Juno, 500 giorni insieme, Come farsi lasciare in 10 giorni: una lista di pellicole che il pubblico maschile ama in gran segreto

Poveri maschietti, per alcuni di loro la vita è davvero difficile: sempre intenti a voler dimostrare la loro mascolinità, la loro forza bruta, la loro capacità innata di non piangere, non avere paura e non divertirsi di fronte a cose frivole fanno spesso finta di non lasciarsi prendere da alcuni film che in genere piacciono molto più a un pubblico femminile.
Nel mondo dei cinema, questo procedimento di finto disinteresse avviene spesso, ma noi conosciamo il segreto di quegli uomini duri e forti, che non andrebbero mai al cinema a vedere La verità è che non gli piaci abbastanza nemmeno sotto tortura, salvo poi seguirlo con la coda dell'occhio tutte le volte che lo danno in televisione, fingendo di non sapere dove si trovi il telecomando pur di non cambiare canale.
A questi uomini si aggiungo quelli che sono stati costretti da qualcuno ad andare a vedere Come farsi lasciare in dieci giorni dopo settimane di trattative e, pur entrando in sala controvoglia, si sono scompisciati dalle risate davanti a Kate Hudson che rovina la partita di poker a Matthew McCounaughey.
Per far sì che non vi facciate ingannare dal pregiudizio, ecco a voi una selezione di dieci film che gli uomini non guarderebbero mai, ma che alla fine amano (o ameranno) nel segreto del loro cuore.

Juno, di Jason Reitman (2007)
Quale tipo di appeal potrà mai avere, per un uomo fiero di esserlo, la storiella scanzonata di una liceale che rimane incinta in una provincia anonima degli Stati Uniti? Eppure Juno funziona, amici, prima di tutto perché la protagonista (una Ellen Page ventenne che dimostra quindici anni) è straordinariamente simpatica, sbruffona e dissacrante; in secondo luogo perché la sceneggiatura (che vinse anche l'Oscar) è dell'ex-spogliarellista ed ex-promessa della scrittura cinematografica Diablo Cody (qui al suo fortunato esordio). Ci si aggiungano un Michael Cera meravigliosamente sfigato, la regia sapiente e squisitamente indy di Jason Reitman e una colonna sonora impeccabile -in cui peraltro figura un brano scritto (e cantato) proprio dai due attori protagonisti- e la confezione è perfetta. Non è, come si è detto, un film antiabortista, né tantomeno un inno alla gestazione per altri; solo una racconto molto carino e divertente, senza pretese politiche o sociologiche. Piccolo orgoglio italiano: prima di diventare un caso internazionale, Juno venne presentato al Festival di Roma, dove vinse il premio come miglior film.

Noi siamo infinito, di Stephen Chbosky (2012)
Ragazzo timido al primo approccio con il liceo, Charlie non parla davvero con nessuno a scuola e il suo migliore amico si è suicidato: come capirete, non certo un personaggio costruito per piacere ai maschi-alfa amanti di Bruce Willis e Schwarzy. Ma tra una torta alla cannabis, un primo bacio e tutta un'altra serie di eventi, il racconto si fa appassionante e nessuno potrà esimersi dal rivedere in qualche modo se stesso, ritrovando luoghi della propria personalità che si credevano smarriti. Il libro da cui è tratto Noi siamo infinito, scritto dallo stesso regista e uscito nel 1999, cambiò una generazione; il film è invece stato più modesto per diffusione, ma resta un piccolo gioiello. Nota a margine che vi farà arrabbiare: il protagonista, Logan Lerman, pare sia il fidanzato di quella creatura meravigliosa che è Alessandra Daddario.

10 cose che odio di te, di Gil Junger (1999)
Il titolo sembra una minaccia, l'inizio di una tipica resa dei conti tra fidanzati in cui lei ha deciso di lasciarlo, ma non senza prima sottolineare quanto sia colpa di lui. E invece no, anzi, tutto il contrario. Perché 10 cose che odio di te è praticamente Shakespeare al cinema, solo in salsa teen: parla sì di amore, ma di quello bello e divertente delle prime uscite, del ragazzo più bello della scuola, di quando tutti si è giovani e bisogna studiare le strategie per fare quello che il papà non vuole, di quando per portere fuori un/a ragazzo/a bisogna sudare e lavorare di squadra. E quel rancore di genere che sembra sprigionare dal titolo, in realtà, non ha nulla a che vedere con la rivoluzione femminista che l'uomo medio e insicuro teme nel suo profondo. Non abbiate paura di questo film.

Come farsi lasciare in 10 giorni, di Donald Petrie (2003)
Non solo la commedia romantica non è proprio il genere prediletto dai maschioni nostrani, ma la protagonista è Kate Hudson, riconosciuta dai più esperti come l'attrice più presente nei film scaccia-uomini degli anni Duemila. In questo Come farsi lasciare in 10 giorni, poi, interpreta un personaggio apparentemente odioso, che mette a dura prova la sedicente proverbiale pazienza maschile. Ma fermi tutti, perché questo è un film straordinariamente divertente (sebbene negli ultimi minuti sfoci proprio nella temuta commedia romantica) in cui i due protagonisti (lui è Matthew McConaughey prima del grande boom) giocano a farsi i dispetti e a ridicolizzare i clichè dei problemi che affliggono tutte le coppiette di bravi ragazzi. Purtroppo per voi, la vostra mascolinità effettiva verrà messa a dura prova quando il buon Matthew deciderà di togliersi la maglietta, ma sono certo che reggerete il confronto, se siete dei veri uomini.

La verità è che non gli piaci abbastanza, di Ken Kwapis (2009)
Signori, non fatevi ingannare dal fatto che il libro da cui è tratto il film sia stato scritto dagli sceneggiatori di Sex and the City, perché sareste fuori strada. Qua non c'è shopping, né discussioni tra amiche in pranzi nei quali si mette in discussione la dimensione del vostro membro. Anzi, il film è un monito a tutte quelle donne che sopravvalutano le relazioni senza pretese, che le rendono serie anche quando non lo sono, che vorrebbero di più di quel che possono ottenere (e si arrabbiano se non ce la fanno). Attraverso nove storie parallele, La verità è che non gli piaci abbastanza mette in scena il dramma della donna innamorata e dell'uomo pigra canaglia (quanto vi piace interpretare quella parte?); il genere maschile non ne esce bene, ma visto che non capirete che vi si sta solo prendendo in giro, ci saranno momenti in cui sarete a vostro agio e vi sentirete dalla parte del giusto. Il film, comunque, è piuttosto divertente e il cast è di quelli che non si dimenticano: Bradley Cooper, Scarlett Johansson, Jennifer Aniston, Ben Affleck e Drew Barrymore sono i più famosi.

Two Weeks Notice, di Marc Lawrence (2002)
Dunque, vediamo un po': lui e lei si incontrano, ma già dal primo sguardo non si stanno particolarmente simpatici. Poi, nonostante praticamente si odino, la contingenza fa sì che debbano a restare insieme per un po' di tempo, nel quale litigano e si innamorano (ma senza saperlo), sono costretti a separarsi, si ri-incontrano e finalmente dichiarano il loro reciproco amore. A questo punto molti uomini avranno già deciso di non vedere il film. Ma non si è detto nulla con questa introduzione, se non che si tratta di una commedia romantica americana dalla struttura classica. Per entrare nel merito del film dobbiamo andare un pochino più a fondo, dire che lui è Hugh Grant, il quale è sempre bravissimo, simpatico e azzeccato nella parte dell'uomo ricco, egoista, superficiale e sciupafemmine; mentre lei, Sandra Bullock, rappresenta il suo alter-ego e, a differenza delle donnine con cui egli è solito avere a che fare, è laureata ad Harvard e gli tiene testa come pochi al mondo. I dialoghi sono serrati e le loro dispute molto divertenti e la comicità delle dispute tra i due non solo riguarda le ovvie differenze tra uomo-ricco-e-smidollato e donna-del-popolo-di-grande-tenacia, ma anche nella visione politica che divide gli States tutti nella dicotomia Repubblicani-Democratici. La politica appare profeticamente anche nell'apparizione dello stesso Donald Trump nel film, nella parte di se stesso.

500 giorni insieme, di Marc Webb (2009)
Commedia indipendente che narra la storia d'amore (per l'appunto durata cinquecento giorni) tra Summer (il titolo originale infatti è 500 Days of Summer) e Tom. Ma la chiave è molto interessante perché ribalta il punto di vista del genere romantico da femminile a maschile: è lui, a esempio, a raccontarci la storia, così come è sempre lui a essere il più innamorato dei due. Andando a caso dal punto di vista temporale Marc Webb ci diverte e un poco ci commuove, grazie a un bravo Joseph Gordon-Levitt e a una bellissima e simpaticissima Zooey Deschanel (la ragazza che ha spopolato un paio di anni dopo con la serie New Girl). Ambienteto a Los Angeles, potrebbe essere un film francese per trovate, quantità di riferimenti cinematografici e delicatezza della narrazione (vinse il premio per la Migliore Sceneggiatura agli Indipendent Spirit Award). Il tono ironico del film è subito chiaro dalla dedica iniziale, che recita: "Ogni riferimento a persona vivente è puramente casuale… dico a te, Jenny Beckman, brutta st****a".

Il Diavolo veste Prada, di David Frankel (2006)
Ragazza qualunque neo-laureata in cerca di lavoro, che finirà per entrare nel business della moda. Riferimenti e punti di vista prettamente femminili, basti pensare che il libro da cui è tratto appartiene al genere del chick lit, corrente esplicitamente rivolta al gentil sesso che negli Anni '90 ha raccontato le vicende di giovani donne in carriera e non (ne fanno parte Il diario di Bridget Jones e Sex and the City, giusto per farvi capire). Ma qui non siamo semplicemente di fronte a un film sulla moda, bensì a quello che è probabilmente il miglior film sulla moda di sempre, perché coglie i vizi e gli eccessi di quel mondo riuscendo a raccontare il suo tempo in modo pungente, coinvolgente e acuto. Si ride spesso (è pur sempre una commedia), ma anche il dramma di certe figure professionali emerge chiaramente e senza troppi sconti. A impreziosire la visione una Meryl Streep in stato di grazia, alle prese con un personaggio che è uno dei cattivi migliori di sempre, ma anche una insospettabile (allora) Anne Hathaway e uno Stanley Tucci come non l'avete mai visto.

Mia moglie per finta, di Dennis Dugan (2011)
Lo so, avete sentito parlare tante volte di storie in cui due persone devono fingere di stare insieme per qualche motivo e, poi, finiscono con l'innamorarsi e lo stare insieme per davvero. Ma questo film il suo mestiere di divertirci lo fa, e lo fa anche piuttosto bene. Sarà forse merito del solito troppo sottovalutato Adam Sandler, il cui personaggio circola con una finta fede per evitare di impelagarsi in relazioni troppo approfondite e potenzialmente fastidiose, per un solitario come lui; o forse del fatto che i riferimenti culturali di questo film vanno oltre l'apparenza, perché ha le radici in un successo teatrale degli Anni '60 ispirato a una commedia francese (peraltro già al cinema nel '69 con Walter Matthau e Ingrid Bergman). Una spirale di bugie che si sommano complicandosi l'una con l'altra, tipico procedimento della farsa o, se preferite, come avveniva nel bello della commedia all'italiana di una volta. Divertentissimo. Ah, per chi non fosse ancora convinto: lei, la finta moglie, è Jennifer Aniston.

Come lo sai, di James L. Brooks (2010)
Quello che farà strorcere il naso ai maschietti, in questo caso, è il fatto che la protagonista Lisa (Reese Witherspoon) è una giocatrice di softball, e noi sappiamo quanto gli uomini si sentano superiori in fatto di sport. Ma questa non è una commedia sulle cheerleeder o sullo sport femminile, bensì un film che alterna la commedia al dramma come è tipico del suo regista e sceneggiatore (quel James L. Brooks del bellissimo Qualcosa è cambiato), sempre capace di creare relazioni complicate tra i suoi personaggi, elemento che lo rende in grado di far funzionare molto bene i suoi film, indipendentemente dalla trama. I due ometti che si contendono la bella Lisa in questo triangolo sono Owen Wilson (stranissimo e imprevedibile il suo personaggio) e Paul Rudd, diversissimi tra loro, ma decisamente divertenti nel loro destreggiarsi. Tra una risata e l'altra c'è spazio anche per piccole riflessioni sui trentenni di oggi e i loro destini, oltre che per godere della presenza del signor --, che qualsiasi cosa succeda vale sempre il prezzo del biglietto.