Mostri a non finire in arrivo dal sottosuolo e da altri universi: niente che non si possa risolvere con un pugno rotante ben piazzato
Il primo robottone non si scorda mai. Da noi in Italia è stato battuto sul tempo da Goldrake, che per una questione distributiva è arrivato per primo dal Lontano Oriente, ma il primato resta suo: stiamo parlando di Mazinga Z, la torreggiante macchina da guerra che ha difeso la Terra dall’invasione di cyborg creati dall’antica civiltà micenea. Che ora, a distanza di anni, arriva al cinema con «Mazinga Z Infinity».
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La trama
Dopo quasi trent’anni dalla prima messa in onda in Italia, Mazinga Z ritorna nel nostro paese sbarcando nei cinema con un esplosivo lungometraggio. Il protagonista è il pilota del Mazinga originale, Koji Kabuto: ora ha messo la testa a posto ed è diventato un rispettabile scienziato. La minaccia del Dottor Inferno sembra morta e sepolta, ma un misterioso ritrovamento sotto il monte Fuji rimette tutto in gioco. I suoi nemici attaccano la Terra arrivando da un universo parallelo e Kabuto deve risalire a bordo di Mazinga per suonargliele di santa ragione, in modo da cacciarli definitivamente dal nostro mondo.
Il Trailer
Perché vederlo
Mazinga Z Infinity è un omaggio alla passione per il mito dei robottoni giapponesi, dedicato a tutti i trentenni e quarantenni che negli anni ’80 pendevano dalle labbra di Go Nogai, l’autore giapponese che ha inventato non solo Mazinga, ma anche altri mostri sacri come Goldrake, Getter e Devil Man. Nell’ora e mezza di «Mazinga Z Infinity», vedrete per metà tempo giganteschi robot picchiarsi come giganteschi samurai wrestler, lanciandosi attacchi e contromosse in perfetto stile robot anni ’80. Arriva una mega ruotona piena di spuntoni? Mazinga apre in due il braccio e lancia una valanga di missili dal gomito monco. Il nemico fa apparire una frusta lunga come la Milano-Venezia? Nessun problema, Kabuto risponde con un doppio boomerang grande come un’area di servizio. C’è anche spazio per l’evoluzione tecnologica più recente: a un certo punto, Boss (lo squinternato robot costruito dagli amici di Kabuto che fa un po’ da parentesi comica tra un duello e l’altro) usa una stampante 3D per creare dei palloni da calcio esplosivi. Duelli sopra le righe, velocissimi al punto da lasciare quasi stordito lo spettatore, combattimenti dove non c'è molto interesse per il "realismo" ma solo tanta voglia di divertirsi in modo spensierato alla “lotta tra robot” proprio come succedeva 30 anni fa.
L’altra metà del tempo è dedicata ai personaggi: non vogliamo spoilerarvi nulla, ovviamente, ma Kabuto e la sua banda si sono fatti grandi (nel mondo di Mazinga sono passati oltre dieci anni) quindi ora pensano trovare un lavoro serio o a metter su famiglia. C’è pure una tematica “ecologista”, anche se solo abbozzata ma che ci ha fatto riflettere sull’impatto del disastro di Fukoshima sulla mentalità giapponese.
Le due metà del film quando vengono a contatto stridono un po’, a nostro giudizio, perché la prima è una corsa pazza a base di combattimenti tra titani di acciaio e demoni provenienti dal sottosuolo, l’altra ha toni da commedia “seria”. D’altra parte, se l’obiettivo degli autori era toccare le tematiche da nerd trenta/quarantenni, c’è da dire che hanno fatto pieno centro: chi è cresciuto a pane e insalate di matematica ascoltando le sigle dei cartoni giapponesi registrate su cassetta, non potrà che vedersi riflesso in Kabuto, diviso tra la sua voglia di salire su Mazinga per distribuire pugni rotanti ai demoni del sottosuolo e la vita da adulto che lo tira per il collo della camicia.