Emergenza Coronavirus: dubbi sui tamponi? Ecco le risposte

Quali esami fare? Quanto costano? E a chi rivolgersi? Uno specialista ci aiuta a prendere le decisioni giuste. «Per prima cosa chiamate il vostro medico di base» raccomanda l’esperto

Nella foto, il dottor Massimo Puoti. Il tampone molecolare è considerato il “gold standard”, cioè la procedura più affidabile per individuare il virus
5 Novembre 2020 alle 15:28

«Ho un po’ di tosse, forse dovrei fare il tampone...». Chi non lo ha pensato almeno una volta, in questi giorni funestati dall’emergenza coronavirus? Per non parlare di chi ha paura di contagiare la mamma anziana, o ha frequentato posti affollati e non si sente tranquillo... Ma al momento di passare ai fatti, fioccano i dubbi: a chi rivolgersi? Che tipo di esame fare? Quanto costerà? Perché, nonostante vengano effettuati ormai circa 200 mila esami ogni giorno, sulla “macchina dei tamponi” c’è ancora grande confusione.

Abbiamo cercato di fare chiarezza rivolgendo le stesse domande a un esperto: Massimo Puoti, direttore della struttura Malattie infettive dell’ospedale Niguarda di Milano.

A chi bisogna chiedere per fare un tampone?
«La via maestra è quella di rivolgersi al medico di medicina generale (o “di base” come si usa dire). Sconsiglio di andare direttamente al pronto soccorso, sia per non affollarli inutilmente e non “sprecare” i tamponi, che sono preziosi, sia perché si potrebbe correre un rischio inutile: nonostante tutte le precauzioni, non si può escludere al 100% il contatto con un positivo e quindi il contagio. Ci si può anche rivolgere a cliniche e laboratori privati, ma bisognerà pagare e comunque non consiglio l’iniziativa personale per i motivi già detti. Ci sono poi aziende e istituzioni che, come misura precauzionale, rendono possibile il test per membri e dipendenti. Ognuna ha i suoi protocolli».

Quando e perché fare un tampone?
«I fattori decisivi sono due: a) un contatto recente e ravvicinato con una persona certamente positiva al virus; b) la presenza di sintomi tipici come febbre, tosse, mal di gola e in casi più rari (10%) perdita di gusto e olfatto, diarrea, vomito. A valutare la situazione deve comunque essere un medico, perché gli stessi sintomi non hanno lo stesso peso per un anziano o un bambino, una persona sana e una con altre malattie…».

Quanto costa fare un tampone?
«Con il Servizio sanitario nazionale, nulla. Privatamente, dipende dai singoli laboratori (i costi si aggirano in media tra i 60 e gli 80 euro, ndr)».

Ci sono vari tipi di tampone? E quali sono le differenze?
«Sì. Quello principale è il tampone molecolare, con cui si cercano tracce del virus nel campione prelevato da naso o bocca (il famoso “bastoncino”). È molto affidabile e dà un risultato in sei ore. Esistono poi due tipi di test rapidi che danno risultato in meno di un’ora, ma sono anche meno sensibili (rivelano circa il 60-70% dei “positivi”). Questi test rapidi vanno bene per sondare gli asintomatici e grandi gruppi di persone dove il rischio è mediamente basso, per esempio negli aeroporti».

E in cosa consiste il cosiddetto “test sierologico”?
«È un test del sangue che cerca gli anticorpi al virus sviluppati dal nostro organismo: non ci dice se siamo attualmente positivi, ma se lo abbiamo incontrato in passato. Se sono presenti anticorpi di un tipo particolare, detti “anti-spike”, possiamo ritenere di essere in una fase di immunità al virus. Nessuno ha però ancora accertato quanto possa durare questa immunità».

Che succede se il tampone non funziona? Quanto è affidabile il risultato?
«Il tampone molecolare è estremamente sensibile e quindi affidabile. Proprio per questo c’è semmai il “rischio opposto”, cioè di risultare ancora positivi quando si è già in via di guarigione e non si è più contagiosi».

Quanto bisogna attendere per fare un tampone?
«In teoria dovrebbero bastare 24 ore. Ma dipende dal carico di lavoro delle singole strutture: se la situazione peggiora, i tempi possono allungarsi a diversi giorni. È uno dei motivi per cui siamo tutti tenuti a rispettare le regole per tenere sotto controllo i contagi: mascherina e distanziamento».

Quanto bisogna attendere per avere il risultato?
«Anche qui dipende dal carico di lavoro. Un laboratorio non sovraccarico darà la risposta in giornata; uno sommerso dalle richieste potrebbe metterci fino a una settimana. Inoltre, i casi sintomatici hanno la precedenza su quelli di chi sta meglio, che quindi potrebbe dover aspettare di più».

Che cosa devo fare se risulto positivo?
«Per tutti scatta l’obbligo di isolamento fiduciario a domicilio della durata minima di 10 giorni e massima di 21. Significa che dopo 10 giorni, se si fa un nuovo tampone che risulta negativo, si può uscire. Se invece il tampone risulta ancora positivo bisognerà aspettare i 21 giorni, dopodiché si può uscire di casa comunque, perché si presume che il soggetto non sia più contagioso. Sia chiaro, sempre alla condizione che non ci siano sintomi (febbre, tosse...)».

E la regola dei due tamponi negativi necessari per tornare “liberi” di uscire?
«Non c’è più. È stata eliminata all’inizio di ottobre».

Cosa devo fare durante l’isolamento fiduciario?
«A casa sarà utile riposarsi, idratarsi, prendere vitamine, misurare la febbre tre volte al giorno e, se lo si ha, controllare l’ossigenazione del sangue con un saturimetro».

Chi e quando decide un eventuale ricovero?
«Il medico di base, sulla base dei sintomi che devono essere monitorati ogni giorno».

Con quali sintomi dovrei preoccuparmi?
«Una febbre sopra 38,5 gradi per tre giorni o più e/o una saturazione del sangue inferiore a 95 richiedono grande attenzione. Ma non esistono regole uguali per tutti perché a fare la differenza sono anche l’età, il peso e lo stato di salute generale: quello che non è pericoloso per un ventenne in salute può esserlo per un anziano, per chi ha una malattia cronica o per chi è immunodepresso. Ecco perché la decisione spetta sempre al medico».

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