Diego e Frank recitano insieme per la prima volta nella nuova commedia in sala dal 28 ottobre
Uno burbero e l’altro candido, uno cinico e l’altro bonaccione: nel film “Una notte da dottore” Diego Abatantuono e Frank Matano sono una coppia perfettamente rodata. Eppure non avevano mai recitato insieme. «Ma ci conosciamo bene, io sono stato anche a cena a casa sua, a Napoli con tutti i parenti» racconta Diego. «E io sono stato ospite nella sua casa al mare, dove abbiamo letto il copione» ribatte Frank. E Diego: «A me piace lavorare così, mettendo a punto i dettagli prima di girare; poi quando si arriva sul set tutto fila liscio come l’olio».
Nel film Diego è un dottore e Frank un rider, costretti a scambiarsi i ruoli pur di non perdere il lavoro: sarà Frank a fare le visite a domicilio, guidato all’auricolare da Diego, e nel frattempo consegnerà anche qualche pizza...
I due personaggi sono così diversi che più diversi non si può.
Diego Abatantuono: «Il mio dottore ha avuto una vita dura che l’ha reso un po’ ruvido. Beve, fuma e maltratta i pazienti, ma in fondo è una brava persona. Come me: il cinismo mi piace e mi diverte, ma solo finché si tratta di strappare una risata. Amo il sorriso malinconico, dolceamaro, quello della commedia all’italiana. Frank invece è un allegrone, anche questo ha creato un bel mix».
Frank Matano: «Sono d’accordo, abbiamo trovato il giusto equilibrio. La storia ha cuore e non punta solo alla risata. Perché il problema di tante commedie, e di tante persone, è che vanno in “oversimpatia”».
Davvero? Cos’è l’“oversimpatia”?
Frank: «È quando vuoi essere simpatico a tutti i costi e insisti così tanto che alla fine diventi antipatico».
Il personaggio di Frank non sarà un gran medico, ma sa farsi amare. E voi cosa preferite: il luminare borioso e pieno di sé o un dottorino più modesto ma simpatico?
Diego: «Se ho l’influenza, il secondo. Se devo operarmi al cervello, il primo!».
Frank: «Io mi fido dei medici, a prescindere. Quando sto male non vado neppure a cercare su Internet i sintomi come ormai fanno tutti. Mi sembrerebbe una mancanza di rispetto».
Il vostro rapporto coi dottori?
Diego: «Buono. Mio genero fa il cardiochirurgo ed è un fenomeno, suo papà pure è un luminare... Praticamente mi curo al telefono. E poi ho avuto la fortuna di essere paziente di Enzo Jannacci, una persona così intelligente non poteva che essere anche un grande medico. E parte della sua leggenda è nata grazie a un mio febbrone».
Racconti.
Diego: «Eravamo al Derby (storico locale di cabaret di Milano, ndr), io mi esibivo ogni sera, ma quel giorno lì proprio no: non ce la potevo fare, sudavo come un cavallo. Jannacci mi ha visitato e subito ha mandato Ugo (l’attore Ugo Conti, amico d’infanzia di Abatantuono, ndr) in farmacia con una lista di medicine lunga così. E poi gli ha detto: “Già che ci sei prendimi anche tre bottigliette di Campari Soda”. Poco dopo tutti vedono Ugo entrare nel mio camerino con un sacchetto pieno di medicine e di Campari. Enzo mi fa un punturone, ci beviamo l’aperitivo, la sera sto benissimo e vado in scena. Insomma, non so bene come, ma il giorno dopo si era sparsa la voce che Jannacci mi aveva rimesso in piedi con un’iniezione a base di Campari!».
E lei, Frank, ha qualche ricordo di una visita miracolosa?
Frank: «No. Semmai imbarazzante. A un controllo un po’ delicato è saltato fuori che il medico era un mio fan. Avrei voluto che non mi riconoscesse...».
Ma voi andate spesso dal medico?
Diego: «Io per fortuna non ho mai avuto grossi problemi di salute e i miei esami del sangue sono sempre stupendi. Certo, con l’età qualche acciacchino... Il calcetto l’ho dovuto mollare. Il vino no, però bevo solo quello buono. E proprio alla fine del film ho avuto un attacco di sciatica da paura, come il mio personaggio».
Ahia. La maledizione del set?
Diego: «Guardi, a quella ci crede solo chi ha girato un film o due. Io ne ho fatti 80 e sul set sono già morto tante di quelle volte, che se fossi scaramantico non saremmo qui a parlare».
Frank: «Anche io per fortuna sto sempre bene. L’unico problema sono i polsi che mi fanno male quando cambia il tempo. Li ho rotti entrambi».
Come è successo?
Frank: «Uno in un incidente d’auto. L’altro da bambino: portavo in bicicletta mio fratello Alfredo e lo zaino si è impigliato nella ruota. Quando l’ho lasciato all’asilo tutto insanguinato, le maestre erano inorridite».
Come all’asilo? Non siete andati a un pronto soccorso?
Frank: «Ah, no no, io ormai avevo preso l’impegno e all’asilo ce lo dovevo portare, vivo o morto».