Al cinema dal 29 maggio il musical che racconta la vita personale e artistica di una delle più grandi icone del pop
Andreste a una riunione degli Alcolisti anonimi con un costume piumato dotato di grandi ali multicolori e un casco da diavoletto con le corna? Probabilmente no. Ma voi, con tutto il rispetto, non siete Elton John. Anche quando deve disintossicarsi da alcol e droghe, la popstar inglese non può rinunciare a un minimo di “presenza scenica”...
E dalla spiritosa sequenza iniziale di “Rocketman” sgorga una girandola di ricordi e di canzoni per illustrare la sua vita, dall’infanzia (segnata dall’infelicissimo rapporto col padre militare) al successo universale.
Così il film, prodotto dallo stesso Elton John e presentato tra gli applausi al Festival di Cannes, conferma la nuova tendenza del cinema: un matrimonio con il pop sulla scia dei trionfi di “Bohemian Rhapsody”. Ma chiariamolo subito: “Rocketman” è molto diverso dalla pellicola su Freddie Mercury. Qui l’approccio è quello del musical, con le canzoni dell’artista utilizzate per raccontare la sua storia, a costo di prendersi molte libertà: «Ce ne siamo infischiati dell’ordine cronologico» ci spiega infatti il regista Dexter Fletcher. E aggiunge: «L’importante era usare le canzoni giuste per la scena giusta. E anche i costumi giusti...». Sì, perché visivamente il film, come in una folle sfilata, si diverte a ostentare gli stravaganti abiti tanto amati dall’artista, in un tripudio di piume e lustrini.
Nel ruolo del protagonista c’è Taron Egerton, che racconta: «Prima delle riprese sono andato a trovare Elton a casa sua per tre mesi, a volte tiravamo le tre di notte bevendo... qualcosina, e oggi siamo amici. A Cannes eravamo seduti a fianco ed è stata una sensazione indescrivibile vederlo commuoversi e piangere insieme a Bernie Taupin (il paroliere con cui John collabora da quando aveva 17 anni, interpretato nel film da Jamie Bell, ndr)».
Sì, ma Elton è anche produttore: ci sarà stata qualche intromissione? Cose tipo: “Questo non raccontatelo, su quell’altro non esagerate...». Il regista respinge l’insinuazione: «Niente di tutto ciò. Nessuno al mondo più di Elton sa quanto sia importante lasciare liberi gli autori, per mettere in scena un grande show».
E di grande show si tratta, in effetti: dagli scatenati balletti sulle note di “Crocodile rock” o “Goodbye yellow brick road” alla ricostruzione della Londra e della Los Angeles dei primi Anni 70. Con un moderato spazio per il momento della crisi, cominciato con la dipendenza da alcol e cocaina e culminato in un tentato suicidio, fino all’annunciato lieto fine.
Del resto, che Elton John oggi sia sobrio, vivo e vegeto e canti assieme a noi, lo sappiamo tutti. A cominciare da chi, a Cannes, lo ha visto scatenarsi su un palco insieme al suo alter ego Egerton per eseguire “(I’m gonna) Love me again”: è la canzone inedita che Sir John ha composto apposta per il film.