Finalmente è uscito anche in Italia (negli Stati Uniti è nelle sale dal 9 ottobre) The Walk, il nuovo film di Robert Zemeckis, già regista di film come Ritorno al futuro, Chi ha incastrato Roger Rabbit e Forrest Gump. Non proprio uno qualunque, insomma.
Si tratta di una storia vera che ha come protagonista Philippe Petit (interpretato da Joseph Gordon-Levitt), un uomo con il vizio delle grandi imprese che di mestiere fa il funambolo e che, in questo caso, decide di unire le Twin Towers con una corda e camminare sopra il Word Trade Center a 412 metri di altezza, naturalmente senza nessun tipo di protezione.
Come al solito, il signor Zemeckis utilizza sapientemente i prodigi della tecnologia e della cosmetica cinematografica, realizzando un film in 3D sorprendente e affascinante, capace di manifestare un amore puro per il cinema, quasi infantile (nel senso buono del termine).
Presentato alla Festa del Cinema di Roma pochi giorni fa, The Walk, anche se apparentemente semplice da un punto di vista narrativo, è in grado di toccare tutte le corde giuste e trasmettere emozioni con una potenza che non si vedeva da diversi anni (al Cinema).
Ecco 10 curiosità sul film e sulla storia di cui parla, tutte cose che sarete ben felici di sapere.
Prima di compiere l'impresa passeggiando nel vuoto tra le due Twin Towers, il francese Philippe Petit (di cui il film ricalca le gesta), aveva già tentato con successo altre traversate. In particolare le più suggestive sono quelle con cui il nostro ha unito i due famigerati campanili della Cattedrale di Notre Dame a Parigi (1971) e l'ultima prima del grande evento, in cui camminò sopra una fune tirata a 134 metri di altezza, tra i due piloni nord del Sydney Harbour Bridge (1973).
Per insegnare a Joseph Gordon-Levitt l'arte dello stare in equilibrio sulla fune, la troupe del film mise a disposizione dell'attore un istruttore molto particolare, ovvero lo stesso Philippe Petit, autore dell'impresa impossibile. Pare che il funambolo abbia scommesso con Gordon-Levitt e Zemeckis che avrebbe reso il suo allievo abile alla danza su corda in soli otto giorni: il training iniziò con una linea disegnata sul pavimento, per poi passare a funi reali e sospese. Inutile dire che quel furbacchione vinse la scommessa (chiunque di voi ci abbia mai provato può capire cosa ciò significhi).
Nel 2008, il regista britannico James Marsh (lo stesso de La teoria del tutto), presentò al Sundance Film Festival un documentario sull'impresa di Petit, dal titolo Man on Wire, ricco di immagini inedite e interviste. Vinse anche un Oscar come Miglior Documentario l'anno successivo e noi ve lo consigliamo vivamente.
Quando vedrete il film noterete come il protagonista usi il termine le coup (il colpo) quando si riferisce alla sua traversata. Il motivo di questa scelta è che dopo le precedenti imprese funamboliche non autorizzate, il signor Petit era controllato dalle autorità internazionali alla stregua di un potenziale criminale (era già stato arrestato cinquecento volte!), quindi era necessario che la preparazione dell'evento avvenisse nella massima segretezza, tra falsi documenti e travestimenti, proprio come fosse una rapina. Dopo la passeggiata danzante, del resto, Petit venne arrestato nuovamente, ma il procuratore fece cadere le accuse, condannandolo solo ad esibirsi gratuitamente per un gruppo di bambini a Central Park.
La traversata durò quarantacinque minuti. Andata e ritorno, per un totale di ottocento metri coperti, a 412 metri dal suolo. Nella fase finale del film si ripercorrono tutti quei metri, uno per volta, con tutto il carico di emozioni che ciascuno di essi porta con sé. Il critico del San Francisco Chronicle Mick LaSalle ha infatti affermato: "non credo di esser mai stato così fisicamente provato dalla visione di un film. Non parlo di emozioni, ma di reale sofferenza fisica”. Noi siamo d'accordo con lui e lanciamo una sfida a chi soffre di vertigini: andate a vederlo lo stesso.
Nonostante l'allenamento intenso e la rapidità di apprendimento dimostrata dall'attore, pare che per le scene più complesse sia stato concesso Joseph Gordon-Levitt di usare una corda speciale, dal diametro di quindici centimetri. Lo spessore della corda fu poi ridimesionato in sede di effetti speciali (l'originale di Petit misurava tre centimetri). Durante le riprese, per chi se ne fosse preoccupato, la fune era posizionata a circa quattro metri e mezzo da terra, non certo gli oltre quattrocento, ma comunque un'altezza importante per un novellino.
Non ci crederete, ma il film è stato girato quasi totalmente in Canada. L'ambientazione newyorkese della pellicola è stata quasi totalmente riprodotta dalla tecnologia digitale (per un totale di sette anni di lavorazione), fatta eccezione per il tetto della Torre Nord, che è invece stato letteralmente costruito ex novo dagli scenografi.
Il 7 aprile 1974, giorno del 'colpo', la Torre Nord era già stata inaugurata ufficialmente da qualche mese (4 agosto 1973), ma al loro interno, le Twin Towers si presentavano ancora come un cantiere aperto (il che facilitò molto le operazioni segrete della banda di Petit). Tuttavia, si dice che Philippe Petit conservasse gelosamente un articolo di giornale sullo stato dei lavori risalente al 1964 -quando le costruzioni del Word Trade Center non erano ancora ultimate- anno in cui presumibilmente iniziò a meditare la grande impresa.
Philippe Petit è francese, e al tempo in cui è ambientato il film il suo inglese non era ottimo, senza contare che la maggior parte dei suoi collaboratori era a sua volta di nazionalità francese. Per poter girare comunque il film in inglese (verosimilmente per problemi legati alla distribuzione), Zemeckis utilizza un espediente, facendo dire al suo protagonista che vorrebbe parlare in inglese con i suoi, in modo da allenare la lingua. L'accento di Gordon-Levitt è ottimo e francesissimo, ma probabilmente è più simile all'attuale parlantina di Petit che a quella del 1974.
Gordon-Levitt e Philippe Petit, diciamocelo, non si assomigliano affatto. Per assottigliare le differenze l'attore ha dovuto studiare il suo personaggio e prenderne le movenze fisiche, oltre che indossare dei vestiti che determinassero il suo carattere e delle lenti a contatto azzurre (Joseph ha gli occhi color cioccolato al latte). Per quanto riguarda ciò che li ha uniti, si tratta della paura che entrambi hanno provato nell'affrontare la sfida, paure diverse, ma di cui i due pare abbiano parlato molto. Per gli amanti delle somiglianze, segnalo inoltre che Charlotte LeBon (la compagna di Petit nel film) è la sosia della meravigliosa Paz Vega, oltre ad essere una delle infinite attrici che ricordano per qualche ragione Winona Ryder.