Giovanni Allevi: il nuovo album «Love» è un inno all’amore

Il 20 gennaio è uscito il nuovo album di inediti. Un ritorno al piano in cui il compositore racconta, in 13 tracce, l'amore in tutte le sue declinazioni. E dopo averlo presentato in anteprima al Festival di Sanremo, partirà con il tour mondiale.

21 Gennaio 2015 alle 12:59

Ci sono voluti due anni per scrivere l’ottavo album di inediti di Giovanni Allevi «Love», in vendita in cd e in vinile dal 20 gennaio. Un ritorno al piano solo in cui il compositore racconta, in 13 tracce, l’amore in tutte le sue declinazioni e che sarà presentato in anteprima durante il Festival di Sanremo.

Partiamo dal titolo: «Love», che poi è l’essenza di tutti i tuoi dischi.
«Adesso ne ho sentito fortemente il bisogno. È la parola che ricorre di più nelle email che ricevo dai fan i quali riconoscono l’amore che metto nella mia musica. In questo mondo, che sembra stia impazzendo, ho voluto dare un segnale e riportare l’attenzione sull’amore, che è l’essenza delle cose. Così racconto l’amore in tutti i suoi aspetti: passionale, fisico, sacro fino a quello più difficile, quello verso se stessi. Accettarsi, con tutti i nostri difetti, è quasi impossibile in questa società».

Come fai a raccontare tutto questo soltanto attraverso le note?
«Le emozioni danno una suggestione. Ma nella mia musica il vero protagonista è l’ascoltatore che dalle note elabora il proprio vissuto interiore. Ma in un brano come “Lovers” è difficile non riconoscere una passionalità e quella malinconia che ci coglie nel momento in cui affrontiamo quel tipo di esperienza. Senza il linguaggio la musica arriva direttamente a colpire il cuore e l’emozione di chi ascolta».

Hai scritto: “Sono stato angelo e demone, vulnerabile e sfacciato, repellente e bellissimo”.
«Attraverso la musica io ho sfiorato mille vite. Le persone mi raccontano il loro lato oscuro e mi faccio coinvolgere. Un’empatia fondamentale per me che così mi fondo con le persone che incontro e vivo mille vite contemporaneamente. Le loro. Così ho raccontato tutti questi modi di essere, che poi sono le diverse sfaccettature dell’amore».

E ancora: “Ho ascoltato pianti di donne impazzite”. Me lo spieghi?
« Sono convinto che il mondo femminile, con il quale ho un canale privilegiato, sia in rotta di collisione con questa società che non riconosce la figura della donna e i valori che in essa può apportare. Le donne piangono perché non vengono ascoltate: non vedono riconosciuto il loro merito e ruolo. Sono relegate a un banale stereotipo. Molte donne mi manifestano il loro disagio che a volte sfocia nella follia, come può essere l’anoressia. Sono donne che si colpevolizzano quando in realtà il colpevole è altrove».

Come è nato questo ottavo album?
«Lo spunto me lo ha dato il Gippone. Il brano “Yuzen” è nato durante un tour del 2013. Dovevo andare a visitare questo museo delle sete dipinte ma a causa della febbre alta non sono potuto andare. Così, nel delirio, mi sono immaginato scene di passione ed estasi tra questi tessuti…»

Davvero hai inciso il disco insieme con alcuni fan?
«Verso di loro ho un grande senso di riconoscenza. Ho voluto farmi questo regalo. Ne ho portato una trentina, selezionatissima, in sala di registrazione. Hanno ascoltato i brani prima che fossero finiti e avessero un titolo. Ne abbiamo discusso e mi hanno aiutato a scegliere quale interpretazione dare. È stata un’esperienza bellissima, che rifarò».

Quali sono i brani ai quali tieni di più?
«Il brano “Loving you” dà la linea a tutto l’album. Mentre “L’Albatros” è dedicato all’amore per se stessi, al prendere coscienza dei propri limiti, di essere impacciati, timidi ma solo perché abbiamo ali da giganti nascoste dietro di noi e di cui ci siamo dimenticati. Per me è un brano catartico. Quando lo suono e lo ascolto torno a respirare».

Hai ancora problemi ad amare te stesso?
«Tuttora sono bloccato, sono arrovellato in mille paranoie, ma grazie alla musica respiro. Se non fosse per lei resterei ancora chiuso in me stesso. Anzi, probabilmente scrivo questa musica proprio perché ho ancora qualche problema con me stesso!».

Non sapevo che la Nasa ti avesse dedicato un asteroide…
«Neanche io. L’ho scoperto da pochi mesi. Degli astrofisici italiani miei fan hanno dato il mio nome a un asteroide che avevano scoperto nel 2002. È stato un processo lunghissimo, che ha richiesto quasi dieci anni. Quando l’ho saputo, grazie a una mail che mi hanno inviato con il link della Nasa, sono cascato dalla sedia! Per fare un omaggio a loro ho deciso di comporre il brano “Asteroid”. Vuole essere un viaggio virtuale su questo asteroide con tutti i miei fan, felici e lontani dalle ansie».

Dal 27 febbraio inizierai il tour mondiale.
«Partiamo da Londra, poi con altre date europee e dal 27 marzo suonerò in Italia. Poi tornerò in Giappone. Una nazione con la quale ho un legame particolare. Probabilmente in una vita passata sono stato giapponese…».

Come saranno questi concerti?
«Chi verrà ad ascoltarmi troverà tutto l’album “Love” e i miei grandi classici. È una summa dell’amore. La mia Divina Commedia d’amore al pianoforte. Vorrei fosse un momento catartico, in cui alla fine ci abbracciassimo tutti e ricominciassimo a vedere il mondo con occhi nuovi».

https://youtube.com/watch?v=6VMdAbfPE-g%3Frel%3D0

I tredici brani di «Love» commentati da Giovanni Allevi

Yuzen: «E’ un Preludio, scritto in una camera d’albergo a Kanazawa, in Giappone, durante il tour del 2013, sotto l’effetto di una febbre a 39,5 ed uno stato semi delirante. Ho voluto appoggiare la melodia a tormentati arpeggi, che cercano per tutto il brano di sfociare nell’estasi. Yuzen è un particolare dipinto su seta, arte che raggiunge i massimi livelli proprio a Kanazawa».

Loving you: «Una intensa ballade dalle timbriche ora sussurrate, ora più decise.
E’ il brano che più degli altri vuole catturare la tenerezza ed il trasporto dell’amore romantico.
Affido a queste note la mia dichiarazione d’amore, per le persone che mi sono vicine, per la Musica, per la mia vita folle».

Amor sacro: «In questo “corale rock” riaffiora il mio passato, lo studio della musica antica, la mia grande passione per il contrappunto bachiano. Ma le intricate progressioni armoniche seicentesche si innestano in un contesto squisitamente rock-progressive. Ho voluto cogliere il senso della sacralità, la forma più pura dell’Amore».

Asteroid 111561: «Dedicato al “mio” asteroide, un pianetino in orbita attorno al Sole tra Giove e Marte che la NASA mi ha intitolato, su indicazione del Dipartimento di Astrofisica dell’Università di Padova. Lo immagino sfrecciare libero nello spazio, senza impedimenti, lontano dai nostri problemi ed ansie. Come tutti i miei brani in Re Maggiore, presenta un carattere solare e positivo. Tuttavia nella parte centrale ho voluto cogliere, anche se solo per un attimo, l’estatica meditazione sul vuoto siderale».

The other side of me: «Un complesso autoritratto, in cui i fugati alludono alla trama intricata dei miei pensieri ed arrovellamenti, mentre la melodia in maggiore è il lato luminoso e giocoso della mia personalità. Soprattutto in questo brano si intersecano elementi musicali rinascimentali e contemporanei. La spinta propulsiva e ritmica dei materiali musicali trova compimento in una complessa costruzione formale.

La stanza dei giochi: «La vita di musicista mi tiene spesso lontano dalla famiglia. Una notte sono tornato nella mia casa vuota a Milano, e alla vista della stanza dei giochi dei bimbi, ho provato una dolce nostalgia».

It doesn’t work: «New York, camerino della Carnegie Hall. Aria condizionata “a palla”. Attendo di fare il mio concerto, rannicchiato su una panca, con il cappotto a mo’ di coperta. Nonostante avessi armeggiato con il termostato, la temperatura restava troppo bassa ed io stavo congelando. Chiedo aiuto ad una maschera, la quale dopo aver provato anche lei col termostato, va a chiamare il responsabile. Arriva un carpentiere tutto muscoli, con l’elmetto giallo e molti attrezzi appesi alla cintura. Con le sue mani grandi inizia a premere i pulsantini, poi, dopo alcuni minuti, si gira verso di me e dice: “It doesn’t work!” – “Ma va?” gli rispondo. In quel preciso istante è partita nella mia testa la musica di questo brano».

Lovers: «Un brano tattile, sensuale, che vuole raccontare l’amore fisico tra due amanti. Eppure il trasporto è immerso in una atmosfera languida di nostalgia, per una gioia appena vissuta, ma già passata. Il linguaggio musicale vuole idealmente riallacciarsi alla tradizione romantica dei compositori russi dei primi del Novecento, dove il Pianoforte è il principe incontrastato della scena, e l’impeto emotivo è portato ai massimi livelli.

My family: «Riunione di famiglia con i parenti nel piccolo bilocale di Milano. Tutti parlano a voce alta, c’è tensione. Un bimbo continua insistentemente a tirare una pallina contro il vetro di una finestra. Io, che ho bisogno di silenzio come l’aria, mi rifugio nell’altra stanza, e come per magia, il volume di quel vociare si abbassa, mentre si alza quello di una affettuosa melodia nella mia testa. Nonostante tutto, loro sono la mia famiglia e gli voglio bene».

Asian Eyes: «La disperazione amorosa, tutta interiore; è il dolore contenuto, perfettamente celato all’esterno, di una donna giapponese. Attraverso una reiterazione minimalista dei frammenti musicali, la tensione cresce fino a sfociare in una esplosione struggente e liberatoria».

Come with me: «È l’invito ad avventurarsi con la persona al nostro fianco, nei meandri dell’esistenza con un po’ di leggerezza. Il brano in La Maggiore è forse il più impegnativo dell’album, da un punto di vista dell’interpretazione; la sua difficoltà sta nell’essere graffianti ed energici, senza mai scadere nell’aggressività, felpati e pungenti come la zampa di un gatto».

Sweetie pie: «Una coccola, una serena colazione, cullati nell’idea che ci si possa fermare un po’, prima di gettarsi di nuovo nel flusso della vita. La morbidezza del brano è esaltata dalla tonalità di Sol Bemolle Maggiore. Come diceva Debussy: “i bemolli sono blu”».

L’Albatros: «La poesia di Baudelaire è il tema ispiratore di questa sonata. L’amore più difficile da attuare è quello per se stessi: accettare la nostra inadeguatezza, riconoscere il nostro essere goffi ed impacciati per via delle ali da gigante, che ci impediscono di camminare quaggiù. Eppure l’accettazione del proprio limite può essere il viatico alla scoperta di nuovi spazi ed orizzonti, in cui essere finalmente se stessi. Il mio albatros lotta contro la tempesta, la pioggia, le folate di vento, ma arriva per lui il momento di planare libero».

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GIOVANNI ALLEVI “LOVE” – PIANO SOLO TOUR 2015:

27 Febbraio LONDRA Cadogan Hall
28 Febbraio BRUXELLES Bozar
1 Marzo PARIGI Café de la Danse
5 Marzo ZURIGO Tonhalle Kongresshaus
7 Marzo BERNA Kursaal
9 Marzo BARCELLONA Palau de la Musica
15 Marzo LUGANO Palazzo dei Congressi

27 Marzo ROMA Auditorium Conciliazione
30 Marzo NAPOLI Teatro Augusteo
31 Marzo MILANO Teatro degli Arcimboldi
10 Aprile LIVORNO Teatro Goldoni
11 Aprile PADOVA Gran Teatro Geox
12 Aprile PESARO Teatro Rossini
14 Aprile BERGAMO Teatro Creberg
15 Aprile COMO Teatro Sociale
17 Aprile TORINO Teatro Colosseo
18 Aprile TRENTO Auditorium Santa Chiara
19 Aprile RAVENNA Pala De André
20 Aprile FIRENZE Teatro Verdi
21 Aprile GALLARATE Teatro Gassman
23 Aprile CATANIA Teatro Metropolitan
24 Aprile PALERMO Teatro Golden
26 Aprile TRIESTE Politeama Rossetti
27 Aprile BOLOGNA Teatro Europauditorium
28 -29 Aprile GENOVA Politeama Genovese

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