«Ready Player One»: nel futuro rivivremo i mitici Anni 80

Un mondo virtuale pieno di meraviglie, questa è la condizione in cui vivrà presto gran parte dell’umanità, secondo l’inquietante scenario tratteggiato nel nuovo film di Steven Spielberg

Ready Player One
28 Marzo 2018 alle 13:58

Se doveste passare le vostre giornate in una miserabile baraccopoli oppure in un mondo virtuale pieno di meraviglie, cosa scegliereste? Probabilmente la seconda opzione. Questa è la condizione in cui vivrà presto gran parte dell’umanità, secondo l’inquietante scenario tratteggiato nel nuovo film di Steven Spielberg «Ready player one».

Con un tocco sorprendente: l’immaginario del futuro sarà zeppo di riferimenti ai mitici Anni 80! Ma perché? Forse perché quel decennio ha segnato anche la consacrazione del grande regista (da «E.T. l’extraterrestre» alla saga di Indiana Jones)? No. Il fatto è che gran parte della storia si svolge nell’universo virtuale di Oasis, creato da una specie di novello Steve Jobs, l’inventore James Halliday (magistralmente interpretato dal premio Oscar Mark Rylance). E Halliday è cresciuto negli Anni 80 e da lì provengono innumerevoli spunti per la sua creazione. I più curiosi ve li mostriamo qui sotto: gli altri potrete divertirvi a scovarli mentre guardate il film.

Un film che, in questo modo, si rivolge ad almeno due pubblici: quello di chi è cresciuto allora (come Halliday) e quello dei giovanissimi. I protagonisti infatti sono tutti adolescenti, a cominciare da Wade (Tye Sheridan), che vive in una baraccopoli a Columbus. Per costruirla sono state impilate una sull’altra 60 roulotte... Il resto lo ha fatto il computer. Nel mondo reale Wade è timido, insicuro e imbranato, ma su Oasis si trasforma in Parzival, una sorta di cavaliere senza paura.

Spiega Spielberg: «Ogni film che ho prodotto o diretto negli Anni 80 ha avuto dei perdenti come eroi, e Wade è certamente un perdente e un emarginato. Per questo sogna di vincere la gara su Oasis». Del resto, anche i suoi amici sono virtuali. Dal gigantesco Aech, metà orco e metà macchina, all’affascinante Art3mis. «Ti stai innamorando? Attento, nella vita reale potrebbe essere un omone dalle braccia pelose» lo mette in guardia proprio Aech. E la scoperta delle identità reali che si nascondono dietro gli altri «avatar» porterà nuove sorprese...

Il film è un tripudio di immagini fantastiche create con una tecnica innovativa: «Per molte scene io e gli attori abbiamo semplicemente indossato un visore» racconta Spielberg «e poi  li ho diretti all’interno della realtà virtuale. Molto meglio che dover immaginare tutto! Avevo persino a disposizione delle “cineprese virtuali” che mi permettevano di scegliere qualsiasi punto di vista o movimento di macchina».

Le scene spettacolari non si contano, ma da questa «macchina del divertimento» emergono anche domande non banali su pregi e rischi della tecnologia. Fino a che punto si può barattare il mondo reale con uno immaginario? Che fine fanno le informazioni su di noi che riveliamo nel gioco? Chi può nascondersi dietro a un «avatar»? Domande a cui dovremo tutti trovare una risposta. Possibilmente prima del 2045, se non vogliamo finire nell’apocalittico mondo di «Ready player one».

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