La vita, la carriera, le locandine e la filmografia del più influente regista del cinema americano: da «Eyes Wide Shut» a «Shining», passando per «2001: Odissea nello spazio»
Tredici lungometraggi e tre corti in quasi cinquant'anni: il più breve dura nove minuti, il più lungo oltre le tre ore e un quarto. Quattro nomination al Premio Oscar come miglior regista, cinque come sceneggiatore, tre come produttore del miglior film: una sola statuetta, ironicamente, per gli effetti speciali di «2001: Odissea nello spazio» nel 1969. Christopher Nolan ne ha presentato durante l'ultimo Festival di Cannes, in anteprima mondiale, la nuova versione restaurata. Si legge sulla nuova locandina: «Cinquant’anni fa un film cambiò la storia del cinema per sempre». Eppure, mai nessun Golden Globe, mai un premio dal Sindacato dei Registi Americani – almeno non mentre era in vita – e l’unico BAFTA, massimo riconoscimento del cinema britannico, è arrivato solo dopo la naturalizzazione inglese, nel ’76.
Stanley Kubrick è riuscito, con soli tredici film, a toccare qualsiasi genere cinematografico e mai lo stesso tema. Unica costante, la guerra: una volta in Vietnam, una volta in un salone, una volta in trincea. Poi ancora il noir e la commedia nera, il thriller, il film storico, la fantascienza distopica, quella sociologica, la satira, l’horror e il dramma psicologico. Un’altra costante: gli scacchi, onnipresenti sul set, dove il regista era sempre a caccia di un valido avversario tra gli interpreti e la troupe. Prima della carriera cinematografica, infatti, Kubrick si guadagnava da vivere partecipando ai tornei del più intellettuale dei giochi da tavolo. Quasi contemporanea è stata la carriera di fotografo: il suo sguardo di diciassettenne tra le strade di New York è stato da poco riscoperto grazie a una serie di mostre ricavate dagli archivi di Look, il giornale per il quale Stanley fu il più giovane tra i fotoreporter.
Dirige il primo cortometraggio a 21 anni: si intitola «Day of the fight» e documenta una giornata del pugile Walter Cartier. Autoprodotto con soli 3.900 dollari raccolti amatorialmente, viene rivenduto alla RKO per 4.000. Si affida alla stessa compagnia di produzione per il secondo lavoro, «Flying padre», dove il protagonista è un prete del New Mexico che vola su un piccolo aereo sulla sua sterminata parrocchia. Il budget è di 1.500 dollari: il padre, che gli aveva regalato la prima macchina fotografica, lo sosterrà anche nella carriera di regista, ma la strada verso i capolavori è ancora tutta in salita. Come prima cosa, Jacques Leonard Kubrick riscuote l’assicurazione che gli permetterà di finanziare i lungometraggi…
Paura e desiderio (1953)
Grazie al successo dei corti, Stanley decide di abbandonare definitivamente la rivista Look e, a 25 anni, gira il suo primo film: «Paura e desiderio». L’opera di debutto fu definita da lui stesso dilettantesca «Come il disegno di un bambino su un frigo». Si pensava che il film fosse andato disperso, perché lo stesso regista aveva distrutto il negativo dopo la morte del suo distributore. Le copie di contrabbando, però, abbondavano: ed era sopravvissuta una stampa legale negli Stati Uniti grazie alla Kodak che seguiva la politica di fare una copia extra di ogni titolo per i propri archivi. Kubrick comunque rinnegò il film subito dopo l’uscita e per tutta la carriera cercò di impedire che quella prima opera fosse vista da qualcuno.
Il bacio dell'assassino (1955)
Bisognava che Kubrick passasse inosservato mentre filmava, nascondendo spesso la macchina da presa in un’automobile, perché il film fu girato praticamente senza budget e senza il permesso di utilizzare luoghi esterni come set. Incapace di registrare i dialoghi in presa diretta, fu costretto a post-sincronizzare tutte le battute e gli effetti sonori. L’attrice Irene Kane non era più disponibile dopo la fine delle riprese, e così a prestarle la voce è stata la speaker radiofonica Peggy Lobbin. Nonostante i critici siano stati più gentili che con «Paura e desiderio», il regista lo ancora di livello studentesco: sarà perché rompe, improvvisamente, la rigorosa regola dei 180°. Da questo momento in poi, Kubrick non dirigerà più sceneggiature originali: tutte le pellicole successive saranno basate su uno o più romanzi.
Rapina a mano armata (1956)
Dunque sarà questo il primo vero film di Kubrick? La critica americana, che iniziava a notarlo, parlò addirittura di un secondo Orson Welles. Il furto all’ippodromo in «Rapina a mano armata» spezza continuamente la continuità narrativa: lo spettatore può seguire la stessa vicenda da più angolazioni e da più punti di vista. Quarant’anni dopo, la tecnica influenzerà i film non lineari di Quentin Tarantino: «Le iene» e «Pulp fiction». Girato in 24 giorni, fece innamorare Kirk Douglas, con cui Kubrick lavorerà l’anno successivo. Il regista non fu pagato per questo film: bisognava racimolare 40mila dollari da dare all’attore protagonista Sterling Hayden. La scenografa Ruth Sobotka, ai tempi delle riprese, era la signora Kubrick. Candidato al BAFTA come miglior film internazionale, perse contro «Gervaise» di René Clement.
Orizzonti di gloria (1957)
Da una parte il castello settecentesco in cui gli ufficiali dello Stato Maggiore coordinano le azioni; dall’altra il caos del “formicaio”: un capolavoro del cinema antimilitarista, l’unico film hollywoodiano che analizza la guerra in termini di classe. Ebbe la benedizione di Winston Churchill, che lo trovò un’accurata descrizione della guerra di trincea e delle manovre a volte errate della mente militare. Fu distribuito in Francia solo nel 1975, dopo vent’anni di divieto, mentre in Spagna il generale Franco lo bandì fino a undici anni dopo la sua morte: uscì solo nel 1986. Kubrick comincia a dare i primi segni di manicale perfezionismo: girò 68 ciak per la sequenza dell’ultima cena e pretese una nuova anatra arrosto ogni volta. Suzanne Christian, che cantava nel finale, diventerà la nuova signora Kubrick. Candidato al BAFTA per il miglior film internazionale, vinse il Nastro d’Argento 1959 per il miglior regista straniero.
Spartacus (1960)
Rivendicano la paternità del film, oltre a Kubrick, lo sceneggiatore Dalton Trumbo e il produttore e interprete Kirk Douglas. La regia era stata assegnata ad Anthony Mann, ma del suo lavoro restano solo le sequenze nelle miniere di sale. Sono di Kubrick invece le scene della battaglia che nulla hanno da invidiare alle bighe di «Ben Hur»: alla messa in scena collaborò il grafico Saul Bass, autore anche dei titoli di testa. Nel 1991 fu distribuito nuovamente, con l’aggiunta di quindici minuti inediti. John Gavin, che interpreta Giulio Cesare, quell’anno sarà anche il Sam Loomis di «Psyco». Fu un enorme successo di botteghino ed è considerato uno dei migliori film storici hollywoodiani, ma Kubrick rinnegò anche questa pellicola, perché non aveva avuto il controllo creativo di ogni reparto: il fotografo Russell Metty, dal canto suo, si lamentò che il regista non gli lasciava fare il suo lavoro. Vincitore di quattro Oscar: fotografia, scenografia, costumi e Peter Ustinov miglior attore non protagonista.
Lolita (1962)
Finito il sodalizio con l’amareggiato Douglas, inizia quello con Peter Sellers, che modulò la voce del personaggio proprio su quella di Kubrick. Il primo film britannico del regista del Bronx fu poco apprezzato dai critici, rimontato e colpito da qualsiasi censura religiosa. Anche questo direttore della fotografia, Oswald Morris, giurò che non avrebbe mai più lavorato con Kubrick: lo accusò di aver venduto alla stampa alcune immagini del film. Si scoprì solo in seguito che il colpevole era un assistente del laboratorio di sviluppo. Gli iconici occhiali da sole a forma di cuore addosso a Lolita compaiono solo nel manifesto promozionale: non ce n’è traccia in tutto il film. Nomination all’Oscar per Vladimir Nabokov, autore della sceneggiatura tratta dal suo romanzo del ’55 di cui Kubrick in realtà buttò intere pagine. Golden Globe a Sue Lyon come migliore attrice emergente: all’epoca delle riprese aveva 15 anni e Kubrick l’aveva notata in «Letter to Loretta».
Il dottor Stranamore (1964)
L’incubo apocalittico dei primi Anni 60 è tutto in questo capolavoro di satira politica: il Pentagono rifiutò di dare supporto al film e Kubrick lesse circa cinquanta libri sul tema. Gli scenografi dovettero costruire una copia del B-52 facendo affidamento solo su una fotografia apparsa su una rivista britannica. Alcuni membri del personale dell’Aviazione Americana confermarono poi che era una replica perfetta. Peter Sellers fu pagato un milione di dollari per interpretare i tre personaggi protagonisti: praticamente il 55% del budget totale. Kubrick scherzando disse: ne ho avuti tre al prezzo di sei. Le polemiche giunsero questa volta da uno degli interpreti: George C. Scott si disse annoiato dal regista che lo spingeva a caricare il suo ruolo, giurò che non avrebbe più preso parte ad altri suoi film – ma ammise che quella era stata la sua migliore performance. Vinse 4 BAFTA, ma nessun Oscar: era l’anno di «My fair lady».
2001: Odissea nello spazio (1968)
Alla prima proiezione, 241 persone uscirono dal cinema, incluso Rock Hudson che regì così: «Qualcuno mi vuole spiegare di che diavolo si parla?». Gli rispose Arthur C. Clarke: «Abbiamo voluto sollevare più domande di quelle a cui diamo risposte». L’ultimo film che racconta dell’uomo sulla Luna prima che Aldrin e Armstrong ci camminassero è una favola apocalittica sul futuro (ma anche sul passato) dell’umanità, trattato con la freddezza di un documentario scientifico. Niente dialoghi per i primi 25 minuti né per gli ultimi 23. Durante le prime settimane, il film non andò bene. La MGM stava già cominciando a ritirarlo quando molti esercenti iniziarono a notare un gran numero di giovani entusiasti di vedere la sequenza dello Star Gate sotto l’influenza di sostanze psicotrope. Oscar agli effetti speciali visivi: Kubrick non era presente alla cerimonia e Diahann Carroll e Burt Lancaster accettarono la statuetta per lui. Il film vinse anche tre BAFTA e il David di Donatello per la migliore produzione straniera, ma nessun premio come miglior film.
Arancia meccanica (1971)
Dei film fantascientifici di Kubrick, «Arancia meccanica» è quello ambientato nel più vicino presente. Stando ad Anthony Burgess, autore del libro da cui trasse la sua prima sceneggiatura da solista, il titolo deriverebbe dallo slang della East London: «Strano quanto un’arancia a orologeria». I celebri occhi di Malcolm McDowell furono anestetizzati per le scene di tortura, in modo da poter filmare per periodi di tempo lunghi senza creargli disagi: tuttavia le serrature del coperchio metallico gli graffiarono ripetutamente le cornee. Nel Regno Unito la pellicola non è stata disponibile per la visione pubblica fino al 2000, anno successivo alla morte del suo autore. I negozi di video ricevevano così tante richieste che avevano dovuto appendere cartelli che dicevano: no, non abbiamo «Arancia meccanica». Candidato a 4 Oscar, 3 Golden Globe e 7 BAFTA: non vinse niente.
Barry Lyndon (1975)
Leggenda vuole che il film sia passato alla Storia anche perché non utilizza mai illuminazione elettrica, ma soltanto le candele dei lampadari. Vero in parte e metà del merito è dell’obiettivo modificato e adattato con la più grande apertura focale mai utilizzata per un film. Inizialmente Kubrick voleva portare al cinema il più famoso romanzo di William M. Thackeray, «La fiera della vanità», ma non avrebbe reso giustizia alla sua trama espansiva nei limiti di un film da tre ore. Optò allora per «Le memorie di Barry Lyndon»: la maggior parte della messa in scena fu costruita per assomigliare ai dipinti del diciottesimo secolo, in particolare quelli di Thomas Gainsborough. Nonostante l’effetto visivo e il risultato tecnico, il film non ebbe il successo che Kubrick e la Warner Bros. speravano, cosa che portò il regista a lavorare a «Shining». Quattro Oscar: fotografia, scenografia, colonna sonora adattata e costumi – firmati, a quattro mani, dalla nostra Milena Canonero. Due BAFTA, tra cui quello alla regia di Kubrick, e due nomination ai Golden Globe.
Shining (1980)
Stephen King non ha mai apprezzato la pellicola tratta dal suo libro: pur ammettendo che l’estetica di Kubrick era sbalorditiva, disse che gli sembrava tutta superficie e niente sostanza: «Una bella macchina senza un motore». Dal canto suo, Kubrick mise mano tante volte allo script che Jack Nicholson, a un certo punto, smise di leggerlo. In comune con «2001» ha l’approccio pessimista, mentre con «Arancia meccanica» condivide la teoria per cui il male è insito nell’uomo, animale sociale. Per la più famosa sequenza, quella in cui Nicholson abbatte la porta del bagno, ci vollero tre settimane di riprese e sessanta porte diverse. Lui e Shelley Duvall hanno ammesso che fu il periodo più difficile della carriera di entrambi. La Duvall soffrì un esaurimento nervoso, varie malattie fisiche e perdita di capelli. Danny Lloyd, l’attore che interpreta loro figlio, non ha mai visto il film di cui è co-protagonista fino al compimento dei suoi diciassette anni, cioè undici anni dopo averlo girato. Fu il suo unico lavoro sul grande schermo. «Shining» si guadagnò due nomination ai Razzie Awards: peggior attrice a Shelley Duvall e peggior regia.
Full metal jacket (1987)
Ancora antimilitarismo, ma questa volta per raccontare la guerra del Vietnam tra lo humor nero e l’horror. Vincent D’Onofrio prese più di 31 chili per il ruolo: ci vollero sette mesi per guadagnare la massa e nove di allenamento per rimuoverla. Inizialmente Kubrick aveva consegnato la sceneggiatura a R. Lee Ermey, ma poi lasciò che l’attore improvvisasse. I tempi di produzione erano così strascicati che l’attore protagonista Matthew Modine ebbe il tempo di sposarsi, concepire il primo figlio e festeggiare il suo primo compleanno. «Full metal jacket» fu anche il primo film di Kubrick montato con un computer e non attraverso giunture lineari. Candidato all’Oscar per la sceneggiatura non originale, a due BAFTA (sonoro ed effetti visivi) e un Golden Globe per il miglior attore non protagonista, Ermey, venuto a mancare lo scorso 15 aprile a 74 anni.
Eyes wide shut (1999)
Kubrick chiese a Spielberg di dirigere «A.I. – Intelligenza artificiale»: lui si sarebbe occupato della produzione. Ma sentiva che avrebbe fatto meglio ad aspettare qualche anno, stando ai progressi della tecnologia. Passò quindi a lavorare a «Eyes wide shut» da un romanzo di Schnitzler. Quando fu ufficiale che i due protagonisti sarebbero stati Tom Cruise e Nicole Kidman, Vincent D’Onofrio li avvisò: affittate una casa in Inghilterra, perché ci resterete un bel po’. Firmarono un contratto a tempo indeterminato: avrebbero continuato a lavorare finché Kubrick non li avesse liberati. Ci volle quasi un anno di post-produzione: durante il montaggio, il regista guardò «Showgirls», «Basic instinct» e «Attrazione fatale» per capire quanto potevano essere esplicite le scene di sesso. Nonostante l’ambientazione del film sia newyorkese, fu interamente girato a Londra. È entrato nel Guinness Book of Records per la più lunga lavorazione di un film: quattrocento giorni. Viene considerato incompiuto, eppure il montaggio definitivo fu presentato alla Warner Bros. dallo stesso Kubrick quattro giorni prima della sua morte. Fu il suo primo film a debuttare alla prima posizione del botteghino americano.
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