I film non saranno più “sforbiciati” prima di uscire nei cinema. Ecco i casi più celebri e quelli più curiosi
Le forbici vengono chiuse in un cassetto e lì rimarranno ad arrugginire: è la scena finale del lungo e travagliato film della storia della censura cinematografica in Italia, ed è stata girata il 2 aprile, quando il ministro della Cultura Dario Franceschini ha nominato la Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche. Il suo decreto è l’ultimo atto dell’ultima decisiva riforma della “Censura”, cominciata nel novembre del 2016, quando è entrata in vigore la legge che oggi disciplina il nostro cinema.
“Censura” è una brutta parola però, e infatti la definizione ufficiale di questo controllo preventivo è sempre stata “revisione”. In Italia abbiamo revisionato decine di migliaia di film, italiani e stranieri. Il conteggio più preciso parte dal 1944 e dice che sono stati più di 34 mila, ma l’attività era cominciata nel 1913, quando ancora la censura era soprannominata Madama Anastasia, in omaggio a una macchietta ottocentesca francese. Madama era una vecchietta che minacciava la libera stampa brandendo un paio di forbicioni. Dal ’44 le forbici hanno tagliato circa un terzo dei film revisionati, mentre 725 (274 italiani) hanno ricevuto la bocciatura totale, magari solo come primo giudizio. Negli anni le trasformazioni della società hanno spinto i revisori a indossare occhiali sempre più tolleranti e attenti ai contenuti delle opere. Pensando al voto più severo, per esempio, gli ultimi due film a cui venne negato il permesso di andare in sala sono stati “Totò che visse due volte” nel 1998 (in appello, però, fu solo vietato ai minori di 18 anni) e “Morituris” nel 2011.
Che cosa cambia? Visto che l’argomento “Censura” è uno dei più studiati dagli storici del cinema, del diritto e della morale, spieghiamoci in poche parole: nessun film correrà più il rischio di essere tagliato per essere proiettato in sala. Produttori e distributori proporranno la loro classificazione del film (per tutti o vietato ai minori di 6, 14, 18 anni) alla Commissione (49 esperti di vari temi, dal cinema alla tutela degli animali), che potrà accettarla o chiedere una correzione. Il film presentato non verrà comunque toccato. Televisione e piattaforme digitali continueranno invece a gestire i film seguendo regole non sfiorate da questa riforma.
Prima si tagliava tutto. Un bacio o una parola bastavano per bloccare un film o condannarlo a un “vietato ai minori” che avrebbe potuto stroncare i suoi incassi. Ricordate la scena di “A qualcuno piace caldo” in cui Marilyn Monroe bacia il finto riccone Tony Curtis sullo yacht? Bacio troppo lungo, da sforbiciare! Dal musicarello “Urlatori alla sbarra”, con i giovanissimi Mina e Adriano Celentano, fu espulsa la parola “deputato” perché era legata a un personaggio troppo ridicolo; “senatore”, invece, restò.
Mettersi d’accordo era fondamentale. Il caso di “Per un pugno di dollari” è esemplare. Oggi è un classico, ma nel 1964 viene vietato ai minori di 18 anni per la sua violenza. Per scongiurare la catastrofe al botteghino, il produttore ricorre in appello presentando una nuova copia già tagliata e chiedendo che cos’altro serva per poterlo far vedere a tutti, ragazzini compresi… Il divieto viene dunque tolto dopo un’ulteriore “pulizia”: saltano, per esempio, uno sguardo e alcuni primi piani “forti”. E il film entra nella storia del cinema western.
Sul pavimento finivano metri di pellicola della copia del film presentata alla revisione. La copia tagliata avrebbe poi fatto da matrice per tutte quelle spedite ai cinema. E col metro non si scherzava. Nel 1955 scoppia un caso per una commedia con Renato Rascel, “Alvaro piuttosto corsaro”. Un funzionario lo vede in un cinema di Sarzana (SP) e fa misurare la lunghezza di una scena già tagliata: è ancora lunga 198 metri, non saranno troppi? Un mese dopo il ministero risponde: hanno tagliato 41 metri, bastano.
Anche Totò sembrava scandaloso, tanto che diversi suoi film hanno conosciuto il rigore dei censori. Il caso di “Totò e Carolina” ha fatto storia. Secondo i revisori è un film che offende il mondo: morale, buon costume, pubblica decenza, decoro e prestigio di funzionari e agenti della Pubblica sicurezza… Per essere proiettato, dunque, subisce un’ottantina di tagli e cambiamenti dei dialoghi. Non mancano problemi anche per film come “Totò e i re di Roma”, “Totò, Peppino e… la dolce vita”, “Totò e le donne” e “Uccellacci e uccellini”.
Il più “sovversivo” di tutti i film rimane “Ultimo tango a Parigi”: nel 1978 finisce addirittura al rogo! La distruzione delle pellicole e dei negativi (non tutti, per fortuna), però, non viene ordinata dalla commissione di revisione, che l’aveva solo vietato ai minori di 18 anni. È l’esito di una lunga vicenda penale cominciata con la denuncia di un cittadino scandalizzato dopo aver visto la prima del film il 15 dicembre 1972 alla Mostra del Cinema Libero di Porretta Terme (BO). Oltre la revisione, insomma, c’era e c’è ancora il Codice penale… Il “Tango”, comunque, viene riabilitato alla fine degli Anni 80 e nel 2018, all’ultima revisione perde i divieti: oggi è un film “per tutti”.