Vincenzo Salemme: «Vi invito a Napoli per una festa esagerata!»

Mentre esce il film di cui è regista e protagonista, l’artista partenopeo ci racconta la sua storia. Liti di condominio incluse: «Amo celebrare la vita: per il compleanno ho cucinato per 60 persone (ma a “Celebrity MasterChef” non ci andrei mai)»

Vincenzo Salemme  Credit: © Pigi Cipelli
22 Marzo 2018 alle 09:45

Per questa foto Vincenzo Salemme ha rischiato la pelle. Lo abbiamo fatto salire sul tetto di casa sua, che domina tutta Napoli, e per avere la vista migliore lo abbiamo quasi spinto sul cornicione. Ci sentivamo un po’ in colpa, ma lui ci ha rassicurato: «Questa è la prima copertina di Sorrisi tutta mia e deve essere perfetta. Sono troppo contento...».

• Una festa esagerata: il nuovo film di Vincenzo Salemme

E pensare che tutto è cominciato con... cinque lire. «Era la prima battuta della mia vita» ci spiegherà più tardi, dopo essere tornati al sicuro nel soggiorno di casa sua. «Avevo 17 anni ed ero riuscito a entrare nel cast di una commedia di Eduardo De Filippo. Per farmi avere la paga da comparsa e non da figurante lui mi affidò quelle due parole, “cinque lire”. Interpretavo uno scommettitore a un tavolo da gioco. Un’altra grande attrice, Pupella Maggio, disse a Eduardo: “Ma come la dice bene questa battuta. Perché non gli fai un provino?”. Ed eccomi qua». Dopo 40 film (di cui 11 alla regia), 20 opere teatrali e 7.000 repliche, nei cinema arriva la sua nuova commedia: «Una festa esagerata».

«Spendo un patrimonio in cene. Per il mio compleanno ho invitato 60 persone e ho cucinato io»

Vincenzo, come è nato il film?
«Dall’omonimo spettacolo che a teatro ha avuto un successo... esagerato. Tutti mi dicevano: “Perché non ne fai un film?”. E così mi sono buttato, con tanti collaboratori d’eccezione: Enrico Vanzina alla sceneggiatura, Nicola Piovani alle musiche, e nel cast le bravissime Tosca D’Aquino e Iaia Forte».

Tutto ruota attorno a una festa del 18° compleanno.
«Sì, un evento molto sentito a Napoli. Soprattutto da chi, come il personaggio interpretato da Tosca, vuole usarlo per sfoggiare il suo benessere e tentare scalate sociali, invitando il potente di turno. E per riuscirci è capace di spendere 6.700 euro solo di pizzette».

Anche lei ama le feste esagerate?
«Per carità. Mi piace la convivialità, questo sì. Spendo un patrimonio in cene. Per il mio compleanno ho invitato 60 persone e ho cucinato io:  frittate di maccheroni, parmigiana di melanzane e crostata».

Dovrebbe partecipare a «Celebrity MasterChef».
«Non se ne parla proprio. Non ci tengo assolutamente a prendermi le bastonate dei giudici».

La festa «più esagerata» a cui ha partecipato nella sua vita?
«Una volta mi hanno invitato in un villone fuori Roma con tutta la compagnia. Arriviamo dopo lo spettacolo, erano quasi le due di notte. Ci fanno sedere, entra una soprano e comincia un concerto di romanze tedesche. Sarà stata la fame, sarà stata la stanchezza, ma a un certo punto ci ha preso una ridarella irrefrenabile. Ci hanno cacciato via». 

La festa del film crea scompiglio in tutto il condominio.
«Già, perché il vero succo della storia non è tanto nella festa, ma nell’ipocrisia e nell’invidia delle persone. E dove le trovi meglio che in un condominio? Dicono che la gente odia gli stranieri, ma non è vero. Al massimo ne ha paura. Per odiare davvero qualcuno lo devi conoscere bene. Non si odia lo sconosciuto, ma il vicino di casa...».

Ha mai odiato qualcuno?
«Guardi, ho tante qualità e anche tanti difetti, come tutti. Lo so bene, ed è questa la fortuna dell’attore: abbiamo ogni personaggio dentro di noi, basta guardarsi dentro. Però non posso odiare, perché l’odio nasce sempre dalla frustrazione. Non si può odiare se si è contenti. E io sono contento della mia vita».

Neanche una lite di condominio?  
«Quelle sì, in abbondanza! Quando abitavo a Roma c’era un pino che aveva rovinato il muro di cinta e gli abitanti dell’altro condominio volevano che lo ricostruissi a mie spese. Siamo andati per avvocati».

Come è finita?
«Il pino è venuto giù con tutto il muro. Ma il giudice ha dato ragione a me».

Il suo personaggio vuol essere un «napoletano moderno» e rifiuta i luoghi comuni sulla città. Per esempio detesta essere chiamato «Don».
«Già. E scatena anche i sospetti di qualcuno, come il tassista che dice: “Io ho capito che tipo è lei. Lei è uno di quelli che quando arriva una multa... la paga!”. Scherzi a parte, va bene l’amore per la propria terra, ma non deve impedirci di guardare il mondo. E nessuno ha la proprietà delle tradizioni. Noi siamo gli ospiti di Napoli, non i padroni».

Vediamo se è vero. Adesso le cito alcune specialità partenopee... La pizza.
«Strepitosa. Ma se vado in pizzeria qui mi prendono d’assalto. Perciò ne mangerò 10-12 all’anno. Meno di un milanese».

La squadra del Napoli.
«Sono un tifoso moderato. Lo sport non può essere una “rivalsa sociale”, noi napoletani siamo altro che semplici tifosi. Certo però che vedere il Napoli giocare così bene mi inorgoglisce».

La serie tv di Sky «Gomorra» e le polemiche che ha scatenato.
«Inutili. È una fiction. Non è che dopo la messa in onda sono aumentati i delinquenti! Film e spettacoli non cambiano la realtà, anche se molti amano crederlo».

Il presepe.
«Vabbe’, quando hanno fatto la statuina con la mia faccia mi ha fatto piacere. Anche se, detto tra noi, non mi assomiglia per niente».

In motorino senza casco.
«Chi non ha il cervello è chiaro che non lo mette».

La iella.
«Cerco di non essere superstizioso. Però prima dello spettacolo butto la gomma masticata nel cestino. Se casca dentro, bene. Se casca fuori, pazienza. Ma se si ferma sul bordo... allora sono guai!».

Seguici