Paolo Sorrentino: «Io e il Semidio (Maradona)»

A Venezia 78 è il giorno del regista napoletano

Filippo Scotti e Paolo Sorrentino
2 Settembre 2021 alle 18:39

Dopo la scoppiettante apertura di ieri (con il Leone d'oro a Roberto Benigni e il commovente «Madres paralelas» di Pedro Almodovar) oggi al festival è il giorno di Paolo Sorrentino, che presenta “È stata la mano di Dio”. Dato l'argomento autobiografico (nel protagonista Fabietto, interpretato da Filippo Scotti, è chiaramente tratteggiato il regista stesso all'età di 18 anni) si tratta forse del film più sobrio di Sorrentino. Che comunque non rinuncia alle sue graffiate visionarie, a cominciare da una scena in cui appare di persona... San Gennaro!

Perché questo tono più sobrio?
«Mi sono reso conto che per raccontare la mia storia non mi servivano riprese acrobatiche e montaggio visionario: ci voleva un tono semplice ed essenziale, per non schiacciare l'emozione».

E perché questo film proprio ora?
«Un anno fa ho compiuto 50 anni. È tempo di bilanci. E poi volevo rispondere all'osservazione-provocazione di un collega che diceva “tu non giri mai cose personali”. Eccola qua, la mia storia».

Come ha scelto il giovanissimo interprete?
«In lui ho rivisto la timidezza e il senso di inadeguatezza che avevo io a quell'età. E poi è bravo, ha sbaragliato tutti i concorrenti ai provini. Questo è importante, perché il sogno di un regista è che gli attori si dirigano da soli, così lui può dedicarsi ad altro».

Ora, inevitabile, comincerà il gioco del “cosa è vero e cosa è frutto di fantasia”. Per esempio: esisteva davvero la zia pazza interpretata da Luisa Ranieri? E i buffissimi vicini che a Napoli vivono in una sorta di baita sudtirolese?
«Un film ha le sue leggi, deve essere un racconto che emoziona: dove serviva ho ricordato e dove serviva ho inventato. Ma sono stato fedele al sentimento dell'epoca, alle emozioni e al dolore che ho provato (il film racconta anche la morte improvvisa dei genitori di Sorrentino, qui interpretati da Toni Servillo e Teresa Saponangelo, Ndr.). Questa era la cosa più importante. Poi, di sicuro se avessi avuto davvero una zia bella come Luisa Ranieri la mia vita sarebbe stata diversa; invece ho avuto davvero i vicini tirolesi...».

Sta di fatto che con questo film Sorrentino ha realizzato il suo “Amarcord“ (e forse non è un caso che Fellini sia citato più volte nella pellicola). Siamo nel 1984 e Fabietto, timido e introverso, osserva l'amore burrascoso tra i suoi genitori e cerca di capire quale sia la sua strada. Forse il cinema? Intanto Napoli, dapprima incredula e poi entusiasta, assiste al “miracoloso” arrivo di Maradona...

Qui Maradona è usato quasi più come un simbolo che come una figura reale. Perché?
«Per me Maradona è una figura dai tratti mistici, quasi religiosa. Infatti nessuno l'ha mia visto arrivare a Napoli: è emerso da una grotta, quella degli spogliatoi del San Paolo, come una divinità... Il mio rimpianto è di non potergli mostrare il film. Era il mio grande desiderio».

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