Dal film candidato all'Oscar ai pionieri «Boys Don't Cry» e «L'altra metà dell'amore», l'amore dei ragazzi in tutte le sue espressioni

L'ultimo quindicennio, soprattutto nel Cinema occidentale, pullula di film in cui il tema centrale è l'amore omosessuale. Forse perché l'argomento ha in sé un risvolto politico, ma certamente anche perché è uno dei pochi ambiti in cui si può raccontare ancora l'amore proibito. Quelle che una volta erano le lotte tra Montecchi e Capuleti che costringevano i poveri Romeo e Giulietta alla segretezza, adesso sono le varie declinazioni dell'omofobia conservatrice, esplicita o strisciante che sia.
L'occasione per parlarvi di queste cose ce la dà l'uscita in sala, giovedì 16 febbraio, di «Moonlight», il film di Barry Jenkis candidato a otto Oscar (tra cui Miglior Film e Miglior Regia), che racconta la storia di un giovane omosessuale di colore cresciuto nella periferia di Miami. Abbiamo quindi deciso di ricordarvi una serie di film in cui i protagonisti sono giovani ragazze e ragazzi, a volte in pace con se stessi e con la loro sessualità, come in «La Vita di Adele», altre in difficoltà di fronte all'ostilità e all'incomprensione del mondo nei loro confronti, come nel caso di «Boys Don't Cry» o «L'altra metà dell'amore».

Moonlight, di Barry Jenkis (2016)
Spesso gli Stati Uniti sono dipinti come un padre severo, ma amorevole e giusto, che sotto il suo ombrello permette a ciascuno di prendersi le proprie libertà personali e cercare la propria strada. Non è così in «Moonlight» che ci mostra una Miami in cui le persone di colore hanno il destino segnato, non solo dal punto di vista economico-sociale (questo già lo sapevamo), ma anche per gli aspetti più intimi che riguardano la sfera dell'identità e della sessualità. Grazie all'abile regia di Barry Jenkis, scopriamo le tre fasi della vita di Chiron (Trevante Rodhes): quella dell'infanzia, l'adolescenza e, finalmente, l'età adulta. Ma il film (e questa è solo una delle sue forze) ha la capacità di seguire il suo protagonista, trasformandosi da dramma familiare (il bambino trascurato dalla madre drogata), a film adolescenziale in cui il protagonista viene bullizzato e scopre un interesse particolare per il suo migliore amico. Si arriva poi alla maturità, in cui vediamo un uomo fatto e finito, risultato dell'ambiente in cui è cresciuto ed essere umano vero, complicato e continuamente in evoluzione, lontano non solo dal modello machista che prevale, ma anche esempio di personaggio maschile per tutto il cinema di oggi. Occhio all'Oscar.

Mine vaganti, di Ferzan Özpetek (2010)
Prima vera commedia popolare del regista italo-turco che riprende il tema a lui carissimo dell'omosessualità e lo inserisce in un contesto tipicamente italiano. In «Mine vaganti» emerge un'arretratezza culturale del nostro Paese sul tema, soprattutto in alcune zone del Sud, ma l'obiettivo non è la critica, bensì lo sfruttamento al servizio della commedia all'italiana. Luogo prediletto per queste dinamiche è la famiglia, meglio se numerosa, bizzarra e industrial-borghese. Il protagonista del film è Tommaso (Riccardo Scamarcio), trasferitosi dal Salento a Roma per motivi di studio. Sta per tornare a casa, solo che ora ha un fidanzato e non potrà continuare a vivere liberamente la sua relazione. Lo dirà al padre (un ottimo Ennio Fantastichini)? Come reagirà? Chissà quanti ragazzi si ritroveranno in questa vicenda, semplice, ma ben raccontata, con tutti i caratteri delle commedia classica come le differenze tra città e campagna, padri e figli, progressisti e conservatori.

La vita di Adele, di Abdellatif Kechiche (2013)
Film chiacchieratissimo da quando nel 2013 venne presentato al Festival di Cannes, soprattutto per la scena di sesso più lunga di sempre che sorprende per intensità. Sì, perché «La vie d'Adèle» gioca moltissimo sulla centralità del corpo, sull'attrazione, su cosa sia l'amore fisico. Il film parla di amore in assoluto, tralasciando l'omosessualità come problematica sociale e concentrandosi su tutto il resto. All'inizio la splendida Adèle (Adèle Exarchopulos) è una ragazza come tante e sta con il bello del liceo, ma tutto viene rimesso in discussione quando si imbatte in una ragazza dai capelli blu (Léa Seydoux) che le farà letteralmente perdere la testa. Le due ragazze inizieranno una relazione appassionata, ma anche piena di complicazioni e alti e bassi, come del resto sono tutti gli amori veri, profondi e duraturi. Il regista ci mostra ogni singola emozione di Adèle, senza mai abbandonarla, comprendendone il dolore e le gioie, facendoci provare una fortissima empatia. Nonostante le tre ore di film e alcune sequenza praticamente in tempo reale, rimaniamo incollati allo schermo dall'inizio alla fine.

Boys don't cry, di Kimberly Peirce (1999)
Ispirato ad una storia di cronaca finita tragicamente (ma scoprirete voi come), il coraggioso «Boys Don't Cry» mette in scena la storia di Brandon Teena, ragazzo di Lincoln trasferitosi a Falls City, nel Nebraska, culla del più atroce tradizionalismo statunitense. Brandon è tecnicamente una ragazza, sia per l'anagrafe, sia per la sua conformazione biologica, tanto è vero che il suo vero nome è in realtà Teena Brandon. Nella nuova cittadina in cui vive, si veste e si atteggia come il ragazzo che vorrebbe essere (e forse in effetti lo è): simpatico, solare, affascinante, ricercatissimo dalle donne, ma il suo piccolo segreto lo porterà a entrare in un vortice di menzogne senza freni. Una reazione a catena che complicherà, in modo pericolosissimo, la sua stessa esistenza. Eccezionale Hilary Swank, che per questa interpretazione vinse l'Oscar come Miglior Attrice nell'edizione del 2000, lasciando dietro di sé, tra le altre, Julianne Moore e Meryl Streep, niente male per una ragazza di venticinque anni. N.B.: Vietato controllare in rete come finì "l'episodio di cronaca" da cui è tratto il film prima di averlo visto.

Brotherhood, di Nicolo Donato (2009)
Grande idea del regista e co-sceneggiatore mezzo italiano e mezzo danese Nicolo Donato (non è un errore, Nicolo è senza accento) che gioca con il fuoco inserendo l'omosessualità in un contesto iper-maschio e, come se non bastasse, fieramente intollerante sul tema. Protagonista di «Brotherhood» è Lars, cacciato dall'esercito ancora prima di riuscire ad entrarvi per aver avuto atteggiamenti provocatori nei confronti di alcuni compagni. Sconfortato, entra a far parte di un gruppo di nazisti danesi che probabilmente sono secondi solo ai loro colleghi dell'Illinois (cit.) per crudeltà e ortodossia. Viene affidato a uno dei più duri picchiatori del gruppo (con tanto di svastiche tatuate e muscoli d'acciaio) per l'indottrinamento necessario all'ingresso a titolo definitivo nel branco. Quando però si troveranno tutti soli, tra un passaggio del Mein Kampf e disquisizioni sulla supremazia bianca, finiranno a letto insieme. Forse anche attratti dal senso di colpa e di trasgressione che la situazione offre loro. Cosa ne penseranno i loro amici-camerati? Un melodramma classico, che si trasforma in un quasi-thriller nella seconda parte, in cui le scene migliori sono certamente quelle dell'avvicinamento tra i due, dove la sottile linea tra il machismo e l'omosessualità si spacca lentamente.

Quando hai 17 anni, di André Téchiné (2016)
Siamo sui Pirenei, in uno di quei luoghi sperduti in cui tanti paesini e case di allevatori dislocati sulle montagne hanno il loro centro vitale verso valle, dove si intrevede un abbozzo di città, non foss'altro perché c'è un supermercato, una stazione e una scuola. E proprio all'interno di questa scuola parte il racconto di «Quando hai 17 anni» che ci mostra due compagni di classe molto diversi tra loro che sembrano trasudare odio l'uno per l'altro, tra sgambetti apparentemente innocenti in mezzo ai banchi e i più seri pugni sul naso scambiati davanti alla scuola. Il più forte dei due, Thomas, è un ragazzo nordafricano adottato, preoccupato per l'arrivo di un nuovo figlio naturale in casa che potrebbe turbare i rapporti con i genitori. L'altro, Damien, è più complicato e vivace, con una madre straordinaria, un padre in guerra (forse in Afghanistan) e i corsi di boxe per imparare a difendersi dai bulli a scuola. Sarà la madre di quest'ultimo ad avvicinare i due ragazzi, invitando Thomas a trasferirsi temporaneamente da loro dopo il ricovero della madre di lui, alle prese con una maternità complicata. I ragazzi saranno costretti alla convivenza, il loro rapporto sarà complesso e forse dietro quella violenza adolescenziale c'è qualcosa di più, un'attrazione-repulsione difficile da comprendere. Apprezzatissimo al Festival di Berlino lo scorso anno e cadidato all'Orso d'oro (anche se alla fine la spuntò l'italiano «Fuocoammare»).

La belle saison, di Catherine Corsini (2015)
Presentato al Festival di Locarno nell'agosto del 2015, «La Belle Saison» è un film che parte come una commedia ambientata nei primi Anni '70 a Parigi, per poi trasferirsi in campagna e sfociare nel dramma amoroso. Protagonista è Delphine, ragazza dedita al lavoro nella sua fattoria che, trasferitasi in città per studiare, incontra un gruppo di simpatiche femministe che si divertono a mettere in pratica piccole azioni dimostrative, oltre a fumare duecento sigarette al giorno e a discutere di sociologia e ruolo della donna. Tra loro spicca Carole, trentacinquenne fidanzata (con un uomo) e capo carismatico di quel gruppo di ragazze, della quale Delphine si invaghirà prima intellettualmente, poi anche fisicamente. L'attrazione è ricambiata, ma sarà messa a dura prova quando dovrà tornare dalla madre in campagna, donna di un altro tempo che non sa (e non approverebbe) la relazione che la figlia ha iniziato in città. Film che ha il suo maggiore punto di forza nel realismo del rapporto tra le due ragazze e nella verità che si respira nelle scene di passione. Bel finale.

Weekend, di Andrew Haigh (2011)
Film del regista di «45 anni», che al Festival di Berlino 2015 è valso l'Orso d'argento per la migliore interpretazione a tutti e due i protagonisti. Anche «Weekend», del 2011, raccontava la vita di una coppia, ma questa volta i protagonisti sono due ragazzi, nel senso che hanno una trentina d'anni e che sono due maschi. Una storia che dovrebbe durare solo per una notte, la loro, o per lo meno così credono all'inizio Glenn e Russel che si sono conosciuti un venerdì sera qualunque in un locale. Sebbene la storia non si esaurirà in una sola notte, Russel il lunedì successivo dovrà partire per gli Stati Uniti e la prospettiva spingerà i due a scambiarsi segreti e vivere un weekend di grande intesità. Costruito benissimo nei dialoghi e nelle vicinanza ai personaggi, sceneggiato forse anche meglio di «45 anni», con un finale strappalacrime.

The way he looks, Daniel Ribeiro (2014)
«The way he looks» è la storia di un primo amore, di quelli del liceo, con la particolarità che Leo, il protagonista, è una ragazzo cieco. Non vive male la sua disabilità, anzi, è tutto concentrato nel tentativo di emanciparsi dalla propria famiglia, assillante e preoccupata per la salute del figlio. Quando arriva un nuovo compagno di classe, il bel ricciolino Gabriel che tutte le ragazze della scuola vorrebbero, si forma subito un trio tra lui, Leo e la migliore amica Giovana. Ma ben presto l'amicizia tra i due ragazzi diventerà qualcosa in più, in barba ai bulli della scuola e agli omofobi della domenica che non accettano i loro avvicinamenti, ma con attenzione nei confronti di Giovana, anch'essa persa per Gabriel, che Leo non vuole deludere e della quale non vuole perdere l'amicizia. Bel triangolo amoroso del tutto originale, presente alla Berlinale 2014 dove ha vincto il premio FIPRESCI e il Teddy Award.

L'altra metà dell'amore, Léa Pool (2001)
Forse film pioniere, se non altro per il grande pubblico, dell'amore omosessuale di matrice tutta femminile sul grande schermo. E quale migliore ambientazione per «L'altra metà dell'amore», se non quella di un rigido collegio in cui quell'amore sembra impossibile e costretto a vivere nell'ombra? Tutto inizia quando Mary, ragazza orfana di madre spedita in collegio dal padre e dalla sua nuova compagna, vede Pauline e Victoria baciarsi appassionatamente. Se inizialmente (e ingenuamente) la ragazza crede che siano prove tecniche per imparare a baciare in vista di un qualche appuntamento eterosessuale, ben presto emergerà chiaramente che la loro è una vera e propria relazione clandestina. Non dà peso alla questione, ma tutto si complicherà quando il segreto sarà scoperto dalla sorella più piccola di Victoria, costringendo le due innamorate a separarsi malamente per negare l'evidenza dello scandalo. Da qui la seconda, tragica, parte del film, che vedrà Pauline concentrata nel tentativo di riconquistare la sua ex, compiendo gesti eclatanti.