«Foxcatcher» è l'ultima fatica dell’americano Bennett Miller, che già nel 2012 ci era piaciuto moltissimo con il film «Moneyball - L’Arte di Vincere». Il regista è passato dai campi di baseball con Brad Pitt a quelli di wrestling con Channing Tatum. La trama questa volta però è ‘ispirata a fatti realmente accaduti’: Mark Schultz è un atleta da oro olimpico quando viene contattato dal miliardario John E. du Pont, che si propone di allenarlo nei Foxcatcher, la sua squadra, pagarlo profumatamente e offrirgli una permanenza piena di comfort nella sua dimora ‘da mille e un ettaro’. Quello che potrebbe sembrare un regalo da favola, si rivela presto una trappola da cui l’atleta farà fatica a staccarsi, se non fosse per l’aiuto del fratello Dave. Un cast a cinque stelle - Steve Carell, Channing Tatum, Mark Ruffalo - corona questo thriller, che non soffre narrativamente di avere le sue radici nella cronaca.
Vi raccontiamo la vera storia dietro a «Foxcatcher».
Mark Schultz
Mark Schultz, nel film interpretato dall’inaspettatamente bravissimo Channing Tatum, è stato per ben due volte campione mondiale di wrestling freestyle. Durante l’Olimpiade del 1984, una delle due in cui si è classificato al primo posto, aveva raggiunto un parimerito con il fratello Dave (nel film interpretato da un Mark Ruffalo ingrassato 13 Kg.), che sarà anche il suo allenatore, oltre che migliore amico e quasi genitore nel corso della sua carriera. Mark Schultz è un onorato membro della National Wrestling Hall of Fame e nel film fa un cameo nella scena insieme agli altri lottatori. Il film è stato tratto dal suo libro Foxcatcher. Una storia vera di Sport, Sangue e Follia.
John E. du Pont
Nel film è interpretato dall’irriconoscibile Steve Carell, che ogni mattina di riprese si sottoponeva a circa due ore di trucco e che ha dovuto studiare a menadito tutti i filmati-documentario con l’erede di una delle più ricche e famose famiglie USA. John E. du Pont amava il wrestling più della sua stessa vita, tanto da trasformare la sua gigantesca villa nella palestra sogno di qualsiasi atleta. Lo amava così tanto da voler essere sepolto, alla sua morte avvenuta nel 2010, con la maglia dei Foxcatcher e in una bara contenente tutti i suoi trofei.
La famiglia du Pont
È una delle più potenti e ricche famiglie americane, con radici che affondano nella tradizione orologiaia parigina, ma soprattutto nella nobiltà di borgogna. Emigrata negli Stati Uniti ai primi dell’Ottocento, investe la ricchezza accumulata fondando l’azienda chimica E.I. du Pont de Nemours and Company che presto divenne solo una delle industrie di famiglia. Abili calcoli e strategie di matrimoni di convenienza o parentali, hanno fatto in modo che la ricchezza non uscisse mai dalle mura domestiche, facendo rimanere alto il loro patrimonio. Nel film, il regista sceglie di raccontare il rapporto di sudditanza che John ha con la madre, un’algida donna che considera la passione sportiva del figlio sconveniente per l’immagine di famiglia.
Foxcatcher
Foxcatcher è sia il nome della residenza-prigione di John E. du Pont in cui Mark Schultz rimarrà con lo scopo di allenarsi dal 1986 al 1988, ma anche la squadra di wrestling da lui fondata e a cui dedicherà la sua vita. La divisa della squadra è blu con grafiche gialle e una volpe stilizzata nell’atto della fuga. Metafora, forse, che Mark Schultz avrebbe dovuto far sua un po’ prima.
Il delitto
Era il 28 gennaio 1996 quando John E. du Pont fu asserragliato nella sua villa alla periferia di Philadelphia dalla Polizia. L’accusa: aver sparato a Dave Schultz intenzionalmente, uccidendolo. Il movente? La gelosia a quanto sembra (almeno guardando il film). Dopo un periodo idilliaco con il fratello Mark infatti, sembra che l’atleta (con cui si millanta anche un affair), si fosse ribellato al ruolo così ingombrante e nocivo (soprattutto per il continuo e smodato utilizzo di droghe) che il ricco magnate stava prendendo nella sua vita. Per farsi aiutare ad uscirne, era arrivato in suo soccorso il maggiore Dave, che era addirittura entrato in squadra pur di stargli vicino, spostando tutta la famiglia in una casa nei dintorni della villa. A uno come du Pont, probabilmente abituato a comprare tutto, proprio non deve essere andato a genio che l’affetto, la stima o la bravura in sport, non siano in vendita.