In occasione della Festa della Donna, ecco dieci pellicole che celebrano le figure femminili nel cinema
Considerata per anni come "il sesso debole", molte donne hanno dimostrato di avere tenacia, determinazione e la capacità di buttare il cuore oltre l'ostacolo e oltre il senso morale, per lottare contro le ingiustizie. La Storia le ha insultate, maltrattate, sminuite, emarginate, ma molte di queste donne si sono dimostrate impavide, mostrando le loro reali qualità.
In occasione dell'uscita di Suffragette, abbiamo provato a raccogliere 10 film che raccontano al cinema dieci grandi donne. Si tratta di dieci incredibili figure femminili, donne che hanno cambiato il mondo o il corso degli eventi con la loro forza e le loro debolezze, con la loro presenza e atteggiamento rivoluzionario. Alcune (Erin Brockovic, Margaret Thatcher e Hannah Arendt) sono davvero esistite, altre sono personaggi di fantasia, ma tutte, a loro modo, hanno contribuito alla nostra formazione, rendendoci persone migliori.
Ecco quindi dieci film sulle donne da vedere almeno una volta, compreso il recente Suffragette.
Suffragette, Sarah Gavron (2015)
In uscita il 3 marzo, il film Suffragette racconta la storia di quelle donne che a partire dal 1903 ingaggiarono, nel Regno Unito, una lotta senza quartiere e senza distinzioni di ceto sociale contro la Corona per l'ottenimento del suffragio universale (erano già cinquant'anni che protestavano pacificamente, ma evidentemente non bastava). Si parte da Londra, ma ben presto il grido 'vote for women' esplode in tutto il Paese e le nostre ragazze cominceranno a entrare e uscire di prigione, subire indagini, arresti e campagne diffamatorie da parte dei maschietti idioti loro concittadini, della polizia e di qualche donna meno emancipata. La storia che seguiamo, rigorosamente quasi-vera (i fatti sono documentati e realmente successi, ma il personaggio è di fantasia), è quella dell'operaia Maud Watts (Carey Mulligan), che per la sua causa (anzi, la nostra causa) verrà cacciata dal marito e vedrà anche portarsi via suo figlio. Una vicenda che fa rabbrividire e arrabbiare, cinematografica per sua natura, ma anche ben raccontata e molto documentata. Che serva da monito a tutti.
Erin Brockovich, Steven Soderbergh (2000)
Storia (tristemente) vera della signora Erin Brockovich, madre single con figlioletti a carico e modesta lavoratrice precaria, ma tremendamente ostinata e amante della giustizia nel senso morale del termine, forte come solo le donne della Hollywood medio-impegnata riescono ad essere. Un giorno trova tra le pratiche dello studio per cui lavora -è alle dipendenze di un avvocato che sta per andare in pensione- informazioni circa una compagnia che avrebbe inquinato le acque di una falda acquifera della zona di Hinkley (California), provocando tumori e altre malattie agli abitanti. Contro tutto e contro tutti si prenderà a cuore la faccenda e riuscirà ad imbastire una class action di quelle che passano alla storia e su cui, prima o poi, qualcuno fa un film. Lei è una bellissima Julia Roberts, premiata con l'Oscar all'istante.
The Iron Lady, Phyllida Lloyd (2012)
The Iron Lady è il film con cui, nel 2012, Meryl Streep si è guadagnata il suo ultimo Oscar; la donna di ferro in questione è la signora Margaret Thatcher, leader del Partito Conservatore inglese e Primo Ministro britannico per tutti gli anni '80 (quando negli USA c'era Reagan e in Francia Mitterand). Eppure all'inizio del film vediamo una vecchina al supermercato che tutto è, fuorché di ferro, poiché a causa di una serie problemi fisici che la colpirono dopo la sua esperienza politica, la Signora più odiata dalla gauche Europea, nei suoi ultimi anni di vita era arrivata a confondere il conflitto nella Falkland con la Guerra nella ex-Jugoslavia, passando ad una vita in solitudine (pur tra badanti di ogni tipo) e riducendo a zero i suoi interventi pubblici. Il merito del film (ma forse anche il suo difetto), che uscì sei mesi prima della morte della sua protagonista, è proprio rendere conto delle due facce di questo personaggio: da un lato l'immagine pubblica (e politica) di donna inflessibile, decisa e decisionaria, dall'altro quello umano di povera donna vista nella sua quotidianità che, alla fine, è un essere umano anche lei. Sceneggiato da Abi Morgan, la stessa dello splendido Shame.
Hannah Arendt, Margarethe von Trotta (2012)
Film che uscì nelle sale italiane solo per due giorni in occasione del Giorno della Memoria, Hannah Arendt è un film bellissimo che racconta in modo raffinato e amorevole una piccola ma decisiva parte (i tre anni dal '61 al '64) della vita della filosofa di Hannover, la più importante e discussa del Novecento. Siamo a New York -città nella quale Hannah si dovette trasferire in seguito alle note vicende politiche avvenute in Germania tra il 1933 e il 1945- e la Arendt viene ingaggiata dal New Yorker per recarsi a Gerusalemme a seguire il 'processo del secolo', quello in cui l'ex gerarca nazista Adolf Eichmann venne condannato a morte per impiccagione dal Governo di Tel Aviv. Film di filosofia su una donna eccezionale che fuma una sigaretta dietro l'altra, tra salotti altolocati, amici colti che discutono di politica e un marito di cui è perdutamente innamorata e che giustamente la adora.
Jackie Brown, Quentin Tarantino (1997)
Il film è un noir pieno di sole (sfumature thriller su uno sfondo giallo) e ci racconta l'astuzia di una hostess insoddisfatta dello stipendio che utilizza il suo ruolo e la sua divisa per contrabbandare cocaina e armi per conto del pericoloso Ordell Robbie, evidentemente in cambio di copiosi bigliettoni. Per tutta una serie di ragioni (come sempre con Tarantino ci troviamo di fronte a un racconto solido, ma piuttosto intricato), Jackie si dovrà districare tra delinquenti che vogliono la sua pelle e polizia che la vorrebbe in galera. Mondi apparentemente opposti, quello della legalità e quello del crimine, ma egualmente razzisti e maschilisti, il cui obiettivo è solo quello di ricattare e utilizzare la hostess per il loro scopi. Il regista va a nozze con questo tipo di cose e la signorina, potete giurarci, dimostrerà di sapere il fatto suo, e anche qualcosa di più. Oltre a Pam Grier (che Tarantino volle fortissimamente perché fu icona sexy del cinema d'azione di serie B negli anni '70), nel cast spiccano il premio Oscar Robert Forster, Samuel L. Jackson, Robert De Niro e Michael Keaton.
The Help, Tate Taylor (2011)
Non solo una donna, ma un tributo a tutta una serie di donne (spesso senza nome) che cambiarono l'America e il suo rapporto con il razzismo tra gli Anni '50 e '60. Eh sì, perché le cameriere-domestiche di colore, nel Missisipi di quegli anni erano considerate esseri inferiori, con bagni separati e posate a loro riservate, buone solo a cucinare pollo fritto, lavar panni e far crescere i figli degli altri (evidentemente troppi impegnati per farlo da sé). E fu proprio la generazione di quei figli -simboleggiata dal personaggio di una brava Emma Stone -a capire che non c'è differenza tra bianco e nero, a riconoscere la forza di quelle donne, le loro virtù morali e a comprendere le loro sofferenze fisiche e psicologiche. Il film è ambientato a Jackson, un minuscolo paese fatto di villette e casalinghe benestanti che spettegolano tutto il giorno mentre si fanno le unghie con i bigodini in testa; ma la giovane Skeeter decide di scrivere un articolo di giornale e, quindi, di intervistare Minny e Aibileen per mostrare a tutti quali sono le loro condizioni, le quali infarciranno il racconto con aneddoti spassosi che metteranno in cattiva luce le loro padrone. The Help è un film che alterna benissimo scene commoventi (si piange almeno in tre occasioni) ad altre davvero molto divertenti. Octavia Spencer fu premiata con l'Oscar.
Blue Jasmine, Woody Allen (2013)
Più dramma che commedia, per questo ottimo Woody Allen (probabilmente il suo miglior film dai tempi di Match Point) che racconta di una signora che si trasferisce dalla sorella povera a San Francisco, lasciandosi alle spalle i salotti, le festine e lo shopping newyorkese a causa di un marito-finanziere-imprenditore ricchissimo dal quale si è fatta mantenere da sempre, ma che a quanto pare era in realtà un truffatore ora caduto in disgrazia. Jasmine, emotivamente instabile e davvero sull'orlo della crisi di nervi, tra un vodka martini e qualche pastiglia di troppo, dovrà dunque ricominciare dall'inizio. Cate Blanchett è la protagonista e l'Oscar che ha vinto per questo film è più che mai meritato, Woody Allen osserva quasi sadicamente il declino della sua Jasmine, mettendoci nelle condizioni di ricostruire il suo dramma alternando flashback dalla vita precedente con le nuove disavventure californiane (riesce anche a farci ridere qualche volta, e sempre a spese della sua protagonista). Nel finale c'è anche un bel colpo di scena e l'ex-marito di cui sopra è il buon Alec Baldwin.
Zero Dark Thirty, Kathryn Bigelow (2012)
Ricorderete tutti il discorso in cui Barack Obama, nel 2011, comunicò al mondo intero della morte e della cattura di Osama Bin Laden, l'allora ricercato numero uno al mondo; a un anno degli eventi, la regista premio Oscar Kathryn Bigelow (The Hurt Locker) ci mostra il lavoro dei servizi segreti che portò i Marines nel bunker pakistano del capo di Al-Queda, tra le cosiddette 'tecniche avanzate di interrogatorio', i problemi di raccolta delle informazioni e i dubbi sull'efficacia di un'operazione rischiosissima anche per le eventuali conseguenze a livello mediatico. La storia ufficiale, qui semplicemente presa e riportata senza dietrologie, vuole che a capo di tutti ci fu una donna, Maya Lambert (interpretata da una ottima Jessica Chastain), che lavorando per anni una media di quindici-venti ore al giorno e vedendo alcuni suoi colleghi morire, coordinò l'operazione con il suo infallibile istinto ragionato, non senza prendersi qualche gigantesco rischio professionale (come sorvolare sulla differenza tra il "siamo certi che sia lì" e il "c'è un novanta per cento di probabilità che sia lì"). Buon film, buon ritmo, qualche colpo di scena e alcune sequenze indimenticabili, tra cui l'interrogatorio iniziale, tutta la parte finale dell'assalto al bunker e la scena dell'automobile-kamikaze.
Million Dollar Baby, Clint Eastwood (2004)
Clint Eastwood nel 2004 aveva già settantaquattro anni, ma questo non gli impedì di produrre, girare e interpretare uno dei suoi film più apprezzati. Siamo nell'America che non vorremmo esistesse, quella dei poveri che non hanno nulla da perdere o degli ex-fortunati che sono ormai caduti e stanno per toccare il fondo; in questo ambiente parole come riscatto, perseveranza e determinazione hanno ancora un significato, soprattutto se legate allo sport e alla rivincita sulla vita che questo può dare. E la protagonista è infatti una giovane boxeur donna dotata di grande carisma (Hilary Swank), allenata da un vecchio misantropo (Clint Eastwood), entrambi affiancati da un ex pugile attempato che vive nella portineria della palestra (Morgan Freeman): sarà grande l'ascesa, ma altrettanto triste e tragico il declino (che non sveliamo), con tanto di finale struggente in cui l'amicizia è tutto ciò che è rimasto ai protagonisti. Quattro Oscar (film, regia, attrice protagonista e attore non protagonista).
Marie Antoinette, Sofia Coppola (2006)
Punto vista singolare su un personaggio -quella Maria Antonietta che finì con la testa mozzata nella Francia del 1789- di cui già si era scritto e detto molto prima di questo film: Sofia Coppola la osserva trasferirsi a Versailles da Vienna quando, ancora quattordicenne, divenne la promessa sposa di Luigi XVI (prima che diventasse re) e ce la mostra nella sua strampalata quotidianità fino allo scoppio della rivoluzione una ventina di anni dopo. Ragazza sfortunata, questa Maria Antonietta, non ben vista dalla corte e che nella perenne attesa del marito e piena di solitudine, si dedica a una vita piena di sfarzi ed eccessi, tra feste esagerate, capricci da ragazza viziata, torte rosa e sprechi di ogni tipo (che alla fine, come sappiamo, le verrano rinfacciati dai francesi). Sofia Coppola gioca proprio con questo aspetto esteriore ed eccede compiaciuta nei costumi (Oscar a Milena Canonero), nei colori e in tutte le scelte estetiche di un film che solo una come lei avrebbe potuto girare (la stessa cosa che si disse di Somewhere, peraltro). Ottima anche Kirsten Dunst senza età nel ruolo della protagonista e in una delle sue migliori interpretazioni.