George Clooney: «Il mio film per migliorare l’America»

A Venezia per presentare «Suburbicon», l'attore parla dell'opera e... di quando sarà «presidente degli Usa»!

George Clooney a Venezia
2 Settembre 2017 alle 15:19

Sorridente, rilassato, vestito con semplice eleganza, George Clooney parla così di «Suburbicon», la commedia thriller (quasi horror) che presenta al festival di Venezia.

«Era semplicemente il film giusto da fare oggi. Perché il mio Paese sta tornando indietro anziché andare avanti. Anziché affrontare i problemi, si danno tutte le colpe alle minoranze. La cosa buffa del film è che succedono cose orribili ma tutti guardano nella direzione sbagliata, mentre i veri malfattori ne approfittano per agire indisturbati. Trump dice "Rendiamo l'America di nuovo grande". C'è una gran voglia di tornare agli Anni 50 come se fossero un paradiso. E allora mi sono detto: andiamo a vedere cosa succedeva davvero allora. Così forse eviteremo di ripetere gli stessi errori».

Il film racconta le vicende di una famiglia composta da Matt Damon, Julianne Moore (in un doppio ruolo) e il piccolo Noah Jupe che si trasferisce a Suburbicon, una cittadina in apparenza idilliaca ma  «turbata» dall'arrivo di una famiglia di colore. E mentre si formano i comitati per cacciarla, qualcuno in città comincia a uccidere...

«Il protagonista è dotato di una lucida follia... per questo ho pensato a Matt Damon! Scherzi a parte, lui è perfetto per dare volto a un personaggio che avevano inventato i fratelli Coen, ma senza mai realizzare il film. Io ho preso quella sceneggiatura degli Anni 80 e l'ho cambiata, aggiungendo il tema dell'intolleranza. Mentre giravamo il film ci sono state le elezioni e, incredibilmente, i temi che avevo deciso di trattare diventavano sempre più attuali! Di solito succede il contrario: decidi di parlare di un argomento di scottante attualità e dopo due anni, quando finalmente hai finito il film, non è più di attualità per niente...».

«Suburbicon» può sembrare un film estremamente pessimista «ma ci sono i personaggi di due ragazzini, un nero e un bianco, che incarnano la speranza di un domani migliore. Loro non partecipano alla follia collettiva che li circonda, diventano amici e forse, questa è la speranza, lo resteranno anche da grandi. Perché io nel fondo resto ottimista e anche patriottico: credo nell'America e nella sua possibilità di risolvere i guai».

A questo punto è inevitabile una domanda: non è che George intende candidarsi come prossimo presidente americano? La risposta è scherzosa: «Perché no? Funzionerei io, funzionerebbe un altro, mi va bene chiunque, basta che sostituisca il Presidente che abbiamo adesso!».

Seguici