10 Settembre 2020 | 9:05 di Giusy Cascio
e di Tiziana Lupi e Antonella Silvestri
Alcune scuole e nidi hanno riaperto da poco, per le altre il calendario varia da regione a regione: se in Alto Adige le lezioni sono già riprese, la maggior parte degli studenti tornerà a scuola il 14 settembre. In Friuli-Venezia Giulia si parte il 16, in Sardegna il 22, in Puglia e Basilicata il 24. Bambini e ragazzi non vedevano l’ora di riabbracciare i compagni e le maestre, dopo i mesi di lezioni via computer.
Invece… no: niente abbracci. Contro il coronavirus non bisogna abbassare la guardia. Tra le misure precauzionali, c’è l’uso delle mascherine dai 6 anni in su. Chirurgiche o di stoffa? Salvo novità dei prossimi giorni, dovrebbero andar bene entrambe. Le mascherine vanno indossate sui bus, all’ingresso e all’uscita, sulle scale, negli spazi comuni. In aula, quando si sta seduti, possono essere tolte, a meno che non ci sia il rischio di “aerosolizzazione”, cioè lo spargimento di goccioline respiratorie, per esempio con il canto. Alle primarie e alle secondarie il compito di misurare la febbre spetta ai genitori al mattino. E ovviamente se i ragazzi hanno sintomi influenzali vanno tenuti a casa. Una volta in classe, ogni studente avrà il suo posto a distanza di almeno un metro l’uno dall’altro.
Una regola di impatto epocale: non ci sarà più il mitico compagno di banco, l’amico con cui era bello chiacchierare di nascosto dai prof o da cui copiare, il complice di tante marachelle. Voi ricordate i vostri compagni di scuola? Quante ne avete combinate insieme? Noi lo abbiamo chiesto a nove personaggi del mondo dello spettacolo e ai rispettivi amici d’infanzia. Qui sotto trovate le loro storie.
Dedicato ai piccoli lettori
Cari genitori, invitate i vostri figli a scrivere un piccolo racconto del primo giorno di scuola. Inviatelo, con una foto, a sorrisi@mondadori.it e noi pubblicheremo le storie più belle sul giornale!
Carlo Conti
«Il mio primo giorno di scuola delle medie entrai in classe, dove i banchi erano tutti attaccati tra loro, cercando un posto vicino ai bambini che già conoscevo dalle elementari. Ne trovai uno libero e mi sedetti dando le spalle a un ragazzino di nome Giacomo. Non pensavo che gli avrei rivolto la parola. Invece non solo lui si rivelò un grande compagno di banco alle medie, ma abbiamo fatto pure le superiori insieme. Morale: la nostra amicizia dura tuttora. Giacomo è uno dei miei testimoni di nozze, assieme a Leonardo Pieraccioni».
Giacomo Clerici, dipendente delle poste
«Carlo si è diplomato in Ragioneria con 60/60, era il più bravo della classe e io ne approfittavo per copiare da lui. Ma era anche il re degli scherzi. Finita la quinta superiore, telefonò a un nostro compagno spacciandosi per un direttore di banca seriamente interessato ad assumerlo. Fu così credibile che, quando rivelò la sua identità, al nostro amico venne un colpo. Ci rimase così male…».
Caterina Balivo
«Il primo ricordo delle elementari è legato sia al grembiule con il fiocco giallo uguale per tutti, maschi e femmine, segno di lungimiranza della maestra; sia all’arrivo in quarta di Margaret: una bambina bella, bionda e altissima che divenne la mia compagna di banco. Abbiamo frequentato anche le medie insieme, poi ci siamo separate al liceo, io al classico, lei allo scientifico, e fu un piccolo dolore. Ma non ci siamo mai perse di vista: sono stata la sua testimone di nozze e quest’estate siamo andate in vacanza con i nostri figli. Il compagno di banco è fondamentale, i ragazzi oggi stanno perdendo qualcosa di unico, che spero torni presto».
Margaret Misso, biologa
«Ero tutti i giorni a casa di Caterina a studiare e restavo spesso a dormire da lei. Ci confidavamo tutto, io e Cate. In prima media ci divertivamo con le altre compagne a stilare la lista dei ragazzi più belli delle terze, perché non avevamo il benché minimo interesse per i nostri coetanei. Indimenticabili le giornate a casa di Cate con la sua mamma, la signora Rosaria, che cucinava benissimo e non si perdeva mai una puntata di “Beautiful” e di “Dallas”, mentre noi facevamo i compiti».
Benedetta Parodi
«Ho conosciuto Valeria in terza elementare, quando cambiai scuola e andai dalle suore. Lei era la prima della classe e all’inizio, dato che io ero nuova, mi aiutava. Ci siamo ritrovate anni dopo al liceo classico e da lì il nostro rapporto si è consolidato. Per comunicare tra noi senza farci beccare dai prof, ci eravamo inventate un alfabeto criptato, ricavato dal greco e da lettere create da noi. Ne conservo ancora le pagine in qualche vecchio diario».
Valeria Baghino, libera professionista
«Benedetta era una ragazzina sempre elegante, dalle buone maniere. Eravamo molto unite e socievoli con i compagni di classe. Al liceo scrivevamo commedie teatrali in latino, materia in cui Benedetta era bravissima. C’era il professor Carbonero del ginnasio che correggeva i testi. I nostri spettacoli facevano morire dal ridere!».
Gabriele Corsi
«Con il compagno di banco si crea un rapporto di affetto e complicità assoluta. Io ne ho avuti due speciali, Lele e Marco, dal liceo scientifico Cavour di Roma fino alla fine dell’università a Scienze politiche. Ne abbiamo combinate così tante che ci vorrebbe un libro per elencarle tutte. Lascio volentieri la parola a loro, per vedere quante se ne ricordano».
Lele Galossi, ricercatore sociale
«Marachelle? A non finire! Una volta stavamo preparando la recita scolastica e, dopo avere pulito la sala, ci venne l’insana idea di prendere di mira un poveretto che camminava sotto le finestre. Così gli rovesciammo addosso l’acqua sporca dei secchi. Abbiamo avuto i sensi di colpa non so per quanto tempo. Ancora oggi, a ripensarci, ci viene il magone».
Marco Mingrone, dirigente d’azienda
«Ricordo le autogestioni, le gite d’istruzione, le tante volte in cui la mattina marinavamo la scuola per andare a giocare a calcio insieme... Gabriele, poi, con i suoi occhi azzurri e la simpatia come carte vincenti, era l’unico ad avere successo con le ragazze. E noi amici ne approfittavamo per farcene presentare qualcuna carina».
Bruno Vespa
«Ho avuto un unico compagno di banco per tutti gli studi, dalle elementari alla laurea. Si chiama Riccardo Lolli, ora è avvocato. Ci siamo conosciuti al Convitto nazionale de L’Aquila, l’unica scuola che all’epoca consentiva di iniziare le elementari in anticipo, a cinque anni. Mi piaceva studiare a casa sua il pomeriggio, perché era piena di libri. Da piccoli, fu lui a farmi scoprire gli scrittori Ezra Pound e John Steinbeck. Riccardo è l’amico di una vita. L’ho capito quando un giorno, in classe, sentii qualcuno che frugava nella tasca del mio grembiule: era lui che ci stava mettendo una caramella».
Anna Falchi
«Siamo stati in classe insieme dalla prima alla quarta elementare e l’amicizia con Andrea dura ancora oggi, perché abbiamo una passione in comune: l’arte. Durante le ore di lezione ero buona e brava, ma a ricreazione diventavo prepotente, la classica “capobanda”. Ero anche una spilungona, la più alta della classe, mentre lui era ancora piccolino e questo mi dava maggior potere».
Andrea Gualtieri, bancario
«I compagni a scuola mi invidiavano per la confidenza che avevo con Anna. Ci piaceva giocare ai cartoni animati. Lei era Lady Oscar, io e suo fratello Sauro ci immedesimavamo nei personaggi della Francia dell’epoca. Allora prendevamo due bastoni e, fingendo che fossero spade, ci sfidavamo a duello per lei».
Veronica Gentili
«Guja e io siamo nate a 20 giorni di distanza l’una dall’altra. Abbiamo frequentato insieme l’asilo e la scuola elementare al Sacro Cuore di Gesù di Roma. Le nostre mamme ci raccontano che avevamo tre mesi quando ci siamo incrociate per la prima volta, nei passeggini. E oggi è ancora lei “l’amica” per definizione, il mio punto di riferimento».
Guja Quaranta, produttrice
«Non finirò mai di applaudire il destino che mi ha fatto conoscere Veronica. Lei aveva un bel caratterino già da piccola. Un giorno della prima elementare, stufa di vedermi chiacchierare con un’altra bimba che si chiamava Gaia, mi spinse con forza, mi mise spalle al muro e mi chiese: “Allora, deciditi! Chi vuoi che sia tua amica, io o Gaia?”. Scelsi lei, subito. Così è iniziata la nostra meravigliosa amicizia».
Beppe Convertini
«Alle elementari con Rosa ci confidavamo un sacco di cose, ridevamo, facevamo scherzi. Studiavo tanto con lei perché Rosa era la prima della classe ed ero convinto che mi avrebbe aiutato a trovare la mia strada nella vita. Io infatti ero ossessionato dal desiderio di fare un mestiere diverso da quello di mio padre, che era camionista. Un lavoro gratificante, ma per me troppo impegnativo».
Rosa Albanese, commercialista
«Beppe e io eravamo molto amici. Tra di noi c’era anche una sana competizione. Facevamo sempre a gara a chi rispondeva per primo alle domande di italiano, storia e geografia della maestra Vita De Luca. Lei è stata per tutti noi compagni di classe un “faro”, un vero esempio, tanto nello studio quanto nell’educazione».
Max Giusti
«Pochi giorni dopo averlo conosciuto in prima elementare dalle suore, al Cristo Re di Roma, Alessandro Ruscello era già il mio mito! La nostra passione? Giocare con i tappi. Ci piaceva il Subbuteo ma, non potendo acquistare tutto quello che avremmo voluto, ci arrangiavamo: i tappi delle birrette erano i giocatori, quelli di sughero i portieri. Il pallone era fatto con la carta stagnola e il campo lo disegnavamo su un cartoncino Bristol di velluto verde. L’unica cosa che compravamo erano le porte, quelle proprio non sapevamo come costruirle!».
Alessandro Ruscello, direttore d’albergo
«Alle elementari Max era già un personaggio: in classe faceva le imitazioni, era divertentissimo. Fu per me che si iscrisse al liceo scientifico e iniziò a praticare atletica. Siccome era “robustello”, scelse il lancio del giavellotto, ma non era il suo sport, lui ama il calcio. Dopo la scuola andavamo a giocare nel cortile del negozio dei suoi genitori e facevamo partite interminabili».