Bisogna ammetterlo: la 91esima edizione degli Academy Award non è stata particolarmente emozionante. Prima edizione senza conduttore da quella del 1989, e la mancanza di un vero e proprio presentatore si è fatta sentire: niente monologo di apertura, niente sketch tra un annuncio e l'altro; solo una carrellata di presentazioni e relativi discorsi di ringraziamento durata tre ore, con presentatori diversi per ogni categoria.
Dopo la polemica delle ultime settimane, l'Academy ha deciso di non annunciare alcuni premi durante la pubblicità per risparmiare tempo, ma di mandare in onda (in diretta dal Dolby Theatre di Los Angeles, come sempre) tutti i premi, nessuno escluso. La serata è quindi cominciata con l'annuncio della migliore attrice non protagonista (Regina King per Se la strada potesse parlare) e si è conclusa con la vittoria di Green Book come miglior film. Nel mezzo, alcune sorprese (Olivia Colman miglior attrice protagonista), qualche esibizione musicale e diversi discorsi di ringraziamento memorabili. Ecco quindi i momenti migliori della serata.
Bohemian Rhapsody è il biopic musicale di maggior incasso di sempre. Inevitabile quindi un tributo a Freddie Mercury nel corso della serata, e infatti ad aprire questa 91esima edizione degli Oscar sono stati proprio i Queen con Adam Lambert, che si sono esibiti in un medley di We will rock you e We are the champions, incantando sia il pubblico da casa che la platea al Dolby Theatre (durante l'esibizione abbiamo intravisto uno JavierBardem scatenatissimo e una Amy Adams entusiasta).
Lo sketch d'apertura di Maya Rudolph, Amy Poehler e Tina Fey
Non proprio uno sketch, ma neanche la normale presentazione di una categoria. Le cerimonie degli Oscar generalmente si aprono con un monologo comico (uno dei migliori degli ultimi anni è stato quello di Ellen nell'edizione del 2013) del conduttore o della conduttrice. Una tradizione impossibile da rispettare in quest'edizione senza conduttore, ma per fortuna a salire sul palco dopo i Queen sono state Maya Rudolph, Tina Fey e Amy Poehler, attrici e comiche (hanno tutte fatto parte del Saturday Night Live, per intenderci).
E così l'annuncio della vincitrice dell'Oscar per miglior attrice non protagonista si è trasformato in un tripudio di battute («Buonasera e benvenuti alla milionesima edizione degli Academy», ha esordito Fey). Hanno subito chiarito che no, non sarebbero state le mattatrici della serata, ma hanno regalato al pubblico un assaggio di quello che sarebbe stato il loro monologo d'apertura da presentatrici, tra battute sugli attori in gara («Bradley Cooper, non preoccuparti: anche io dopo quattro figli mi sono fatta la pìpì addosso ai Grammy»), commenti sulle controversie legate a quest'edizione («Roma è su Netflix? Poi cos'altro, il mio microonde farà un film?») e allusioni alla politica di Trump («Nel caso qualcuno fosse confuso: non ci sarà un conduttore stasera, non ci sarà un premio per il miglior film popolare e no, il Messico non pagherà il muro»).
Un documentario sulle mestruazioni vince l'Oscar
«Se piango non è perché ho il ciclo, è che non riesco a credere che un film sulle mestruazioni abbia appena vinto un Oscar!»: il discorso della regista Rayka Zehtabchi (che, per la cronaca, ha appena 25 anni) per la vittoria di Period. End of Sentence (Il ciclo del progresso) come miglior cortometraggio documentario è stato tra i più belli della serata. Il film ruota davvero attorno alle mestruazioni: racconta la storia di alcune donne indiane che combattono per l'uguaglianza producendo assorbenti a basso costo in un Paese in cui il ciclo mestruale continua a essere un vero e proprio tabù (con conseguenze sanitarie e sociali, visto che un alto numero di adolescenti molla gli studi dopo il primo ciclo mestruale).
Anche la produttrice Melissa Berton ha fatto i suoi ringraziamenti, concludendo il discorso con un gioco di parole di forte impatto ma intraducibile in italiano: «A period should end a sentence, not a girl's education» (period significa sia ciclo mestruale che punto, quindi "dovrebbe terminare una frase, non l'educazione di una ragazza"). Il film dura meno di mezz'ora e lo trovate su Netflix.
Il discorso di Spike Lee
Ricordiamo tutti la gioia e l'entusiasmo con cui Sofia Loren annunciò la vittoria de La Vita è bella come miglior film straniero nel 1999. Vent'anni dopo, Samuel L. Jackson ha dimostrato lo stesso entusiasmo per Spike Lee e il suo BlackKklansman, che si è aggiudicato l'Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. Spike Lee, al suo primo Oscar, prima di fare i ringraziamenti di rito è praticamente saltato in braccio a Samuel L. Jackson.
Vestito di viola in onore di Prince, il regista è stato subito silenziato in audio per alcune parolacce (pare abbia detto «Non azzardatevi a far partire quel *** di orologio!») e poi ha fatto il discorso più spiccatamente politico di tutta la serata: ha parlato della deportazione degli schiavi dall'Africa, della nonna che è riuscita ad andare al college anche se era figlia di una schiava e che poi ha finanziato l'istruzione del nipote («Mi chiamava Spikie-poo»). Ha poi invitato all'attivismo in vista delle elezioni presidenziali del 2020: «Sono dietro l'angolo, mobilizziamoci. Dobbiamo essere tutti dalla parte giusta della storia e fare una scelta morale tra amore e odio. Facciamo la cosa giusta!».
Shallow e The Place Where Lost Things Go
La vittoria di Shallow come miglior canzone originale era una delle certezze della serata. Prima dell'annuncio della canzone vincitrice Lady Gaga e Bradley Cooper si sono esibiti sul palco dimostrando live la stessa chimica e sintonia mostrate in A star is born. Ma nel corso della serata c'è stata un'altra esibizione degna di nota: quella della grandissima Bette Midler sulle note di The place where lost things go, da Il ritorno di Mary Poppins. Con (meritatissima) standing ovation finale.
Il discorso di Olivia Colman
Spaesata, tremante, balbettante, incapace di fare un discorso coeso per via dell'emozione: Olivia Colman ci ha regalato il discorso di ringraziamento più divertente e genuino di tutta la serata. La sua vittoria è stata una vera sorpresa perché in molti si aspettavano vincesse Glenn Close, alla sua settima nomination. Invece a portare a casa la statuetta è stata l'attrice de La Favorita, che si è comunque rivolta alla collega nel suo discorso («Sei il mio idolo da una vita, e davvero non volevo che andasse così, penso tu sia fantastica e ti adoro»).
Dopo alcune scuse preventive («Se dimentico di ringraziare qualcuno, scusatemi, dopo vi cercherò per limonarvi tutti») ha ringraziato il regista Yorgos Lanthimos, le colleghe Emma Stone e Rachel Weisz e la sua agente. E naturalmente i genitori, i figli («Mi state guardando da casa e guardate qua! O be', se non state guardando allora bravi. Ma spero lo stiate facendo perché non capiterà di nuovo») e il marito («Ora si mette a piangere, io invece no!» ha detto in lacrime).
E poi confusione totale quando dalla regia le hanno detto di stringere perché il tempo a disposizione stava per finire: e allora via di pernacchie, attimi di confusione e ringraziamenti a caso («Lady Gaga, aaah!») ma visibilmente genuini.
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