Avrebbe compiuto 100 anni il 23 marzo: la tv lo celebra con tanti film, noi con i dvd di tre capolavori da collezione

Esce alla fine del 1974, s’intitola “L’abbuffone” ed è un libro che a modo suo fa scandalo. Perché l’autore racconta non solo se stesso in maniera scanzonata e viscerale, ma anche una passionaccia per la cucina che appare stramba in un’Italia in cui i fornelli non sono ancora né spettacolari né chic. L’autore è Ugo Tognazzi. Poco prima di arrivare in libreria, ha trovato al cinema il gran successo di “Romanzo popolare”, il suo terzo film di quell’anno. Eppure in tante case si guarda quel volume e si dice: «Che matto, Tognazzi!».
Un “matto” tutt’altro che matto
Salto in avanti. Il 3 maggio 1979 alcuni quotidiani strillano una notizia bomba: “Arrestato Tognazzi: è il capo delle Brigate Rosse”, con tanto di foto dell’Ugo in manette. Le Br sono il terrore dell’Italia, ma quelle prime pagine sono false, sono uno scherzaccio organizzato dalla rivista satirica “Il Male”, e Tognazzi, che da qualche mese trionfa al cinema con “Il vizietto”, si è prestato con entusiasmo. Di nuovo: «Che matto, Tognazzi!».
Ecco, il 23 marzo quel “matto” di Tognazzi compirebbe 100 anni e ancora rimane nella nostra quotidianità, non fosse altro che per la “supercazzola” resa eterna in “Amici miei” dal suo conte Mascetti. Ma dietro “antani” e “tarapia tapioco” c’è una figura così densa e complessa da rasentare l’impossibilità di raccontarla. Una vita dove ogni cosa “matta” è stata una pennellata all’affresco di un mito tutt’altro che matto.
C’era una volta Ottavio
Tognazzi è Tognazzi dal giorno in cui ripudia il nome di battesimo Ottavio e si ribattezza Ugo. Non lo fa per l’arte. È un bambino stanco delle risatine degli amici, che trovano frivolo quel nome. Il tutto avviene alla scuola elementare, a Cremona, città natale ma non città della vita. Oltre Cremona, infatti, arrivano Milano, Roma, e soprattutto Velletri e Torvaianica, dove Tognazzi, da “gentiluomo di campagna”, passa i suoi migliori anni con Franca Bettoja, il grande amore della sua vita, i figli (Ricky dalla ballerina irlandese Pat O’Hara; Thomas dall’attrice norvegese Margarete Robsahm, sua prima moglie; Gianmarco e Maria Sole da Franca, la seconda moglie) e gli amici, in un infinito susseguirsi di eventi sempre a cavallo tra un’umanità quasi schiva e una mondanità originalissima, ben rappresentata dai “T. T. T.”, i 25 Tornei di Tennis Tognazzi in cui il mondo dello spettacolo gareggiava per vincere il suo Scolapasta d’Oro.
Dalla rivista al trionfo di Cannes
Tognazzi ha fatto praticamente tutto il fattibile, con una frenesia che ha travolto ogni confine tra genere “alto” e “basso”. In teatro parte dalla rivista a guerra ancora in corso (esordisce nel 1944) e arriva a importanti allestimenti di Pirandello e Molière. Nel 1954 entra nella giovane televisione italiana, la conquista al fianco di Raimondo Vianello col varietà “Un, due, tre”, e la sconquassa nel 1959, quando i due tremendi, in diretta, fanno uno sketch che prende in giro il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi e lo show non avrà più altre, attese stagioni. Il cinema, poi, diventa la sua seconda “casa”. Gira film dopo film, arrivando a interpretarne addirittura 13 nel “fatale” 1959. Apparentemente non rifiuta nulla: il figlio Ricky ha ricordato di avergli visto accettare copioni sui quali erano stati malamente cancellati i nomi di Mastroianni, Gassman, Sordi, Manfredi… In realtà dopo “Il federale”, il film che nel ’61 lo impone come grande attore a tutto tondo, apre il suo sguardo al cinema d’autore più impegnativo. Di fianco a successi di altissima qualità (pochi titoli per tutti: “I mostri”, “Straziami ma di baci saziami”, le due trilogie di “Amici miei” e di “Il vizietto”…), ci sono dunque i lavori senza compromessi commerciali con Marco Ferreri, tante perle con Pasolini, Scola, Magni, Risi, Wertmüller… E quell’unica interpretazione per Bernardo Bertolucci, “La tragedia di un uomo ridicolo”, che lo porterà al premio come Miglior attore al Festival di Cannes del 1981.
L’ultimo colpo di scena
Gli Anni 80, però, sono i più difficili e tristi per Tognazzi. Lavora ancora tanto, trova nuovi successi a teatro, ma il cinema non ingrana più come vorrebbe, ed è schiacciato dalla depressione. Un’emorragia cerebrale lo spegne sabato 27 ottobre 1990, nell’ennesimo momento di super attività: sta girando una serie per Raiuno, “Una famiglia in giallo”, e si prepara a riportare in scena il dramma “M. Butterfly”. Il suo addio appare quasi come un ultimo involontario colpo di scena. Muore poco prima di mezzanotte, quando non ci sono più telegiornali e i quotidiani si affannano per infilare la notizia in qualche pagina del numero domenicale che non sia stata ancora stampata. Così l’applauso d’addio al grande Ugo può allungarsi fino a lunedì 29. E da lì non si fermerà più.
La saga di "Il vizietto" in dvd
Sorrisi celebra i 100 anni dalla nascita di Tognazzi proponendo (a 9,90 euro, più il prezzo della rivista) i dvd della trilogia di “Il vizietto”, il suo successo internazionale più grande: troverete “Il vizietto” il 22 marzo, “Il vizietto II” il 29 e “Matrimonio con vizietto” il 5 aprile.