Venezia 76: un Leone d’oro per Pedro Almodóvar

il regista spagnolo ha ricevuto il Leone d'oro alla carriera. Scandaloso e sentimentale, barocco e melodrammatico, (quasi) sempre sopra le righe: i suoi film non piacciono a tutti, ma hanno scritto una pagina, per molti entisiasmante, della storia del cinema

Pedro Almodóvar con il Leone d'oro alla carriera  Credit: © Getty Images
29 Agosto 2019 alle 17:00

Al festival c'è già un vincitore: il regista spagnolo Pedro Almodóvar ha ricevuto il Leone d'oro alla carriera. Scandaloso e sentimentale, barocco e melodrammatico, (quasi) sempre sopra le righe: i suoi film non piacciono a tutti, ma hanno scritto una pagina, per molti entisiasmante, della storia del cinema. Tanto che il direttore della Mostra Alberto Barbera, nella motivazione ufficiale del premio, scrive così: «Almodóvar è il più grande e influente regista spagnolo dopo Buñuel. I temi della trasgressione, del desiderio e dell’identità sono il terreno d’elezione dei suoi lavori, intrisi di corrosivo umorismo e ammantati di splendore visivo. Sono film a cavallo fra il melodramma e la sua parodia e attingono a vertici di autenticità emotiva che ne riscattano gli eventuali eccessi formali. Senza dimenticare che Almodóvar eccelle soprattutto nel dipingere ritratti femminili incredibilmente originali, in virtù della rara empatia che gli consente di rappresentarne la forza, la ricchezza emotiva e le inevitabili debolezze con un’autenticità rara e toccante”.

«Sono molto emozionato e onorato per il regalo di questo Leone d’Oro» ha detto invece il regista. «Ho bellissimi ricordi della Mostra di Venezia. Il mio debutto internazionale ha avuto luogo lì nel 1983 con “L’indiscreto fascino del peccato”. Era la prima volta che uno dei miei film viaggiava fuori dalla Spagna. È stato il mio battesimo internazionale ed è stata una meravigliosa esperienza, come lo è stata il mio ritorno con “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” nel 1988. Questo Leone diventerà la mia mascotte, insieme ai due gatti con cui vivo. Grazie dal profondo del cuore per questo premio».

Di certo il regista nato a Calzada de Calatrava, nel cuore de La Mancha, non immaginava di raggiungere questi traguardi, quando a diciassette anni se ne andò di casa e si trasferì a Madrid, senza soldi e senza lavoro, per studiare cinema e dirigere film. Dopo molti impieghi precari, si è potuto comprare la sua prima cinepresa Super-8mm soltanto quando ha ottenuto un lavoro “serio” alla Compagnia nazionale dei telefoni di Spagna nel 1971, dove è rimasto per dodici anni come assistente amministrativo. Nel 1980 ha debuttato nel lungometraggio con “Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio”, realizzato in cooperativa con il resto della troupe e del cast, tutti debuttanti a eccezione di Carmen Maura. Nel 1988 "Donne sull’orlo di una crisi di nervi" vince il Premio per la sceneggiatura a Venezia e gli dà notorietà internazionale. Il primo Oscar (al miglior film straniero) arriva con “Tutto su mia madre" (1999); tre anni più tardi il secondo, per la sceneggiatura di “Parla con lei”. Poi tanti altri successi come “La mala educación” (2004), “Volver” (2006) e il recente "Dolor y gloria”, presentato a Cannes, dove il protagonista Antonio Banderas ha vinto il premio per il miglior attore... interpretando proprio un regista alter-ego dello stesso Almodóvar .

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