Dopo "Veloce come il vento" torna al cinema con una storia di vita e sport che ricorda molto la realtà...
Stefano, il campione del titolo è una bella testa calda, ma anche il professore non scherza.
«Eh già, ma in fondo chi non è strano, se lo guardi da vicino? Per me Valerio è un uomo che, dopo un grande dolore, si è chiuso in se stesso e si è come ritirato dal mondo. Infatti all’inizio del film non sa neppure chi sia Ferro. Per capirci: è come non sapere chi sia Ronaldo. Non amare il calcio ci sta, ma questo non è normale!».
Anche il giocatore è un bel mistero. A un certo punto il prof sbotta: «Ma non gliene frega niente a nessuno di questo ragazzo»? Davvero si può essere adorati da milioni di persone e, allo stesso tempo, abbandonati?
«Purtroppo molti esempi nel mondo dello sport, e non solo, ci insegnano che è proprio così. Del resto, cosa può succedere a un ragazzo di 18 anni che si trova all’improvviso al livello di una rockstar? E se non credete a me, potete credere a Francesco Totti».
Totti?
«Visto che tutto il film gira attorno al mondo calcistico della Roma e che il personaggio di Christian può, per certi versi, ricordare il super campione Totti, abbiamo organizzato una proiezione privata per lui e Ilary. Quando ha esclamato: “Ragazzi, posso dirvi una cosa?” eravamo tutti tesissimi. E invece fa: “È proprio così. Oh, è proprio così. Tutti ti adorano ma, quando torni a casa, sei solo. Finché non ti fai una famiglia tua”. Ilary si è pure commossa...».
Una scena chiave è quella in cui il professore, ascoltando il calciatore spiegare gli schemi di gioco, capisce che Ferro non è affatto “lo scemo” che tutti dicono...
«Sì. Possiamo dire che, mentre il ragazzo scopre il sapere “oltre” al calcio, il prof scopre che esiste un sapere “nel” calcio. È uno scambio fruttuoso per entrambi. Come sempre, nelle vere amicizie».
Dall’altra parte non tutti apprezzano il prof. Lo trattano come una specie di “sfigato” che perde il suo tempo sui libri. Un’opinione, quella che “studiare non serve a niente”, oggi abbastanza popolare...
«...e posso dirlo? Da sprovveduti. A parte il fatto che la cultura è un bene di per sé, è anche necessaria per raggiungere il cosiddetto “successo”. Oggi i social ci danno l’illusione che ottenerlo sia facile, quasi casuale. In realtà dietro c’è sempre tanto lavoro nascosto, e tanto pensiero. Senza, non si dura a lungo».
Ma lei che rapporto ha con il calcio?
«Non posso dire di avere “la fede”, ma so godermi una bella partita. Soprattutto se la gioca l’Inter. La verità è che le mie grandi passioni sono sempre state cinema e teatro, e a quelli dedico il mio tempo libero. Più che partite, guardo film».
E dell’esame di maturità, che nel film svolge un ruolo centrale, che ricordo ha?
«Che sono stato molto fortunato. Speravo che nel tema di Italiano uscisse Leopardi, che amavo tantissimo e su cui mi ero preparato bene. Ed è proprio quello che è successo. Così sono riuscito a strappare un discreto 42 (su 60). Però il liceo lo ricordo come una sofferenza, ho capito solo dopo che la scelta dello Scientifico non era stata felice. Appena ottenuta la maturità, mi sono buttato a fare quello che amo di più: recitare. Quell’estate ero già in America a girare “Fratelli e sorelle” per Pupi Avati, che mi aveva preso dopo un provino. Era il 1991».
A proposito di Anni 90... Quando vedremo finalmente “1994”?
«Non c’è ancora la data precisa e naturalmente la trama è top secret ma... posso dirvi che secondo me è il capitolo più forte della trilogia. Chiuderemo la saga col botto. Non vedo l’ora!».
È lui il campione
Il calciatore “genio e sregolatezza” del film è il giovane Andrea Carpenzano, di Lugo (RA). Forse lo avete visto su Canale 5 tra i ragazzi di “Immaturi: la serie”. Prima ancora è stato protagonista di “Tutto quello che vuoi” (2018, film vincitore di due David di Donatello).