Stefano Accorsi: «La mia Venezia piena d’amore e di fantasmi»

L'attore è il protagonista di "Lasciami andare", un emozionante “thriller soprannaturale” che arriva nei cinema

Stefano Accorsi in "Lasciami andare"
8 Ottobre 2020 alle 08:28

Ci sono città che entrano nella tua vita e la cambiano per sempre. A Stefano Accorsi è successo con Venezia. «Qui nel 1992 sono venuto a presentare il mio primo film, “Fratelli e sorelle” di Pupi Avati. Rivedo ancora la luce magica del tramonto quando sono sceso da un vaporetto sul Lido: uno di quei momenti perfetti che sai che ricorderai per tutta la vita». Poi, nel 2002, un’altra svolta: è consacrato Miglior attore del festival per “Un viaggio chiamato amore”. E ora esce “Lasciami andare”, il film che ha chiuso l’ultima Mostra del cinema di Venezia, interamente realizzato... indovinate dove?


Stefano, come è stato girare un film tra i canali veneziani?
«Un’avventura, anche perché siamo stati sorpresi dalla storica acqua alta del novembre 2019. E il regista ha documentato nelle riprese questo fatto eccezionale, pur tra mille difficoltà (per lavorare qui devi tenere conto delle maree, se no le barche con le attrezzature non passano sotto i ponti!). Per questo posso dire con certezza che al cinema non si è mai vista Venezia come appare qui».

Anche fare un festival in tempi di coronavirus è stata un’avventura.
«Una vera scommessa, e sono felice che l’abbiamo “portata a casa”. La tensione c’era, inutile negarlo. Tanto che, quando sono arrivato sul tappeto rosso, ho pensato: “Finalmente posso togliermi per qualche momento la mascherina!”. Ma poi... il tempo di posare per i fotografi e l’ho subito rimessa. C’era paura sì, ma anche una gran voglia di tornare alla normalità. Non dimentichiamo che i cinema sono stati i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire».

Il film è una rarità nel panorama italiano: un thriller a tinte paranormali dove c’è anche un fantasma. Che poi sarebbe il bambino del protagonista, morto in un incidente...
«Sì, è un film di genere, se vogliamo. In questi casi l’importante è andare oltre il “meccanismo ben oliato” per infondere vera vita ai personaggi. Secondo me, il regista Stefano Mordini c’è riuscito benissimo».

Il protagonista è combattuto tra la fredda logica e la voglia di sperare.
«È un ingegnere, un tipo razionale, l’incognito lo destabilizza. Ma c’è di più... avete presente quei momenti in cui sentite di dover cambiare vita, ma non sapete come? Marco è un uomo che ha deciso di voltare pagina insieme a una nuova compagna, interpretata da Serena Rossi. E proprio quando lo sta facendo, il passato torna sotto forma di una speranza “folle”».

E lei che tipo è? Razionale o aperto al mistero?
«Diciamo che come attore apprezzo molto la concretezza, proprio perché devo convertire in “carne viva” la fantasia di autori e registi. Loro sognano e io devo trasformare quelle visioni in realtà».

Ma ci pensa mai ai fantasmi?
«E chi ha il tempo? Siamo sempre più indaffarati e appena abbiamo una pausa per pensare, tiriamo fuori il telefonino e guardiamo i social! Non è solo una battuta: penso davvero che l’uomo moderno stia perdendo la dimensione del mistero. Poi magari succedono cose che ti ci fanno pensare...».

A lei è successo?
«Una notte, tanti anni fa. Mi sono svegliato di soprassalto e ho avvertito una fortissima presenza nella stanza, come se ci fosse qualcosa di invisibile che mi stesse osservando. Ed è durata qualche minuto».

Magari era solo l’effetto di un brutto sogno...
«È quello che avrei detto anch’io, se non fosse che non ero solo. E la persona al mio fianco ha avvertito la stessa identica sensazione».

Adesso mi spaventa. Parliamo di cose liete: dal 28 agosto è di nuovo papà. Come va in famiglia?
«Ormai più che una famiglia siamo un “assembramento”. È il mio quarto figlio, ma ogni volta vedere una nuova creatura entrare nella tua vita è una gioia indicibile».

Avete vissuto la gravidanza in pieno lockdown. Eravate preoccupati?
«Io e Bianca, mia moglie, abbiamo aspettato a dare la notizia proprio perché non riuscivamo a parlare di una cosa così bella con quel clima di tensione nell’aria. C’era un unico vantaggio: niente paparazzi sotto casa».

E adesso cosa la aspetta? Magari la regia di un film?
«Ammetto che ci sto pensando. Ma la regia ti assorbe per così tanto tempo... Sto ancora cercando quella storia che mi faccia dire: “Wow! Voglio dedicarmi a questo progetto per i prossimi due anni”».

Intanto a marzo di anni ne compirà 50. Sta preparando grandi festeggiamenti?
«Veramente non ci penso mai e ormai mi sa che è tardi per organizzare qualcosa di speciale. Magari farò una megafesta per i 51...».

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