“Forma struttura colore. Dipinti e disegni dal 1936 al 1962”, una mostra dedicata a Bruno Cassinari

A Castell’Arquato (PC), dal 25 settembre al 31 ottobre

Figura (1955) olio su tela cm 65 x 54
24 Settembre 2021 alle 12:01

Castell’Arquato rende omaggio all’artista piacentino che ha dialogato con Picasso, Chagall Paul Eluard e Jean Cocteau, tra la costa francese e le colline native.

Da sabato 25 settembre 2021 a domenica 31 ottobre 2021, il Palazzo del Podestà, situato in Piazza del Municipio 1, Castell’Arquato (PC), accoglie la mostra FORMA STRUTTURA COLORE. DIPINTI E DISEGNI dal 1936 al 1962 dedicata all'artista Bruno Cassinari.

La mostra ha un carattere unico e particolare: ripercorre gli anni ’40 e ’50, con una selezione di opere e disegni appartenenti a collezioni private.

Un’ occasione esclusiva per ammirare l’esposizione in una cornice suggestiva e affascinante: borgo medievale strategicamente situato sulle prime alture della Val d’Arda, tra Piacenza e Parma, Castell’Arquato fonde in perfetta armonia cultura, storia e ricchezze naturalistiche. La mostra sarà esposta presso il Palazzo del Podestà edificato nel 1292: il palazzo fu sede podestarile e dimora del conte di Santa Fiora ed è oggi sede della bellissima Sala Consiliare.

“Questa mostra si apre e si chiude con due ritratti della madre, figura importantissima per mio padre, che nutriva per lei una grande adorazione. Non avendola conosciuta, me la immagino attraverso i racconti delle persone, i disegni e i dipinti di mio padre, e le sue lettere ritrovate nello studio, che equivalevano ai nostri messaggi tecnologici di oggi, ma erano certamente più poetici e meno sintetici.” – Giovanna Cassinari

“La mostra intende sottolineare la sintesi originalissima di neocubismo in cui lirismo e riflessione sulla classicità risultano essere un alto esercizio compositivo delle forme. – afferma Ivo Iori – Cassinari ne ha trovato la sua più alta espressione nei due decenni ’40 e ’50, rispettandone le loro rispettive particolarità.”

BRUNO CASSINARI

Bruno Cassinari (1912-1992), pittore e scultore piacentino, è stato uno dei più̀ importanti artisti italiani del secondo dopoguerra. Già̀ sul finire degli anni Trenta la qualità̀ artistica delle sue opere è ampiamente riconosciuta, ma il suo lavoro giunge a piena maturità̀ nel dopoguerra, periodo in cui Cassinari riceve numerosissimi riconoscimenti, tra cui il Gran Premio della Pittura Italiana, conseguito nel 1952 alla XXVI Biennale di Venezia.

Dopo aver frequentato per due anni l’Istituto d’Arte Gazzola di Piacenza, Cassinari si trasferisce a Milano nel 1929, dove è intensamente attivo fin dai tempi dell’adesione al gruppo di “Corrente” (1938), legandosi in particolare a Renato Birolli, Ennio Morlotti ed Ernesto Treccani: l’ obiettivo del gruppo è quello di rompere con la tradizione novecentista per affermare una nuova poetica figurativa.

Dal 1949, anno del viaggio ad Antibes, Cassinari affianca al suo amore per la campagna natia quello per la costa francese. Conosce Pablo Picasso, Georges Braque, Marc Chagall, Paul Eluard, Jean Cocteau ad Antibes, dove si trasferisce e, nel 1949 apre uno studio, già citato nel 1953 nei “Commentari” di Lionello Venturi. Negli anni ’60 sviluppa un realismo intimo e personale, quasi poetico, rappresentato attraverso nuove tematiche, tra cui le “figure” e le “nature morte” sono spesso presenti.

Cassinari ottiene un enorme successo di pubblico e di critica, tanto che vive la sua vita e viaggia per esporre le sue opere in innumerevoli città, musei e gallerie italiane (Venezia, Piacenza, Firenze, Milano, Roma, Palermo, Torino, Brescia) e straniere (Parigi, Losanna, New York, Londra, Monaco, Berlino, Caracas, Buenos Aires); sarà protagonista delle maggiori rassegne artistiche contemporanee (Biennale di Venezie 1952, Quadriennale di Roma) e insignito di innumerevoli premi. Nel 1962 torna a Gropparello (PC), terra nativa, e apre lo studio con Ernesto Treccani. Da quel momento ricompare nel suo lavoro l’ambiente rurale già indagato negli anni Quaranta, fattosi ora mosso e acceso in senso drammatico.

LA MOSTRA

Nata da un’idea di Giorgio Milani, promossa dal Comune di Castell’Arquato, sostenuta dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, accolta operativamente da Gilda Bojardi e Sandra Bozzarelli, la mostra espone trenta opere di cui 21 oli su tela e 9 disegni, una statua equestre attinenti al periodo storico degli anni ‘40 - ‘50, tutti pubblicati in catalogo. Curatori della mostra e del catalogo Giovanna Cassinari, figlia dell’Artista, e Ivo Iori.

Gli anni ’40 rappresentano infatti un periodo di passaggio fondamentale nelle opere di Cassinari. Tanto gli anni di “Corrente” (che si chiude nel 1943) quanto quelli subito dopo la Liberazione (1945 – 1950), hanno messo in luce nella produzione di Cassinari l’avvicinamento ad un’arte che potesse in modo autonomo differenziarsi dalle due maggiori tendenze del periodo: l’arte astratta e quella figurativa. Questa sua terza via cercata è una sintesi originalissima di neocubismo in cui lirismo e riflessione sulla classicità risultano essere un esercizio compositivo delle forme, che ha trovato la sua più alta espressione nei due decenni ‘40 e ‘50. La mostra “Forma, struttura e colore” mette in luce la pittura di Cassinari in quanto sintesi di strutturazione cubo-matissiana, cromatismo luminoso e contemplazione del vero.

Il “geometrismo”, che Cassinari introduce sempre più a partire dai primi anni ’50, è da lui ritenuto il miglior modo per avvicinarsi alla realtà e alle sensazioni vissute.La mostra di Castell’Arquato si aggiunge all’ esposizione che il Comune di Piacenza ha dedicato al Maestro nel 1983 a Palazzo Farnese ed è un’occasione unica per poter vedere opere appartenenti tutte a collezioni private (piacentine e milanesi) e a quella della Fondazione di Piacenza e Vigevano.

“La mia pittura – ha detto Cassinari – non potrà mai essere ‘astratta’, nel senso che non potrà mai essere staccata dalla realtà delle sensazioni, né avulsa dalla gioia e dalla presenza delle cose. Credo troppo nel colore del mare, davanti a cui lavoro per tanti mesi, credo troppo nello splendore delle foglie, nel calore dei volti umani, sento troppo il loro peso, perché essi non vengano avanti, con prepotenza, nel mio lavoro. Penso che occorra lluminare sempre meglio queste presenze. Mi sforzo di tradurre sempre più chiaramente il loro peso in ritmo, il loro calore in luce”.

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