Si può ridere di Hitler e dei nazisti: ce l’hanno dimostrato Charlie Chaplin e Roberto Benigni e ora ci prova anche il neozelandese Taika Waititi - il regista di “Thor: Ragnarok” - nel suo nuovo film, “Jojo Rabbit”.
Presentato al Toronto International Film Festival, dove ha vinto il premio del pubblico (un riconoscimento che in genere anticipa importanti nomination agli Oscar), sarà film d’apertura al Torino Film Festival (dal 22 al 30 novembre) prima di arrivare in sala il 23 gennaio.
Trama e trailer
Siamo a Falkenheim, immaginaria cittadina sotto il dominio nazista, nei mesi finali della Seconda guerra mondiale. Jojo Betzler (Roman Griffin Davis) ha dieci anni, è appena entrato nella Gioventù Hitleriana e non vede l’ora di dimostrare di essere un bravo nazista e rendere orgoglioso il suo idolo, Hitler (che è anche il suo amico immaginario).
Dopo che un incidente al campo di addestramento distrugge i suoi sogni di gloria e lo costringe a trascorrere più tempo a casa, fa una inaspettata scoperta: sua madre Rosie (Scarlett Johansson) sta nascondendo una giovane ebrea, Elsa (Thomasin McKenzie), in un ripostiglio segreto. Jojo allora decide di conoscerla meglio e la loro amicizia lo aiuterà a superare i pregiudizi con cui è stato indottrinato dalla propaganda nazista.
Cast e personaggi
A interpretare l’Hitler immaginario che fa da spalla a Jojo è lo stesso regista, Taika Waititi, che porta in scena una versione incredibilmente caricaturale del Fuhrer: è infantile, capriccioso e tendenzialmente ridicolo, sbeffeggiato dai suoi stessi modi di fare. Anche i soldati nazisti con cui Jojo interagisce sono delle caricature che è impossibile prendere sul serio: Sam Rockwell, Alfie Allen e Rebel Wilson interpretano rispettivamente un capitano, il suo secondo e un’istruttrice del campo della Gioventù Hitleriana incompetenti, dei personaggi fantozziani che sembrano usciti dal teatro dell’assurdo.
Più spessore e profondità psicologica hanno invece i personaggi “buoni”, quelli con cui Waititi vuole farci empatizzare e sentire vicini in questa sua commedia contro l’odio: Rosie (interpretata da Scarlett Johansson) ed Elsa (Thomasin McKenzie) non sono banali caricature ma veri esseri umani. La prima è una madre che fa tutto ciò che è in suo potere per andare contro il regime, la seconda è una ragazza spaventata ma coraggiosa e con molta più dignità rispetto a quella mostrata dai nazisti-caricature.
Il libro
“Jojo Rabbit” non è una storia del tutto originale. Il film infatti è liberamente ispirato al libro “Il cielo in gabbia” di Christine Leunens, pubblicato per la prima volta nel 2004 e in uscita in Italia il 21 novembre (edizioni SEM, 18 euro).
Taika Waititi si è preso molte libertà nel mettere in scena la storia di Johannes/Jojo: l’aspetto più spiccatamente umoristico è del tutto assente nel romanzo, in cui il protagonista non ha Hitler come amico immaginario e i nazisti non sono personaggi assurdi e sopra le righe messi in ridicolo dal loro stesso atteggiamento. Al tempo stesso, il romanzo offre un’analisi più accurata del potere della propaganda, mostrando come Johannes diventi in fretta un fiero portavoce dell’ideologia nazista (almeno finché non inizia a notarne l’ipocrisia di fondo).
In “Il cielo in gabbia” abbiamo modo di seguire attraverso gli occhi di Johannes l’ascesa di Hitler e del nazismo, mentre il film è ambientato sul finire della guerra. Anche nel libro però Johannes inizia a ragionare e ad allontanarsi dall’ideologia nazista grazie alla conoscenza con Elsa, ebrea amica della sorella maggiore (morta di diabete alcuni anni prima) che i genitori del bambino stanno nascondendo in casa.
Una satira anti-odio
«I bambini non odiano dalla nascita, gli viene insegnato» ha detto Taika Waititi. E infatti a inizio film Jojo è il prodotto perfetto della propaganda nazista: vede Hitler come un eroe, sogna di combattere per la Germania e non fatica a credere che gli ebrei siano in combutta con il demonio e che siano inferiori ai tedeschi. È strano scegliere un nazista come protagonista con cui empatizzare ed entrare in sintonia, ma Waititi ha deciso di raccontare questa storia dal punto di vista di Jojo - narratore in prima persona nel libro - proprio perché, attraverso l’evoluzione del suo rapporto con Elsa, voleva mostrare come l’amore e la compassione siano il miglior antidoto all’odio e l’intolleranza.
Sì, è un messaggio decisamente ingenuo e troppo semplicistico, addirittura un po’ banale, ma anche senza essere un capolavoro “Jojo Rabbit” resta un film divertente e in un paio di momenti toccante, in cui Waititi ha messo un pezzo di cuore. Figlio di madre ebrea e padre maori, ha vissuto pregiudizi e razzismo sulla sua pelle, e per lui «girare “Jojo Rabbit” è stato un promemoria per ricordare che, specialmente adesso, dobbiamo educare i nostri figli alla tolleranza e continuare a ricordare a noi stessi che nel mondo non c’è spazio per l’odio».