Una rassegna delle migliori pellicole di Oliver Stone, vincitore di due Oscar come Miglior Regista e uno per la Miglior Sceneggiatura (non originale)

Nato a New York, nel 1946, Oliver Stone è considerato uno dei registi più autorevoli e controversi di Hollywood, anche se mosse i primi passi nel Cinema scrivendo le sceneggiature di «Fuga di Mezzanotte» e «Scarface» (quello di De Palma).
Dietro la macchina da presa, sin dall'inizio, gli è andata anche meglio: quattro Oscar per il suo «Platoon» nell'1987, lo stesso anno in cui ben due delle sue sceneggiature erano in lizza per vincere, e, due anni dopo, Oscar alla Miglior Regia per «Nato il 4 luglio» (1989).
Oliver Stone è uno dei pochi registi ad aver portato a casa personalmente la statuetta riservata ai registi per due volte (come Spielberg, Iñárritu, Milos Forman e Clint Easwood).
Dagli Anni '90 in poi, si è ritagliato un ruolo quasi indipendente, lontano dai grandi progetti, per coltivare il suo cinema peculiare, spesso politico, per alcuni moralista e troppo complottista, per altri -al contrario- darwiniano ed esteticamente violento, ma sempre a livelli di qualità altissimi.
Ora è il momento dell'uscita del suo ultimo film, «Snowden», e per questa occasione (era inattivo da quattro anni) vorremmo suggerirvi dieci film di Oliver Stone da vedere. Ve li presentiamo in ordine cronologico:

Salvador (1986)
Il 1986 è l'anno anno mirabilis di Oliver Stone e questo «Salvador», il primo film di successo del regista newyorkese, amatissimo dalla critica, è anche un manifesto del suo Cinema, per come riesce a tenere insieme la crudezza e l'orrore della violenza con un contesto politico in cui Stone sempre si pone dalla parte dei deboli e degli oppressi, denunciando le malefatte dei poteri più o meno occulti. La pellicola ci mostra il racconto quasi-autobiografico di Richard Boyle (il migliore James Woods che possiate vedere), cinico e strafottente reporter con tutti i vizi di questo mondo, che sull'orlo del fallimento professionale e personale decide di lasciare gli Stati Uniti per recarsi -in macchina- in Salvador, dove impazza la Guerra Civile (siamo nel 1980). Sarà testimone di uno spettacolo orripilante anche per i suoi occhi, e cercherà di documentarlo con la fidatissima macchina fotografica, ma la sua vita e la percezione dei "suo" mondo civilizzato cambierà inevitambilmente. Due candidatura all'Oscar (Miglior Attore e Sceneggiatura), ma niente premio.

Platoon (1986)
Eccolo il secondo film del 1986 di Oliver Stone, e questa volta gli Oscar sono quattro: Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Montaggio e Miglior Sonoro). Siamo in Vietnam, durante la guerra più rappresentata della storia del Cinema americano e il punto di vista è quello di Chris Taylor (Charlie Sheen, guardacaso il figlio di quel Martin protagonista di «Apocalypse Now»), ragazzo-bene partito non per necessità, ma per servire la nazione con umiltà e dedizione, caratteristiche che si addicono ad un ragazzo mite e introverso come lui (ricordiamo che lo stesso Stone partecipò a quella guerra da volontario). Ma tra esplosioni al napalm, violenze di ogni genere sulle popolazioni inermi e quella maledetta giungla che è un nemico in più per i giovani americani in battaglia, la lotta vera, in questo film, si consuma all'interno del plotone stesso, tra il buono e idealista Sergente Elias Gordon (Willem Dafoe) e il malefico aspirante-capobranco Sergente Barnes (Tom Berenger) personaggi che rispecchiano due americhe che spaccano a metà sia le nuove che le vecchie generazioni, costrette a fare i conti in quel lontano angolo di mondo con i bassi istinti dello stato di natura, che in quel contesto tornano a farsi sentire. Tra i giovincelli agli ordini dei due carismatici sergenti, anche un giovanissimo e silenzioso Johnny Depp.

Wall Street (1987)
Buddy Fox (Charlie Sheen) è un giovane rampante broker di Wall Street che aspetta il momento buono per fare il salto e ottenere quello stile di vita che tutti i suoi coetanei yuppies sognano (siamo nel 1985). Non ha grossi problemi ad agire ai limiti della moralità, però Bud è fondamentalmente un bravo ragazzo, che gioca con il suo mestiere esattamente come gli hanno insegnato, per diventare quello che gli hanno detto essere un uomo di successo. E l'occasione ce l'ha eccome, perché suo padre (Martin Sheen, vero padre dell'attore Charlie) è il delegato sindacale di una compagnia aerea, e questo dà al giovane Fox informazioni sufficienti per iniziare a lavorare con il grande squalo, il famoso (e temutissimo) speculatore Gordon Gekko (un ottimo Michael Douglas). L'ascesa è, come al solito, facile, ma cosa succederà quando Bud si accorgerà della facilità con cui Gekko supera certi limiti? E quando comprenderà che la finanza non è solo un gioco di numeri, ma ha effettive ricadute sulla vita delle persone? Oggi argomenti all'ordine del giorno (spesso anche troppo banalizzati), ma allora fu un film di grande impatto, anche perché Stone maneggia certi termini e certe dinamiche con notevole maestria (forse perché il padre era un agente di borsa?). Oscar immancabile per Michael Douglas come Attore non protagonista.

Nato il 4 luglio (1989)
Titolo bellissimo (che ricalca l'originale inglese), film altrettanto efficace ed epocale. Oliver Stone torna a parlare della Guerra del Vietnam, ma questa volta lo fa attraverso la storia vera di Ron Kovic (interpretato da Tom Cruise), arruolatosi come volontario a 18 anni e poi, dopo aver subito a sue spese gli orrori della guerra (tornò a casa su una sedia a rotelle), divenuto attivista politico e pacifista. Nella prima parte del film Ron è un ragazzo normale, prodotto esemplare del giovane americano spaccone, capace nello sport, disinvolto con le ragazze e amante del suo Paese -e in questo ruolo Tom Cruise è perfetto- ma la tragedia incombe e il ritorno a casa è un dramma che si consuma giorno dopo giorno, tra crolli depressivi (da lacrime la scena in cui piange nel letto al cospetto del padre), scatti d'ira e abuso di alcol. Un percorso difficile, che sfocerà in un suo discorso alla nazione del 1976, durante una convention del Partito Democratico. Un film epico al contrario, con un Tom Cruise che per la prima volta sveste i panni del belloccio dall'occhio di ghiaccio e diventa protagonista di una notevole prova, che gli valse la Nomination alll'Oscar come Miglior Attore; le nomination in totale furono otto, ma vinse solo Oliver Stone come Miglior Regista e David Brenner per il Miglior Montaggio.

The Doors (1991)
Dopo i grandi successi dell'86, '87 e '89, Oliver Stone cambia tono e gira questo film totalmente antisistema che racconta dagli occhi di un suo ammiratore assoluto il cantante Jim Morrison, le cui canzoni il signor Stone ascoltava mentre era in Vietnam a combattere (da volontario). Tornò a casa nel '71, il venticinquenne Oliver, e quello stesso anno Morrison, che di anni ne aveva ventotto, morì per arresto cardiaco, probabilmente derivante da un'overdose di eroina. Il film è il racconto di un personaggio allucinato, ai confini tra realtà e metafisica, di un ragazzo che amava sfidare la morte e il mondo con il suo fare da poeta maledetto, distruttivo e auto-distruttivo. Musica ovviamente centrale nella pellicola, la cui colonna sonora conta ben venticinque canzoni di The Doors. Da segnalare gli attori principali, perché nei panni della compagna di Jim Morrison (al secolo Pamela Courson) c'è una Meg Ryan nel pieno della sua forma, mentre a interpretare il cantante che ispirò quella generazione c'è un somigliantissimo Val Kilmer (i due, peraltro, avevano già lavorato insieme in «Top Gun»).

JFK - Un caso ancora aperto (1991)
Film-fiume di tre ore e otto minuti, con centoventiquattro attori che appaiono sullo schermo (comparse escluse) e una tesi di fondo che ha dello sconvolgente. La sceneggiatura è tratta dall'opera «Il complotto che uccise Kennedy», un libro in cui si sostiene che il noto Presidente non sarebbe stato semplicemente assassinato da Lee Oswald come vorrebbe la versione ufficiale, ma che dietro gli episodi di Dallas, sarebbe presente un gigantesco complotto implicante la CIA e lo stesso Governo degli Stati Uniti. Al di là di quel che si pensi sulla tesi esposta, che Oliver Stone mostra comunque in tutto il suo rigore probatorio, JFK è un film gigantesco, in cui il complottismo diventa macchina di narrazione cinematografica, trasformandosi in un thriller politico-giudiziario, con i tratti del film giornalistico e alcuni elementi del poliziesco. Film lento senza che questo sia un difetto, in cui l'attenzione va posta sui dialoghi. Kevin Costner bravo nei panni di chi dirige le indagini, ma ancora meglio Tommy Lee Jones (candidato all'Oscar) e un cast davvero imponente, tra cui possiamo citare Gary Oldman, Joe Pesci, Jack Lemmon, Kevin Bacon e Donald Sutherland. Miglior Montaggio e Miglior Fotografia agli Academy del 1992.

Assassini nati - Natural Born Killers (1994)
Sceneggiatura originale di Quentin Tarantino, che però venne poi modificata a tal punto da Oliver Stone, da far sì che Tarantino decise di non voler apparire nei crediti, risultando solo come soggettista. Premio della Giuria al Festival di Venezia, «Natural Born Killers» (questo il titolo originale) è nettamente diviso in due parti: la prima (forse la più tarantiniana) racconta le scorribande di Micky (Woody Harrelson) e Mallory (Juliette Lewis), due ragazzi innamorati e violenti che, in fuga dopo aver ucciso l'opprimente famiglia di lei, percorrono il sud-est degli Stati Uniti lasciandosi una lunga scia di cadaveri dietro le spalle; la seconda, riguarda invece il rapporto tra questi due disgraziati senza scrupoli e i media statunitensi, che assetati di sangue e notizie, finiscono per trasformarli in due eroi del popolo, esaltandone le gesta con il solito fare moralistico ma interessato dei giornali e delle tv contro cui Stone si scaglia. Film che divide, ma molto riuscito, con alcune trovate registiche interessanti e un ritmo altalenante che ci tiene incollati allo schermo, nonostante l'esasperazione di una violenza ingiustificata. Benissimo Tommy Lee Jones come capocarceriere, così come è ottimo Robert Downey Junior quale giornalista d'assalto. Senza dubbio si può parlare di film-culto.

Gli intrighi del potere (1995)
Altro film lunghissimo (quasi tre ore e mezza nella versione completa) e altro film politico, ma questa volta il protagonista è Richard Nixon, il Presidende della "maggioranza silenziosa" che governò gli Stati Uniti per un mandato e mezzo, dal 1969 al 1974. Figura complessa magistralmente interpretata da Anthony Hopkins: consapevole delle sue umili origini e ossessionato dalla voglia di piacere ai suoi americani, il Nixon di Stone è presentato in modo equilibrato dal punto di vista del giudizio storico, ma senza peli sulla lingua nel mostrare i suoi difetti caratteriali e gli intrighi che, dietro la facciata, segnarono gli anni in cui gli USA uscirono logori dal Vietnam, allacciarono i rapporti con la Cina di Mao in chiave antisovietica e videro il loro Presidente dare le dimissioni in seguito allo scandalo Watergate (vedere «Tutti gli uomini del presidente» per comprenderlo).

U Turn - Inversione di marcia (1997)
Anche in questo caso -come in «Assassini Nati» e come sarà poi per «Le belve» del 2012- ci troviamo di fronte a un Oliver Stone crudo e spietato, che però con la violenza sembra anche avere un rapporto ironico. Siamo in Arizona e il mezzo-delinquente Bobby (Sean Penn) sta viaggiando verso Las Vegas, senza due dita a causa del debito che ha contratto con un mafioso russo, dal quale si sta per l'appunto recando per restituire i 12mila dollari che gli deve. Ma un guasto all'auto lo costringe a fermarsi in un paese sperduto nel deserto, nel quale vivrà un'avventura che mai si sarebbe aspettato. Tutto inizia quando Bobby incontra la bellissima Grace (Jennifer Lopez, prima che divenisse anche pop-star della musica), che lo invita ad andare a casa sua per rinfrescarsi e mangiare qualcosa... non vi diciamo altro, se non che è tratto dal libro Come cani randagi, di John Ridley, scrittore che ebbe anche l'onore (e l'onere) di adattare il suo romanzo al cinema scrivendo la sceneggiatura di suo pugno. Colonna sonora di Mr. Ennio Moricone.

Ogni maledetta domenica (1999)
Mondo tradizionale contro nuovo che avanza, valori contro profitto. Il protagonista è Tony D'Amato (Al Pacino), allenatore dei Miami Sharks -siamo nel mondo del Football americano- con un palmares da fare invidia a tutti, ma con grossi problemi di risultati nell'ultimo periodo. La prima a pensare di rottamarlo è l'ambiziosa Christine Pagniacci (Cameron Diaz), nuova proprietaria della fanchigia subentrata al defunto padre, un buon uomo che ai tempi dei grandi successi lavorava gomito a gomito con il povero D'Amato. Sport come metafora della vita e, ancor di più, della società americana che Oliver Stone vede corrompersi sotto i suoi occhi, come se gli oltre dieci anni passati da Wall Street (a cui per certi versi si fa riferimento) fossero passati guidando ostinatamente nella direzione sbagliata. Cinema maschio e di maschi, con sequenze di gioco strepitose, magistalmente diretto e ben scritto. Al Pacino impeccabile, ma attenzione a James Woods (che fu già protagonista con Stone in «Salvador»), perché è bravissimo e il suo personaggio è una chiave di volta per comprendere tutto il film, solo apparentemente didascalico e morale, ma in realtà complesso e variegato nei giudizi che prova a dare. Fu la prima importante interpretazione di Jamie Foxx, il giovane quarterback di riserva che toglierà le castagne dal fuoco di una squadra allo sbando.