mese perfetto per andare al cinema, forse il migliore di tutto l'anno.
Dopo le infinite cene all'ingrasso e le vacanze per rilassarsi e dimenticare temporaneamente gli impegni lavorativi, a salutare il nuovo anno arriva, come sempre, un lunga lista di film in uscita fatti apposta per allietare le nostre serate e impreziosire con un po' di buon cinema i discorsi al bar con le amiche e gli amici.
Per questo gennaio 2017 i titoli sono davvero tanti: alcuni in uscita per il grande pubblico prevedendo (o sperando) in qualche candidatura all'Oscar, come «Collateral Beauty» con Will Smith, o «Silence» di Martin Scorsese; altri, anche italiani, sono in uscita per battere cassa dopo il meritato successo ottenuto nei vari Festival 2016, come l'ottimo «Arrival» di Denis Villeneuve, ma anche il meno conosciuto e comunque bello «Dopo l'amore», con Berenice Bejo.
Abbiamo selezionati 10 film da vedere al cinema a gennaio 2017, in modo che non siate troppo indecisi sul cosa guardare (ci sono anche segnalate le date di uscita):

Il cliente, di Asghar Farhadi (dal 5 gennaio)
A cinque anni dall'enorme successo di «Una separazione» -Orso d'Oro a Berlino, Oscar come miglior film straniero e certamente uno dei film più importanti degli anni Duemila- e dopo l'approdo nel Cinema europeo nel 2013 con «Il passato», il maestro Asghar Farhadi torna nel suo Iran e, ispirandosi all'opera di Arthur Miller «Morte di un commesso viaggiatore» (messa in scena dalla coppia protagonista del film) gira questo «Il Cliente», film assolutamente in linea con la sua produzione precedente sia per i modi e lo stile, sia per gli elementi narrativi in gioco. Al centro della scena ci sono Emad e Rana, marito e moglie e colleghi-attori, i quali si trovano costretti a lasciare la loro casa per colpa di un cedimento del terreno che sta mettendo in pericolo la sicurezza dell'intero condominio. Ma nel nuovo appartamento sembra proprio che ci sia qualcosa di strano, e una sera, quando il marito non c'è, un uomo sconosciuto si presenta in casa dei due: la donna verrà trovata svenuta e con segni di violenze; ma cosa è successo? Presentato al Festival di Cannes di quest'anno, ha vinto il Premio per il migliore attore (Shahab Hosseini) e la miglior sceneggiatura.

Collateral Beauty, di David Frankel (dal 5 gennaio)
Howard, un discretamente affermato pubblicitario di New York (Will Smith), vede la sua vita crollargli addosso dopo un tragico evento (che non vi sveliamo). Da questo momento in poi, sull'orlo della depressione, l'uomo inizierà ad avere comportamenti strani, passando il suo tempo a scrivere preoccupanti lettere a entità astratte come il tempo, la morte e l'amore. Saranno i suoi colleghi a tentare di salvarlo da se stesso, architettando un piano del tutto singolare che avrà conseguenze impreviste. Oltre a un buon Will Smith, nel cast anche Keira Knightley, Edward Norton e la pluripremiata Helen Mirren, che oltre all'Oscar come miglior attrice del 2006 (per «The Queen»), è anche una delle quattro donne ad aver vinto il Prix d'interprétation féminine per due volte. David Frankel, il regista, è noto per sapersi muovere abilmente nel campo della commedia, come in quella del dramma; in questo caso, siamo certamente nella seconda categoria.

Silence, di Martin Scorsese (dal 12 gennaio)
Forse il più atteso degli ultimi mesi, «Silence» è un film che Martin Scorsese ha in mente da diversi anni, e che, fortunatamente per tutti noi, ha finalmente girato. L'ispirazione deriva dal libro Silenzio, del giapponese Shūsaku Endō, che racconta le persecuzioni subite dai cristiani nel Giappone del 1600, sotto il potere della famiglia Tokugawa. Insieme all'amico e co-sceneggiatore Jay Cocks (con cui Scorsese aveva già lavorato in «Gangs of New York»), il regista mette in scena la storia di tre missionari gesuiti alle prese con quel regime violento e drammaticamente spietato nei confronti dei cristiani. Protagonista del dramma, che dura due ore e mezzo abbondanti, un terzetto inedito (e davvero interessante), composto da Liam Neeson, Andrew Garfield e Adam Driver. L'impressione è che ne sentiremo parlare parecchio anche in sede di Oscar 2017 (e non solo per la regia).

The Founder, di John Lee Hancock (dal 12 gennaio)
L'ormai amatissimo Michael Keaton torna protagonista dopo il suo definitivo rilancio con il collezionista di Oscar «Birdman» e nell'altrettanto bello «Il caso Spotlight»; anche questa volta, come nel citato film di Tom McCarthy, si tratta di una storia vera, che ci mostra come il signor Ray Kroc, tra gli Anni '50 e '60, ebbe l'intuizione della sua vita, passando dall'essere un semplice (per quanto affermato) venditore di frullatori, al creare la più grande catena di fast food del pianeta: Mc Donald's. Tutto inizia quando Ray, già cinquantaduenne, si ritrova a piazzare otto frullatori nel medesimo ristorante, capendo che il principio della catena di montaggio può essere applicato anche al mondo della ristorazione. Qualsiasi cosa si pensi di Mc Donald's, stiamo naturalmente parlando di un personaggio rivoluzionario, come fu Henry Ford per l'industria automobilistica (ma non solo). Un film sull'America e sul sogno americano fatto realtà, ma anche su quello a cui un uomo deve rinunciare per raggiungerlo.

Proprio lui?, di John Hamburg (dal 26 gennaio)
Commedia che si preannuncia brillante e scapestrata, scritta e diretta dal regista di «...e adesso arriva Polly», che per inciso è anche lo sceneggiatore dei due «Zoolander», «Mi presenti i tuoi» e «I Love You, Man». A fare da mattatore guastafeste è James Franco, nei panni del ragazzaccio Laird, fidanzato e convivente di Stephanie (Zoey Deutch), la quale ha avuto la pessima idea di invitare i suoi a casa per le vacanze: infelice suggestione, perché il padre di lei, Ned (un ottimo Bryan Cranston), è un uomo iperprotettivo e preoccupatissimo per il futuro della figlia, ma Laird è un fidanzato del tutto particolare, perché seppur ricchissimo, benintenzionato e pazzamente innamorato di Stephanie, è socialmente insopportabile e incircolabile agli occhi del povero genitore, a causa dei suoi modi rozzi e delle sue teorie strampalate sul mondo e sulla vita. Ne nascerà una guerra psicologica in cui il pover signor Ned finirà sull'orlo di una crisi di nervi, specie quando verrà a scoprire che il giovane ha progetti molto ambiziosi per l'immediato futuro della sua relazione (e che quindi non sarà così facile toglierselo dai piedi).

Arrival, di Denis Villeneuve (dal 19 gennaio)
Film-caso dell'ultimo Festival di Venezia, diretto dal sempre più bravo e già oscarizzato (come miglior film straniero per «La donna che canta») Denis Villeneuve, regista ci ri-porta in quel mondo che viene definito 'fantascienza umana', ovvero quel filone di film che partendo da un intervento esterno al pianeta Terra come l'arrivo degli alieni, approfitta della situazione per indagare ciò che vive dentro del nostro mondo, nel profondo dell'umano (come fece Kubrik, ma come avviene anche in film come «Stalker» e «Solaris»). Louise (Amy Adams, bravissima) è una linguista chiamata a tentare di stabilire il contatto comunicativo con alcune navicelle spaziali di forma ovale che sono atterrate qua e là sulla terra, e ci riuscirà; il mondo, come spesso avviene quando c'è di mezzo qualcosa di estraneo (o straniero), si dividerà tra chi crede sia opportuno annientare quegli esseri sgraditi e chi, al contrario, cercherà di provare ad instaurare un rapporto costruttivo. Che succederà? Come impatterà sul subconscio della povera Louise l'incontro con l'infinito? Bel prodotto questo «Arrival», assolutamente da vedere. Attenzione anche a Forest Whitaker nei panni del colonnello.

Loving, di Jeff Nichols (dal 19 gennaio)
Nulla a che vedere con gli «All my loving» della canzone dei Beatles, perché in questo caso la parola che dà il nome al titolo del film è un nome, anzi, un cognome, quello che anno condiviso Richard e Mildred (rispettivamente Joel Edgerton e Ruth Negga) con il loro matrimonio; peccato che la loro unione, essendo lei afroamericana e lui biondo di pelle bianca, non fosse considerata legale nella Virginia del 1958 e, di conseguenza, i due furono arrestati. Usiamo il passato remoto perché si tratta di una storia vera, di una triste storia di esilio da cui partì una lotta legale durata ben nove anni (la famosa 'Loving contro Virginia') e che infine diede ragione alla coppia, dopo che la Corte Suprema dichiarò l'incostituzionalità della legge anti-matrimoni misti (essendo in contraddizione con il quattordicesimo emendamento). A dirigere l'orchestra Jeff Nichols, che come sempre ama raccontare le sue storia senza esaltare i toni eroistici dei suoi personaggi, ma anzi concentrandosi sulla loro vita privata, sui loro dubbi. Di questo regista è doveroso segnalarvi (almeno) anche «Mud» e «Take Shelter», due film bellissimi di un bravo autore, classe 1978, che pur non essendo sotto i grandi riflettori ha molto da dire al Cinema (e infatti, lontano dai pop-corn dei multisala moderni, ha ormai molta dimestichezza con i Festival più importanti del mondo, come quello di Cannes).

Dopo l'amore, di Joachim LaFosse (dal 19 gennaio)
Cosa succede in una coppia quando finisce l'amore? E se, per puro caso, ci fossero anche due figlie di mezzo? Marie (Berenice Bejo) e Boris (Cédric Kahn) lo scoprono a loro spese, quando il loro rapporto si rivela essere ormai un fallimento e tante piccole problematiche sentimentali, economiche e pratiche prendono il posto di quella che una volta fu la loro felice vita coniugale, ormai evidentemente terminata. La casa, tanto per dirne una, l'ha pagata lei (donna facoltosa), ma l'ha ristrutturata lui (senza un lavoro fisso), ed ecco che i due si trovano separati-in-casa, bendisposti, ma sempre di malumore, esasperati dalla presenza dell'altro, ma legati dalle due (loro) figlie gemelle. Il regista Joachim LaFosse, che è belga e non francese, ha una buona mano, rapida- e fresca, cosa che gli permette di mantenere un buon ritmo, nonostante il tema non sia dei più facili da maneggiare (anche perché di film sull'amore e sulla fine dell'amore ce ne sono già molti). «Dopo l'amore» è un film che inspiegabilmente passò quasi inosservato da Cannes qualche mese fa, per poi essere abilmente riproposto e rilanciato dal nostro sempre attento Torino Film Festival, durante il quale ha ricevuto numerosi apprezzamenti.

Piccoli crimini coniugali, di Alex Infascelli (dal 26 gennaio)
L'opera omonima da cui è tratto il film, scritto dal drammaturgo francese Éric-Emmanuel Schmitt nel 2003, ha avuto un discreto successo in libreria e nei teatri (anche italiani), dividendo il pubblico in reazioni differenti a seconda dell'età, tra chi lo ha ritenuto troppo pessimista, e chi invece lo ha trovato garbatamente spassoso. Ad avere l'onere e l'onore di tradurne le immagini in film, è il regista Alex Infascelli, che qualcuno di voi ricorderà per quando, da più giovane, si presentò al Festival di Cannes del 2001 con «Almost Blue» (grazie al quale vinse diversi premi quale regista esordiente). Nel ruolo dei protagonisti due mostri sacri del Cinema italiano come Margherita Buy e Sergio Castellitto, che vedremo onnipresenti sulla scena di questa commedia nera che indaga i lati più ambigui e profondi della relazione matrimoniale.

La La Land, di Damien Chazelle (dal 26 gennaio)
Il coraggioso Damien Chazelle, appena trentenne, prova questo espirimento davvero interessante, forte del grande successo ottenuto con il suo ultimo «Whiplash» (tre premi Oscar due edizioni or sono): si tratta della riesumazione del classico musical hollywoodiano iniziato negli Anni '30 (da Fred Astaire, Gene Kelly e soci), ovviamente aggiornato ai temi e alle tecniche narrative dei giorni nostri. Con una protagonista coppia d'eccezione (Emma Stone e Ryan Gosling), il film parla principalmete della difficoltà di emergere nel mondo del Cinema hollywoodiano, oltre che di amore: lui è un pianista jazz nel pieno del declino del suo genere (e Gosling il piano lo suona davvero), lei è una cameriera aspirante attrice con grandi difficoltà a ottenere le parti per cui si candida. Bella la musica, piacevolmente sorprendenti gli attori, soprattutto per chi non li avesse mai visti ballare o cantare. Certamente nel corso della Notte degli Oscar ne sentiremo parlare, male che vada anche solo per la categoria riservata alle colonne sonore (ma nelle varie cinquine ci sarà certamente anche qualcosa in più).