Oscar 2019: gli 8 titoli in corsa per il Miglior film
Una storia di supereroi, una pellicola recitata in messicano e il terzo remake di un classico degli anni Trenta: sono alcuni dei titoli che si contenderanno il più prestigioso Premio Oscar la notte del 24 febbraio
Il Premio Oscar al miglior film è l’ultimo e il più prestigioso riconoscimento che viene assegnato dall’AMPAS (Academy of Motion Picture Arts and Sciences) durante la cerimonia di premiazione degli Academy Awards; fu consegnato per la prima volta nel 1929, ed è attribuito non al regista ma ai produttori della pellicola vincitrice. È anche l’unico premio per cui possono votare tutti i 6687 membri che formano la giuria dell’Academy, non importa se costumisti, sceneggiatori o tecnici. Al 2018, si contano 546 titoli candidati a questa statuetta e, ovviamente, 90 vincitori.
Il 91esimo si scoprirà nella notte tra domenica 24 e lunedì 25 febbraio, a partire dalle 22:50 (ora italiana), in diretta su Sky Cinema Oscar (canale 304) e Tv8 e, per la prima volta, anche in streaming. Durante la cerimonia – la prima senza conduttore dal 1989 – dovevano essere assegnate per la prima volta quattro statuette fuori onda: quella alla migliore fotografia, al miglior montaggio, al cortometraggio e al trucco. Dopo una bufera di critiche, però, l'Academy ha ritirato questa decisione, presa per accelerare i tempi della cerimonia. Roma potrebbe essere il primo film in lingua straniera a ritirare, alla fine della nottata, l’Oscar come migliore pellicola dell’anno: solo 11 titoli, in 91 anni, sono infatti stati candidati a tanto – tra cui Il postino nel 1996 e La vita è bella tre anni dopo – ma nessuno di questi è ancora entrato nella Storia.
Per il suo debutto dietro alla macchina da presa, Bradley Cooper sceglie di rifare, per la terza volta, È nata una stella di William A. Wellman, che nel 1938 vinse l’Oscar al soggetto e che ha rivisto il grande schermo prima nel ’54, con la protagonista interpretata da Judy Garland, e poi nel ’76 con Barbra Streisand. Per questo nuovo remake, che vira ancora dal mondo del cinema a quello della musica, la stella nascente è interpretata da Lady Gaga mentre l’astro decadente è lo stesso Cooper, che ha ammesso di aver avuto anche lui problemi di alcolismo e dipendenza da droghe. Otto candidature: oltre a quella per il miglior film, anche sceneggiatura non originale, interpretazione di entrambi gli attori protagonisti, l’attore di supporto Sam Elliot, la canzone originale (Shallow, scritta da Gaga insieme a Mark Ronson) e il mixaggio sonoro.
BlacKkKlansman
Jason Blum – l’uomo dietro Paranormal activity e Scappa – Get out – mette momentaneamente da parte l’horror e produce il 24esimo lungometraggio di finzione di Spike Lee, che poi tanto di finzione non è: racconta infatti la vera storia di Ron Stallworth, il primo detective nero nel dipartimento di polizia di Colorado Springs. BlacKkKlansman è ambientato negli anni Settanta, periodo in cui insorgono i movimenti per i diritti civili. Fingendosi un suprematista bianco, Stallworth riesce a entrare nel Ku Klux Klan locale e usa un suo collega ebreo per prendere parte agli incontri: la beffa, però, è destinata a saltare. Gran Premio della Giuria allo scorso Festival di Cannes, quattro nomination ai Golden Globe, cinque ai Bafta e sei candidature all’Oscar, inclusa la prima per Lee come miglior regista, che nel 2016 aveva ricevuto una statuetta onoraria.
Black Panther
In seguito alla morte del padre, T’Challa è incoronato re di Wakanda, ma la sua sovranità è messa in dubbio da un avversario che progetta di abbandonare le politiche isolazioniste del Paese e di iniziare una rivoluzione globale. Il diciottesimo film del Marvel Cinematic Universe è anche il primo con un cast quasi interamente afroamericano: il National Board of Review e l’American Film Institute l’hanno inserito fra i 10 migliori film del 2018, lodando la regia di Ryan Coogler e l’interpretazione di Chadwick Boseman nel ruolo di Pantera Nera. Con quasi un miliardo e mezzo di dollari d’incasso globale, è il film più visto del 2018 in USA e Canada e il secondo più visto in tutto il mondo, dietro al cugino Avengers: Infinity war. Tre Critics’ Choice Awards, un SAG, tre nomination ai Golden Globe e sette agli Oscar.
Bohemian Rhapsody
La produzione travagliatissima, cominciata anni fa e divisa tra numerosi registi, ha sempre potuto contare sulla fermezza di due persone: Brian May e Roger Taylor, membri originali dei Queen, che firmano la pellicola come produttori e che raccontano non la loro storia, ma quella di Freddie Mercury. Quasi 450 milioni di dollari incassati in tutto il mondo per un film che originariamente avrebbe dovuto essere diretto da Stephen Frears e interpretato da Sacha Baron Cohen – ma l’attore, seppur fedele alle origini di Freddie, rischiava di avere un appeal troppo comico per interpretare al meglio il ruolo. È toccato dunque a Rami Malek, già protagonista di Mr. Robot, e a Bryan Singer che nel ’95, appena trentenne, firmava I soliti sospetti. I due riescono a riportare in vita il mito di Mercury, attraverso un minuzioso lavoro di trucco, di mimesi e di lip-sync.
Green book
Nel 1962, l’arresto era la cosa meno terribile che potesse capitare a un “colored” negli Stati Uniti: per prevenirlo si poteva consultare il Negro motorist green book che dà il titolo a questo film: bettole, topaie, motel da due spicci in cui un afroamericano accedeva senza causare, forse, risse da bar. Qualsiasi afroamericano: anche quello che Igor Stravinsky definì virtuosamente «degno degli dei»: la storia è tristemente vera, ed è raccontata dal figlio di Tony “Lip” Vallelonga: italiano rozzo e scientemente razzista che si ritrova a fare da autista nel profondo Sud al pianista di fama internazionale Don Shirley. Dirige il Peter Farrelly di Tutti pazzi per Mary che incassa cinque nomination totali: miglior film, montaggio, sceneggiatura originale, attore protagonista (Viggo Mortensen) e attore non protagonista (Mahershala Ali).
La favorita
Sfiancata dalla gotta, afflitta da diciassette aborti, la regina Anna d’Inghilterra non riesce a governare il Paese né tantomeno a fronteggiare la guerra contro la Francia. I suoi interessi maggiori sono allevare i numerosi conigli che ha nella stanza e correre per i corridoi del palazzo a bordo della sedia a rotelle. Non da meno, i maschi di corte si intrattengono in inutili passatempi come le gare fra anatre: le decisioni reali sono allora in mano a lady Sarah Churchill, antenata di Winston, che si prende cura del regno e al contempo della sovrana. Finché non irrompe a palazzo sua cugina Abigail… Tris di donne d’eccellenza capitanate da Olivia Colman, vincitrice del Golden Globe e del Bafta per questo ruolo, affiancata dai Premi Oscar Emma Stone e Rachel Weisz. Dieci nomination in tutto, tra cui la miglior regia del greco Yorgos Lanthimos.
Roma
Un anno nella vita di una famiglia borghese a Colonia Roma, quartiere situato nel distretto di Cuauhtémoc di Città del Messico, a ovest del centro storico della città: è il film “più essenziale” della carriera del regista Alfonso Cuarón, Premio Oscar per la regia e il montaggio di Gravity nel 2014 – il primo regista ispanico a ottenere quella statuetta. Girato in Dolby Atmos, in un bianco e nero neorealista, recitato in parte in una lingua nota come Mixtec, segue la routine quotidiana e le sorprendenti traversie della domestica Cleo, che ricalca la “Libo” a cui è dedicato il film: Liboria Rodriguez, la vera domestica che Cuarón aveva in casa quando, negli anni Settanta, era un bambino. Rifiutato dal Festival di Cannes perché destinato a Netflix, il film ha vinto il Leono d’Oro alla Mostra di Venezia, due Golden Globe e quattro Bafta.
Vice – L'uomo nell'ombra
Vita e opere di Dick Cheney, alleato di George W. Bush durante le elezioni presidenziali del 2000 e poi vicepresidente degli Stati Uniti d’America: riconoscendo nel giovane Bush più interesse a compiacere il padre che non a raggiungere il potere, Cheney prese in carico alcune responsabilità esecutive come politica energetica e politica estera di cui l’America ancora oggi paga le conseguenze. Dietro al trucco e ai chili di troppo si cela Christian Bale, che lo interpreta accanto a Amy Adams e all’Oscar 2018 Sam Rockwell. Scrive e dirige Adam McKay, premiato dall’Academy tre anni fa per la sceneggiatura de La grande scommessa (sempre interpretato da Bale) e che ci riprova quest’anno anche nella categoria della regia. Otto nomination complessive, tra cui montaggio, trucco e acconciature e tutti e tre gli attori.
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